Il complesso religioso che comprende la chiesa e l’Oratorio dei santi Elena e Costantino, oggi di proprietà della Regione Siciliana, si affaccia sul magnifico scenario di “Piazza della Vittoria“, a pochi passi da Palazzo dei Normanni, un luogo più che una piazza, dove si concentrano memorie storiche di epoche diverse. Ci troviamo, infatti, all’interno del nucleo più antico della città, parliamo della Paleapoli punica, della Galka araba, del Piano del Palazzo Reale di epoca spagnola realizzato nella seconda metà del XVI Secolo.
L’attuale denominazione risale al 1820 a seguito della vittoriosa lotta che gli insorti palermitani sostennero contro i Borboni.
La Storia
La chiesa primitiva, di cui si ha notizia sin dal 1183, si trovava a poca distanza da dove si trova quella attuale ed era denominata “San Costantino de Plano”, cui successivamente, intorno al quattrocento, fu aggiunta nel titolo anche Sant’Elena. La stessa fu rinominata in epoca successiva “Santa Maria del Palazzo” per la presenza al suo interno di una sacra immagine della Vergine detta di Monserrato, che il viceré Ferdinando d’Avalos “vi… fece collocare … come in luogo più onorevole, una immagine di Maria Vergine dipinta sopra pietra, che era presso la Porta dei Patitelli, vicino la parrocchiale Chiesa di Sant’Antonio …” (Gaspare Palermo). La Porta dei Patitelli, che si trovava nei pressi dell’attuale chiesa di Sant’Antonio Abate, fu demolita nel 1568 per il prolungamento del Cassaro, l’arteria principale della città.
La vecchia chiesa di Santa Maria del Palazzo venne rasa al suolo negli ultimi anni del XVI secolo per decisione del viceré don Lorenzo Suarez Figueroa Duca di Ferla, per consentire i lavori di ampliamento del Piano del Palazzo. Subito dopo fu decisa, da parte della confraternita della Madonna di Monserrato che ne possedeva il patronato, l’edificazione della nuova chiesa nel luogo attuale che fu intitolata ai S.S. Elena e Costantino.
La stessa confraternita, che nel frattempo era stata elevata al rango di compagnia, a cavallo fra il seicento e il settecento edificò, sopra la chiesa, il magnifico oratorio superiore e una canonica.
La compagnia, che era considerata tra le più ragguardevoli della città, mantenne il possesso del complesso religioso fino al 1820, quando si estinse e la struttura fu concessa alla prestigiosa compagnia della Carità di San Bartolomeo, sodalizio religioso i cui aderenti si facevano carico di assistere gli infermi dell’Ospedale Grande nel vicino Palazzo Sclafani, che lo possedettero ininterrottamente fino a metà novecento.
Seguì un periodo durato circa undici anni di abbandono e di degrado finché, negli anni ottanta del secolo scorso, la Regione Siciliana ne acquisì la proprietà e vi iniziò una lunga opera di restauro, completata nel 2007, che ha ridato nuova dignità al magnifico monumento. L’edificio è stato, successivamente, preso in carico dall’Ars che ne ha allora previsto una nuova destinazione d’uso: vi ha istituito il proprio Archivio Storico e un “Info Point Centro di Informazione e Documentazione Istituzionale”. Vi sono state realizzate eleganti strutture di moderna concezione progettati dall’architetto Italo Rota, che custodiscono una ricca serie di volumi e documenti d’archivio dell’Assemblea Regionale, consultabili da parte di tutti, studiosi e cittadini.
La Chiesa
Il prospetto esterno del complesso architettonico, compatto e di estrema semplicità, si trova in posizione sopraelevata rispetto al piano della piazza e comprende un portale d’ingresso con un timpano ad arco spezzato affiancato da due ingressi più piccoli con portali in pietra, sormontati da tre ampie finestre con sobrie cornici che danno luce al soprastante oratorio.
In alto, a sinistra, una piccola loggetta campanaria in origine bipartita ma oggi da un lato tompagnata.
Dall’ingresso principale, attraverso un andito che presenta tuttora, seppur assai deteriorati, pitture murali di epoca barocca, si accede a un cortile interno che un tempo faceva parte della chiesa. Infatti sono ancora visibili, nelle mura perimetrali e intorno all’arco d’ingresso al cortile, tracce di affreschi a finta architettura appartenenti presumibilmente all’originaria costruzione seicentesca.
Sopra il portale d’ingresso della chiesa è ancora visibile quello che doveva essere l’architrave del portale di pietra in stile romanico, dove è rappresentato un bassorilievo di Madonna con Bambino tra motivi fitomorfi, anch’esso, probabilmente, proveniente dalla Porta dei Patitelli.


L’interno della chiesa, così come si offre oggi ai visitatori, è frutto di diversi rifacimenti. Costituita da un’unica aula che si sviluppa insolitamente in larghezza, presenta sopra l’ingresso, una bellissima cantoria in legno dipinto dalle linee curve, retta da quattro robusti mensoloni.
Di fronte l’ingresso è l’altare maggiore, dove si può ancora ammirare, entro una nicchia sormontata da una ricca cornice in stucco settecentesca, l’antica e assai venerata immagine della Madonna lactans “Madonna del Latte” dipinta su pietra. Sopra l’altare si apre un oculo di forma circolare che da luminosità all’edificio religioso.
Due cappelle sono presenti ai lati dell’altare, forse le uniche strutture residue della originaria costruzione. In quella di destra, sotto un piccolo altare, troviamo un suggestivo simulacro in cera raffigurante una “Assunta dormiente”, ai lati due monumenti funebri marmorei e in alto un antico crocifisso ligneo. Mentre della cappella di sinistra rimane soltanto una piccola edicola settecentesca con lesene e timpano spezzato.
Nel pavimento originario (non più esistente) erano presenti diverse lastre tombali plausibilmente di membri della confraternita che avevano diritto di sepoltura nella chiesa.
Alcune opere e quel poco che rimaneva degli arredi (un incendio nella seconda metà dell’ottocento ne danneggiò gran parte) provenienti dalla chiesa e dall’oratorio sono oggi custoditi nel Museo Diocesano di Palermo, tra cui una copia speculare del dipinto di Antoon Van Dyck, “Compianto di Cristo morto” dono fatto alla chiesa da S.A.R. il Principe ereditario.
L’Oratorio
Notevole interesse riveste l’Oratorio situato sopra l’andito d’ingresso della chiesa a cui si accede attraverso una scalinata in pietra di Biliemi posta a sinistra del cortile. Lo scalone realizzato nel 1715 e decorato nel 1724 con dipinti dei cinque Misteri Dolorosi della Passione di Cristo, oggi purtroppo perduti, porta nel vestibolo rettangolare sormontato da una loggetta ad archi che si affaccia sull’aula con una balconata lignea dipinta ad uso di cantoria.
Le decorazioni pittoriche che impreziosiscono l’oratorio sono di particolare bellezza e valore artistico, compiute da pittori di altissimo livello come il messinese Filippo Tancredi e il fiammingo Guglielmo Borremans.

Lo straordinario apparato decorativo che si sviluppa sulla grande volta narra storie inerenti la vita dell’imperatore Costantino, che pur non essendo santo, dalla chiesa cattolica è venerato e associato al culto di Sant’Elena “matris suae“, considerata prima“madre” dell’impero cristiano.
Nel partito centrale è rappresentata la scena di maggiore forza compositiva, “l’Apparizione della Croce ai S.S. Elena e Costantino“, attribuito al Tancredi, mentre le restanti pitture, sempre della volta, attribuiti al Borremans, sono; “il Ritrovamento della croce“, sul lato del presbiterio, “la Battaglia di Ponte Milvio“, sul lato sinistro, “il Battesimo di Costantino“, a destra, e “il Sogno di Costantino con i Santi Pietro e Paolo” sopra la controfacciata.
Merita particolare attenzione il cartiglio datato 1690 con l’indicazione dei committenti dell’opera (il superiore Cono Denastasi, i congiunti Giacomo Carchiolo e Vincenzo Lo Neo e il Rettore Luca De Leonardi) che raffigura anche il motto dell’imperatore «in hoc signo vinces».
Nella fascia superiore delle pareti lunghe, tra gli spazi dei finestroni ornati da decorazioni pittoriche, sono raffigurati invece, episodi ispirati alla vita di Sant’Elena, scene che ripercorrono la storia della “Leggenda della vera Croce” (la leggenda che racconta la storia del legno sul quale venne crocifisso Cristo): nella parete di sinistra troviamo “L’Apparizione dell’Angelo ad Elena“, “Elena si mette in viaggio alla ricerca della Croce“, “la Distruzione degli Idoli“, “La Benedizione e guarigione dello storpio“. Nella parete destra: “La Guarigione della Matrona al contatto con la Croce“, “La Traslazione della Croce“, “La Distribuzione delle reliquie della Croce“, “La malattia di Costantino e il rifiuto del sacrificio“.
Di questi dipinti è rimasta praticamente solo l’ombra, è così difficile la lettura delle immagini che verosimilmente si tratta di “sinòpie” (disegni preparatori usati per la pittura a fresco). Infatti, pare che gli affreschi veri e propri siano stati staccati durante la seconda guerra mondiale per cercare di salvaguardarli da potenziali danneggiamenti dei bombardamenti e poi andati dispersi: naturalmente la questione rimane aperta.
Sulla parete di controfacciata, alle spalle del luogo dove sedevano i gestori della Confraternita, è raffigurata una “Ultima Cena” anche questa, purtroppo, fortemente degradata. Tutta la fascia pittorica che copre la parte bassa delle pareti laterali, al di sotto della cornice degli scanni, che non si sono conservati, decorata con festoni e motivi floreali è conseguenza di uno scadente intervento di ripristino eseguito attorno al 1930.
Il presbiterio, inquadrato dall’arco di trionfo stretto tra una coppia di lesene dipinte e capitelli corinzi, accoglie un elegante altare a marmi policromi sopra il quale era collocata, dentro una cornice in stucco dorata affiancata, in alto, da una coppia di angeli dipinti, un’antica tela raffigurante i santi titolari della chiesa, oggi probabilmente conservata nei magazzini del Museo Diocesano. Ai lati dell’altare, sopra le porticine che portano ai locali di servizio, sono degli affreschi monocromi che raffigurano delle finte nicchie contenenti statue allegoriche muliebri che richiamano modelli serpottiani, queste certamente sinòpie (in questo caso gli affreschi originali staccati sono esposti nell’androne dell’edificio ai lati del portone).
Altro elemento qualificante dell’oratorio è il fastosissimo e raffinato pavimento maiolicato databile al secondo quarto del settecento, che come un grande tappeto raffigura, al centro, la Battaglia di Ponte Milvio, circondata da una fascia continua dove figurano trofei e strumenti di guerra, realizzata dal maestro Antonino Giurreddo (alias Gurrello), su disegno di Andrea Palma, architetto del Senato cittadino: il Palma fu molto legato alla chiesa dei S.S. Elena e Costantino, visto che il suo maestro, il domenicano Paolo Amato, per il suo ufficio di sacerdote, ne fu il cappellano fino al 1714, anno della sua scomparsa.
Oggi la struttura è anche sede della “Fondazione Federico II”, un’istituzione che svolge un ruolo fondamentale nella divulgazione e promozione delle attività culturali della Regione Siciliana e in particolare dell’A.R.S., nonchè nella organizzazione di eventi finalizzati alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale siciliano.
Nicola Stanzione