Giacomo Serpotta: grande stuccatore d’Europa

Nella tecnica degli stucchi Giacomo Serpotta fu un maestro di prim'ordine. Nel pieno della sua attività era riconosciuto come il numero uno.

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Giacomo Serpotta (all’anagrafe Giacomo Isidoro Nicolò Serpotta) nacque a Palermo nel quartiere della Kalsa il 10 marzo del 1656. Secondogenito, dopo Giuseppe, di Gaspare Serpotta e Antonina Travaglia.
La sua famiglia da generazioni è inserita nella cerchia degli artisti (per lo più scultori e plasticatori) della Palermo barocca: il padre Gaspare e il nonno Giacomo senior sono stati attivi marmorari e scultori e così la cerchia di amici e parenti, come Gaspare Guercio, Carlo D’Aprile, Vincenzo Serpotta, Procopio Geraci, Giuseppe Teresi, Gioacchino Vitagliano, si ritrovano scritti nei documenti, nelle lapidi commemorative e nei musei come autori delle più belle opere scultoree e pittoriche della città.

Il giovane Serpotta stuccatore

Come era d’uso a quei tempi, Giuseppe e Giacomo compiono il loro apprendistato artistico nella bottega del padre, “marmoraro” e stuccatore. Ma quando avevano 17 anni uno e 14 l’altro, rimasero orfani: il padre muore mentre si trova ai lavori forzati su una galea, per una condanna di cui non si sa molto. Sono tempi difficili e particolarmente violenti ed il quartiere nei pressi del vecchio porto è pieno di insidie e personaggi di dubbia reputazione.
Questo evento inaspettato cambierà le loro sorti indirizzandoli nelle botteghe di altri maestri per completare l’apprendistato. Benché abbiano vissuto nel quartiere della Kalsa, da sempre luogo privilegiato per le botteghe dei marmorari (per via della vicinanza col porto dove arrivavano i marmi), i due fratelli frequentarono prevalentemente botteghe di stuccatori, e questo diventerà il loro lavoro.
Essersi specializzati nell’arte degli stuccatori farà la loro fortuna. A differenza dei maestri marmorari che scolpivano il marmo, materiale particolarmente costoso, lo stucco era più economico e le committenze si moltiplicarono enormemente in quegli anni in cui questa tecnica andò particolarmente di moda.

La tecnica dello stuccatore

I lavori in stucco venivano eseguiti dopo la preparazione di modelli in creta (di cui è possibile vedere alcuni modelli all’Oratorio dei Bianchi): lo stampo in gesso al cui interno veniva colato un miscuglio di gesso impastato con colla di pesce, polvere di marmo, calce spenta, sabbia, latte cagliato e addirittura sangue. Il risultato era un materiale particolarmente duro, ma non adatto agli esterni, il cui aspetto era molto simile al marmo. L’opera finita, bianchissima, veniva lucidata con uno straccio spalmato di cera oppure dipinto con coloranti dorati.
Il talento dello stuccatore risiedeva in primo luogo nella qualità artistica di modellatore e poi tutto il resto poteva essere eseguito anche da maestranze dedicate alla realizzazione dei fondi (stuccatori di liscio), degli stampi e della colata. L’artista interveniva poi al momento della pulitura, della rifinitura e nella colorazione delle opere.
In questa tecnica Giacomo Serpotta fu davvero un maestro di prim’ordine. Nel pieno della sua attività era riconosciuto come il numero uno, ma già a 21 anni, nel febbraio del 1677, nella sua prima opera documentabile, gli stucchi nella chiesa della Madonna dell’Itria a Monreale, si riconoscono i primi segni del suo estro anche se egli lavora come subalterno di un collega più esperto. È ancora poca cosa ma da quel momento le commissioni si susseguiranno praticamente senza soluzione di continuità per quasi 50 anni. Con la sua attività di stuccatore, adornerà numerosissime chiese, cappelle, oratori di Palermo con commissioni anche nell’entroterra siciliano fino ad Alcamo ed Agrigento.

Una famiglia di artisti ma un solo talento: Giacomo

Per più di trent’anni Giacomo lavorerà insieme al fratello Giuseppe, fino al primo decennio del 1700 quando i due si separeranno per ragioni sconosciute e continueranno separatamente la loro attività. Si parlerà spesso “dei Serpotta”, ma il vero talento è riconosciuto solo a Giacomo. Giuseppe non riuscirà ad elevarsi al di sopra dell’ordinario e laddove viene riconosciuta esclusivamente la sua mano, si noterà facilmente la diversa levatura artistica dei due.
Al padre Giacomo si affiancherà il figlio Procopio nato nel 1677 o 79 da madre rimasta ignota, ma al massimo gli viene riconosciuta la dote di imitatore poiché mai raggiungerà le vette artistiche del padre: talentuosi si nasce e non ci si diventa.
Opere da artista sopraffino e vita piena di chiaroscuri e misteri molti dei quali rimasti irrisolti. Non poteva essere altrimenti, genio e sregolatezza vanno spesso di pari passo. Non possiamo dire che per Giacomo sia stato proprio così, tuttavia alcune domande rimangono senza risposta. Per esempio come mai non nominò erede il figlio Procopio e perché mai non furono celebrate delle nozze riparatrici pur avendo avuto un figlio?
Giacomo Serpotta, infatti, morirà celibe il 27 febbraio 1732 e verrà seppellito nella chiesa di san Matteo al Cassaro.

L’opera di Giacomo Serpotta nel barocco seicentesco

Tutta la produzione serpottiana, che riguarda la decorazione di circa una trentina tra chiese e oratori, si inserisce nel grande movimento barocco seicentesco che trasformerà Palermo dentro e fuori gli edifici: nelle sue piazze, le sue chiese, le fontane, le strade. Secondo gli storici, due furono le spinte che accelerarono questa metamorfosi cittadina: la trasformazione della nobiltà di stampo feudale in aristocrazia di corte e l’arrivo in Sicilia dei venti della Controriforma.
La nascita di nuovi ordini religiosi incentivò lo sviluppo delle Compagnie, delle Confraternite e delle Congregazioni dando loro rinnovato vigore. Negli anni ’70 del ‘600, la decorazione povera di molti oratori non soddisfaceva più i confratelli delle Congregazioni. I capitali accumulati grazie ai lasciti dei membri più facoltosi, permisero così alle compagnie di poter rifare ed abbellire le proprie sedi o commissionarne delle nuove con la costruzione di oratori, chiesette e cappelle, di carattere quasi privato e devozionale. Fu questa rinascita delle Confraternite a determinare la fioritura della decorazione a stucco.

Il “Magister stuccator” più ricercato

Liberalità

In questo fermento si inserì l’opera di Giacomo Serpotta che nell’arte decorativa del suo tempo non ebbe rivali: il suo ornato fortemente espressivo ed elegante, le sue architetture caratterizzate da una certa compostezza classica unita ad una forma armoniosamente barocca, conquistarono facilmente i favori di questi nuovi committenti che lo elessero “Il Magister Stuccator” più ricercato. 
Si tratta, abbiamo visto, di lavori commissionati per le Opere ecclesiastiche e dunque con l’intento più o meno velato di esprimere un credo, una idea religiosa e teologica. Viene oggi da chiedersi se c’è ed eventualmente quanto sia stato determinante l’influsso dell’artista nel veicolare queste idee: in sostanza, se è riconoscibile una “tendenza teologica” personale dell’artista espressa attraverso le sue opere. Certamente nella realizzazione dei propri lavori, gli artisti dovevano dare conto alla committenza e non solo, anche agli architetti ai quali era riservata la pianificazione dell’insieme. Ma è pur vero che la genialità non può essere schiacciata dagli obblighi progettuali e dunque, all’interno dell’opera generale, l’intuizione e la sensibilità dell’artista (quando è vera arte!) emergono con la loro peculiarità. E Giacomo Serpotta ne fu un testimone di primo livello proprio nelle sue opere.

Gli Angioletti del Serpotta sono i bambini della Palermo povera

Puttini Solletico

La rappresentazione degli angioletti che popolano tutta l’opera di questo periodo, assume in Giacomo una espressività tutta particolare. La prima cosa che emerge è che i puttini del Serpotta prima di essere angeli del cielo sono dei bambini. Esattamente dei bambini, come tutti gli altri, compresi gli attributi sessuali. E non solo: pur essendo collocati o svolazzanti tra nuvole e santi, essi vengono rappresentati nel loro esercizio più comune: il gioco.  Nelle sue creazioni, i puttini sono bambini che giocano, che si divertono, che ridono quasi a proclamare la loro freschezza e innocenza in un mondo che era tutt’altro, in una società povera dove essi non contavano se non nel microcosmo popolare. Ecco, come ha sottolineato qualche critico, proprio la presenza massiccia e purificatrice di questi puttini sembra voglia creare una sorta di continuità tra il sacro dentro le chiese e l’innocenza dei bambini che giocano là fuori. Ma c’è un di più.

In ogni bambino c’è un uomo con i suoi sentimenti

Puttino

Infatti questa rappresentazione innocente di bambini non è fine a se stessa, un capriccio artistico: ognuno di questi piccoli esprime una sorta di lettura dell’intimo di ogni uomo. A ben guardare in ogni bambino rappresentato c’è un uomo e in ogni uomo un bambino. E difatti, non solo il gioco domina nel turbinio di questi putti svolazzanti, ma ogni gamma possibile di sentimenti. Sono bambini è vero, ma vengono rappresentati nelle diverse manifestazioni della vita: il gioco e la riservatezza, il dolore e la passione, la gioia e la sofferenza. Tutto è leggero, etereo, smagliante nel suo biancore ma all’interno c’è tutto l’uomo coi suoi drammi e le sue difficoltà quotidiane.

Il tutto inserito in uno spazio vitale concepito come un movimento continuo all’interno del quale sono racchiusi dei racconti, come uno spettacolo drammatico ed intimo, vicino e lontano, reale e fantastico. Come un sogno al cui interno lo spettatore si trovava immerso.

L’opera e gli spettatori

Puttini verità svela la bugia

Oggi è ancora così. Immergendoci nel cuore delle sue realizzazioni più famose e importanti, come gli oratori di Santa Cita, del Rosario in San Domenico e di San Lorenzo  e della chiesa di Sant’Agostino, si rimane “di stucco” per usare un gioco di parole. Si rimane incantati, appunto come in un sogno, ad ammirare come egli sia riuscito a manipolare la materia inerte trasformandola ora in carne, ora in fili di vento, ora in seta morbida e sinuosa.
Non si può esaurire così, su due piedi, l’opera e l’estro di questo maestro eccelso, considerato il più talentuoso stuccatore d’Europa, sono le sue opere che possono e dovrebbero essere godute. Non viste semplicemente nell’insieme, che comunque possiede un suo valore, ma nel particolare di ogni personaggio, di ogni espressione del viso, ruga del volto, posa delle mani, piega dell’abito.

Abbiamo detto anche troppo perché davanti ad un’opera d’arte non occorrono le parole ma solo gli occhi per vedere e l’anima per capire.

Saverio Schirò

Ti potrebbe interessare:
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I Bellissimi Oratori serpottiani di Palermo

Bibliografia:
D. GARSTANG, Giacomo Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Palermo 1990
G. GRASSO, G. MENDOLA, G. RIZZO, C. SCORDATO, V. VIOLA, Giacomo Serpotta, Caltanissetta – Roma 2012
F. LETO, Giacomo, Isidoro, Niccolò Serpotta “Magister Stuccator, Scultor Et Architettor. L’arte dello stucco a Palermo, Palermo 2005
P. CLÉRIN, Manuale di scultura. Tecniche, materiali, realizzazioni, Bologna 1990

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Saverio Schirò
Saverio Schiròhttps://gruppo3millennio.altervista.org/
Appassionato di Scienza, di Arte, di Teologia e di tutto ciò che è espressione della genialità umana.

9 COMMENTI

  1. Gli stucchi di Serpotta mi hanno sempre affascinato, le sue figure sembra che debbano prendere vita da un momento all’altro.

  2. Le opere del maestro Giacomo Serpotta che sono sparse per Palermo sono dei grandi capolavori, purtroppo poco conosciuti a livello nazionale e internazionale. Dico che Serpotta non ha niente da invidiare a molti altri artisti suoi contemporanei ben più famosi nel mondo. Come al solito la nostra Sicilia è fuori da questo mercato e anche i nostri artisti vengono considerati di serie B nel panorama nazionale ed europeo.

  3. Per ammirare i lavori del Serpotta è fondamentale dedicare del tempo alla contemplazione dei particolari: si scopriranno dettagli sorprendenti. Per i più curiosi consiglio di visitare il Museo all’Oratorio dei Bianchi dove sono collocate opere serpottiane della chiesa ormai distrutta delle Stimmate di san Francesco. Gli stucchi sono così vicini da poterli quasi toccare e gustare per davvero!

  4. Serpotta e i suoi dolcissimi stucchi!! sculture di nuvola e panna, eleganti, eterei, leggeri.
    Il putto monachello della Gancia è spettacolare. Deve aver avuto un senso dell’osservazione molto acuto, le espressioni sono cosi naturali!
    Grazie per questo focus su Serpotta!

  5. ….bene…ho scoperto con una ricerca in questo sito ricordando le immagini tv…è l’Oratorio di Santa Cita….ecco mi mancava questo particolare..grazie

  6. Sono arrivato a cercare Serpotta solo dopo aver visto su RAI5 il documentario della BBC con il cuoco Giorgio Locatelli e il critico d’arte Andrew Graham-Dixon , nella puntata sulla Sicilia , di questa sera . I due in sostanza girano l’Italia unendo tradizione culinaria ed arte in Italia , veramente una bella idea da parte della BBC e una splendida promozione turistica dell’Italia in UK e non solo . Essendo pure io un autodidatta che oltre a dipingere ho fatto lavori in gesso e decorazioni barocche , mi sono incuriosito nel vedere , non ricordo più il nome della chiesetta o cappella , gli interni , le sculture che pensavo in marmo e poi invece il critico inglese spiegava essere stucco . Un barocco splendido sul frontale come un sipario e sulle pareti laterali e i putti incredibilmente realisti . Dovrò scendendo a Palermo andare a visitare questo capolavoro . Grazie .

  7. Quando pensa a Palermo il forestiero rivede o costruisce nella sua mente, sulla scorta dei ricordi o delle illustrazioni, le cupole rosse di S. Giovanni degli Eremiti, le cuspidi normanne della Cattedrale, lo splendore dei mosaici d’oro della Cappella Palatina. Ma non tutti sanno che esiste una Palermo settecentesca, fatta di grazia e raffinatezza di cui Giacomo Serpotta è stato il più genuino interprete.
    Grazie Saverio per averne parlato.

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