Se vi capita di addentrarvi nello stretto reticolo di vie e vicoli dello storico quartiere del “Seralcadio”, ad angolo tra l’odierna via del Celso e via Montevergini potreste avere la fortuna di incontrare una piccola chiesa quasi sconosciuta ai palermitani, intitolata ai Tre Re Magi: una delle pochissime chiese a loro dedicate. Un manufatto storico che, nonostante l’attuale stato di abbandono e degrado, rappresenta una tra le più interessanti e significative testimonianze del barocco palermitano.
La storia della chiesa dei “Tre Re”
L’impianto della chiesa dei “Tre Re”, secondo le fonti storiche, va ascritto agli ultimi decenni del XVI secolo quando, nell’area su cui sorgeva la medievale chiesa denominata “San Giorgio lo Xheri”, edificio posto a poca distanza dal perimetro delle antiche mura del cosiddetto “piede fenicio”, i confratelli della Compagnia dei bottegai sotto il titolo dei “Tre Re“, antica confraternita istituita nel 1431 cui era stata concessa, sebbene le fonti non siano chiare, il “vetusto” edificio sacro, edificarono una nuova chiesa che dedicarono ai loro titolari: i Tre Re Magi.
Ma già nel 1748, la chiesa della corporazione dei “putiari” fu interessata da una quasi totale riconfigurazione in stile barocco su disegno dell’architetto trapanese Francesco Ferrigno, e arricchita da una decorazione a stucco di elegante e magistrale fattura eseguita da Procopio Serpotta, figlio del celebre Giacomo, con l’apporto del figlio Giovanni Maria e del genero Gaspare Firriolo, e da meravigliosi affreschi del palermitano Vito D’Anna, artista formatosi alla scuola dei “frescanti” romani e considerato uno dei maggiori autori del settecento siciliano.
I bombardamenti americani del 1943 procurarono gravissimi danni alla fabbrica: gli eventi bellici, infatti, furono responsabili della parziale rovina della chiesa, danneggiandone anche coperture e solai facendo temere addirittura per la stabilità delle strutture. Negli anni si sono susseguiti numerosi interventi di restauro ma non sono mancati neanche i furti e gli atti vandalici: la chiesa è stata ripetutamente saccheggiata e vandalizzata con il risultato che molte pregevoli opere d’arte e tanti arredi originali si sono perduti.
L’esterno della chiesa
Lo schema compositivo della facciata principale disegnata dal Ferrigno ci riconduce ai canoni prettamente siciliani della ricerca espressiva del barocco. Essa è caratterizzata da un ricco portale barocco di forte plasticità, affiancato da due possenti colonne in calcare di Billiemi (oggi in pessime condizioni). Il portale presenta una movimentata trabeazione con timpano curvilineo spezzato sovrastato da una grande finestra centrale incorniciata da decorazioni con volute in pietra da intaglio. Sopra l’architrave si trova un mistilineo medaglione marmoreo di disegno barocco. Il prospetto si conclude superiormente con un timpano triangolare rinserrato da due semplici paraste in stile dorico.
Nel prospetto laterale che da su via del Celso è ubicato un piccolo portale di pregevole fattura, ascrivibile alla costruzione cinquecentesca, con timpano triangolare spezzato sorretto da due mensoline con motivi decorativi foliari: queste mensole richiamano alla memoria le decorazioni dei portali palermitani tardo-rinascimentali.
Nella spezzatura del timpano si trova la mano che regge il “cero”, il “simbolo” che rievoca il primitivo onere della confraternita stabilito all’atto della concessione del sacro edificio: provvedere, il giorno dell’Epifania, all’approvvigionamento dei ceri che sarebbero stati accesi il 2 di febbraio giorno della Candelora.
L’interno della chiesa dei Tre Re
L’interno semplice ed arioso, ad unica navata, di armoniosa architettura e raffinata decorazione a stucco, presenta nei lati lunghi altari laterali che un tempo ospitavano pregevoli opere d’arte. Spicca al centro della volta a botte, entro una cornice a stucco dorata, il grande affresco di Vito D’Anna raffigurante il “Trionfo dei Re Magi”: l’autore, in quest’opera, esprime la sua formazione classicista, caratterizzata da uno stile equilibrato che affonda le radici nella pittura controriformista. Ai lati della volta, adornati da plastiche raffigurazioni a stucco, altri affreschi rappresentano figure femminili, eseguiti probabilmente, da allievi del D’Anna.
La zona presbiterale, che presenta un sistema decorativo molto interessante, è delimitata da un arco a tutto sesto sorretto da due colonne in pietra con capiteli dorici. Al centro dell’arco trionfale un cartiglio sorretto da due cherubini, con il motto “Venite Adoremus”.
L’altare maggiore accoglieva, affiancata da una coppia di grandi angeli su banchi di nuvole in stucco, una preziosa pala d’altare, non più in loco (l’opera è conservata al Museo Diocesano di Palermo) del palermitano Gioacchino Martorana, che raffigura “l’Adorazione dei Magi”.
La chiesa, in passato, ospitava un’altra suggestiva “Adorazione” opera cinquecentesca del pittore fiammingo Simone de Wobreck, oggi ammirata nel castello Ursino di Catania.
Ai due lati dell’abside due cornici dorate, abbellite da festoni fitomorfi, accolgono due dipinti anche questi attribuiti a Vito D’Anna: il “Battesimo di Re Amilcare” a destra, e il “Martirio del Re Baldassarre” a sinistra.
Al di sopra dell’altare maggiore, sopra il cornicione della conca absidale troviamo due angeli ai lati della croce.
Nelle pareti lunghe, sopra i due portalini d’ingresso, troviamo due balconcini o “matronei” sorretti da grandi mensoloni, destinati ad ospitare le nobildonne che assistevano alle funzioni religiose e volevano godere di un po’ di riservatezza.
L’ambiente è illuminato da una sequenza di grandi finestre, poste in alto, che danno magnifica luce all’edificio religioso.
Mi sembra giusto spendere due parole per sottolineare che, mentre per le decorazioni a fresco superstiti (di alto livello) nonostante qualche alterazione della pellicola pittorica è ancora possibile la lettura delle opere, dell’apparato scultoreo che adornava le pareti laterali dell’aula e del presbiterio, ben poco è rimasto integro. Infatti la serie di statue in stucco di vigorosa corposità, concepite con notevole gusto da Procopio Serpotta coadiuvato dal figlio e dal genero, come precedentemente accennato, è stata barbaramente vandalizzata: le due grandi figure di angeli su banchi di nuvole poste nel presbiterio e le quattro plastiche figure allegoriche muliebri raffiguranti, Obbedienza, Nobiltà, Sapienza, ed Astrologia, sono state addirittura “decapitate” (per fortuna i pezzi sono stati recuperati, anche se un eventuale intervento di restauro sarà estremamente complesso).
Anche dell’originale pavimento maiolicato, dopo le ripetute ruberie, non rimangono tracce.
Come la maggior parte delle chiese confraternali, anche la chiesa dei Tre Re possiede una “carnaria” (cripta sepolcrale) per la sepoltura dei confrati. Purtroppo anche la cripta, a cui si accede da una botola nel pavimento, versa in pessimo stato di conservazione: l’elevata presenza di umidità ascendente, imputabile con tutta probabilità a infiltrazioni di acque meteoriche, ha degradato in parte le finiture delle pareti che presentano notevoli lacune.
Conclusioni
Il grave depauperamento e abbandono cui è stata soggetto per molti anni, l’oblio, il degrado, i furti e le vandalizzazioni di una così pregevole testimonianza storica e artistica dovrebbe far provare rabbia e vergogna a chiunque possegga un minimo di civiltà e amore verso questa città. Pertanto non ci resta che auspicare interventi determinati, capaci di interrompere il degrado per recuperare il più presto possibile (prima che sia troppo tardi) questa testimonianza storica e artistica di particolare rilevanza.
Per l’Istituto Autonomo Case popolari, attuale proprietario – che sembra abbia poco interesse nei confronti di questo manufatto – è arrivato il momento di fare qualcosa per restituire alla pubblica fruizione la chiesa dei Tre Re. Questa volta seriamente… speriamo.
Nicola Stanzione
Mi piace.conoscere la mia citta’.