La Fontana del Garraffello fu realizzata da Vincenzo Gagini nel 1591 e posta nell’omonima piazza palermitana, nel cuore della Vucciria. L’iscrizione sulla sua iconica lapide, tradotta dal Latino dice: “L’acqua da una più alta sorgiva [a questa] nuova fonte [fu] addotta affinché cittadini, stranieri [e] immigrati dei pubblici servizi con gran piacere fruiscano”.
Gli “stranieri immigrati” cui l’iscrizione fa cenno, erano gli Amalfitani, i Pisani, i Genovesi e i Catalani che nel mercato della Vucciria avevano le loro logge. In generale, la dicitura “… cives, incolae, advenae…” può essere pure tradotta con “… cittadini, stranieri residenti e di passaggio…”, espressione riconducibile alle leggi del diritto romano, secondo il quale vi erano i cives (i cittadini a tutti gli effetti), gli incolae (i residenti stabilmente, ma con uno status socio-giuridico inferiore a quello dei cives), e gli advenae (ovvero i soggetti di passaggio); uno status socio-giuridico intermedio fra quello degli incolae e degli advenae era quello degli hospites.
Ma l’epigrafe in questione è ingannevole in quanto lascia intendere che la fontana – nata con dieci cannelle che oggi, dopo secolari vicissitudini, si sono ridotte a otto – fosse alimentata dalle medesime acque della Fontana del Genio del Garraffo (1483) poi addotte nella nuova fontana ideata da Paolo Amato e realizzata da Gioacchino Vitagliano nel 1698 e spostata poi nella attuale collocazione di Via Vittorio Emanuele/Piazza Marina nel 1862.
In realtà, però, la sorgiva della Fontana del Garraffello era autonoma da quella di Piazzetta Garraffo e scaturiva, all’incirca, nel luogo di confluenza delle ancora esistenti Via dei Frangiai e Via dei Pannieri.
La fontana era allocata sino al 1754 davanti alla Loggia dei Genovesi. Va detto, anche, che l’assetto ribassato di tale fontana rispetto al piano di calpestio della piazza fu necessario proprio per creare le condizioni per la naturale uscita dell’acqua.
Una diceria o leggenda metropolitana voleva che l’acqua di alimentazione della Fontana del Garraffello, fosse non soltanto particolarmente salubre, ma anche… “rinvigorente”, da cui la domanda “Ma chi ti vivisti? L’acqua du Raffeddu?” (“Ma cosa hai bevuto? L’acqua del Garraffello?”) usata – scherzosamente o sarcasticamente – nei confronti di qualcuno solitamente fannullone o indolente che dava improvvisi segni di “voglia di fare” oppure per sottolineare dei “ritorni di memoria” in chiave autoreferenzialmente utilitaristica.
Agostino Marrella