Maggio è il mese della Madonna
L’iconografia palermitana è ricca di echi della più genuina tradizione culturale siciliana, che assegna a Maria la funzione di intercedere presso il Figlio per realizzare la salvezza dell’uomo: il “pio”siciliano non intravede salvezza possibile se non per mezzo dell’affidamento fiducioso tra le braccia materne e forti della Madre del Redentore.
La venerazione nei confronti di Maria, in una città mirabilmente intessuta di fili provenienti da una molteplicità di culture, è la sintesi del ricco patrimonio culturale sgorgato dalla profondità del Mediterraneo. L’incanto travolgente e irresistibile della Madre penetra lo sguardo di chi le si pone di fronte, affascina per quella maternità che domina nella sua incrollabile e delicata imponenza.
Sebbene sia l’Immacolata il “cuore mariano” della Città, gli attributi assegnati a Maria sono molteplici e tutti significativi: Madonna della Catena, della Mercede, del Lume, del Fervore, dei Rimedi, delle Grazie, della Provvidenza, del Parto e dell’Orto. Maggiormente frequente è la sua raffigurazione come “Matri Virgini”che stringe teneramente al suo seno il Bambino, talvolta porgendolo ai fedeli e talvolta nel gesto di offrirgli la mammella rigonfia di latte. Questa immagine riflette perfettamente la cultura del popolo siciliano, per lunga tradizione matriarcale, legato ai culti dedicati alla maternità e alla fecondità.
Nelle figurazioni tradizionali Maria è spesso rappresentata con i piedi poggiati su uno spicchio di luna. Si tratta di un elemento che si può ricollegare alla capacità fecondatrice legata ai cicli lunari e alla metafisica lunare, che nei miti arcaici sono legati alla fecondità dell’acqua, della vegetazione e della donna, e presiedono sia la morte che la vita.
Lo stretto collegamento tra Maria e gli elementi simbolicamente riferiti alla fertilità sono continui. Basti pensare a tutte le rappresentazioni iconografiche e plastiche della Madonna con il Bimbo in braccio, con il ventre rigonfio, come regina del creato, di tutto ciò che è generato, altera Signora che domina la luna sotto i suoi piedi.
In una società agricola come è quella siciliana, è ovvio che la terra occupi un posto centrale, in quanto costituisce il bene fondamentale per la propria sopravvivenza; essa è considerata fonte di vita come la madre.
La cultura mediterranea conosce molti esempi di credenze, miti e rituali legati alla Terra-Madre. Per fare un esempio fra i tanti possibili, Eschilo nelle Coefore glorifica la Terra perché: “partorisce tutti gli esseri, nutre e ne riceve poi nuovamente il germe fecondo”. E non possiamo trascurare che la cultura greca è molto presente nella tradizione siciliana.
I numerosi versi dedicati a Maria dalla tradizione poetica popolare, molto spesso anonima e tramandata oralmente, sono influenzati per tematiche e forme soprattutto dalla poesia dei trovatori provenzali, che interpreta l’amore cortese come servizio d’amore: il poeta serve l’amata con umiltà e obbedienza. La ricompensa per questa dedizione amorosa è la concessione di uno sguardo, per indicare l’approvazione e il consenso ad un intimo e sublime contatto.
Il collegamento fra la visione cortese dell’amore e la tradizione cristiana si può far risalire alla teologia agostiniana, che raffigura l’amore come unione altruistica espressa dalla relazione fra le tre persone della Trinità (Amore, Amante, Amato).
Una delle definizioni più originali di Maria è quella che la indica come Madonna dell’Orto. Sotto queste vesti è venerata a Palermo in due luoghi sacri: un Santuario ed una Chiesa non parrocchiale, ma è anche attraverso l’ispirazione poetica che il suo culto si è irradiato nel territorio, non solo palermitano.
La Verginità di Maria è cantata con insistenza dal poeta e musicista A.Diliberto, un canonico monrealese del Settecento; la definizione di Orto che il poeta preferisce attribuirle, trova una possibile radice culturale nelle credenze caratteristiche delle società agricole quale è la Sicilia, ed è presente nel Salve Regina in Siciliano, dove l’autore conclude con il verso “E viva Maria Virgini di l’Ortu”, ad indicare la regalità di Maria come derivata dal suo essere Vergine dell’Orto. La verginità di Maria, citata con insistenza dal poeta, si riferisce alla sua capacità generatrice senza alcun intervento umano, ma per misterioso contatto col divino. L’Orto allude alla sua somiglianza con la capacità generatrice della terra: Maria, come la terra, è fecondata da Dio e genera per lui il frutto che porterà la salvezza per l’uomo.
Il culto mariano a Palermo si esprime con particolare fervore nella rappresentazione di Maria come dispensatrice di grazie ai fedeli che devotamente le si affidano. A questo proposito può essere interessante soffermarsi un po’ sulla rappresentazione della Madonna delle Grazie, che ha in comune con la Madonna dell’Orto il fatto di essere frequentemente rappresentata, mentre allatta il Figlio. Due in particolare sono gli esempi tra i tanti proponibili, uno dei quali è possibile vedere all’interno della Chiesa di Santa Maria delle Grazie sottostante la Cappella Palatina e un altro presso la Chiesa della Magione.
La venerazione mariana in Sicilia recupera gli elementi fondamentali dei culti delle divinità femminili pagane delle civiltà di cui la terra siciliana ha assorbito il sapore ed emana ancora il profumo: verginità, come per la dea Diana, abbondanza come per la dea Cerere, maternità come per la dea Demetra. Tutti questi elementi convergono verso un’unica direzione, e riprendono vigore nella venerazione a Maria, che risponde perfettamente ai bisogni dell’uomo che le si abbandona fiducioso “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”, per invocare le grazie attraverso la sua intercessione. L’uomo senza la Madre è perduto, e solamente se confortato dal calore del suo nutrimento e sicuro tra le sue braccia, può arrivare a Dio
Enza Maria D’Angelo
Tratto da “La Palermo delle donne” di Claudia Fucarino