Nella Palermo del fiorente Regno di Spagna e della temutissima Inquisizione, convivevano storie fatte di sfarzo, potere, progresso e superstizione. Di queste storie esistono varie testimonianze, autentici pezzi di storia cittadina che vive e si evolve talvolta sotto i nostri occhi, talvolta celata in luoghi a noi sconosciuti.
Una di queste testimonianze fu rinvenuta, qualche decennio fa, durante alcuni lavori di restauro nelle “prigioni politiche” di Palazzo dei Normanni. Sotto l’intonaco di una parete, ben celato all’interno di un foro delle antiche mura, giaceva da secoli un piccolo foglio, poco più piccolo di 11×15 cm, su cui erano raffigurate alcune figure, di stampo apparentemente religioso, insieme ad altre figure antropomorfe e sette righe di numeri da 1 a 10.
Si tratta sicuramente di un “Breve”, una sorta di talismano che i superstiziosi portavano addosso per scongiurare diversi mali e risolvere problemi di varia natura. Questi in genere raffiguravano figure sacre (incaricate di sconfiggere il male) insieme al male da sconfiggere, quindi diavoli, spiriti maligni e fenomeni naturali, il tutto ornato da simboli cabalistici, croci, figure simboliche e magiche, tutti ingredienti atti a impressionare la massa degli ingenui che arricchivano un piccolo gruppo di furbi commercianti e sedicenti maghi.
La Chiesa, in tutto questo, non metteva al bando i Brevi, ma si limitava a distinguerli in “leciti” quindi positivi, se non addirittura benefici, e “illeciti”, ovvero negativi e legati ad atti di magia demoniaca.
I Brevi leciti, essendo approvati dalla Chiesa, circolavano liberamente ed erano generalmente stampati su pezzi di carta che la gente portava in giro anche pubblicamente. Tra questi la Croce Angelica di San Tommaso D’Aquino, la Croce di Caravacca e le Orazioni contro Tempeste, Terremoti, Tuoni e Pestilenze, erano molto utilizzati e comuni.
D’altra parte i Brevi illeciti, come quello ritrovato a Palazzo dei Normanni, erano creati in gran segreto, scritti a mano e ben nascosti dagli utilizzatori. Servivano per trovare tesori nascosti, mettere o togliere il malocchio, evocare gli spiriti, prevedere il futuro e riacquistare la virilità, tutte attività giudicate oscure e pericolose, tanto gravi da condurre certamente di fronte al Tribunale dell’Inquisizione e da lì, quasi sempre, al rogo sul piano di Sant’Erasmo.
Come scrive il La Duca, il Breve del ritrovamento potrebbe essere di natura sessuale, almeno a giudicare dai simboli fallici abbozzati sopra le croci, il che riporta alla memoria un processo documentato nel 1623, che condannò per stregoneria un tale Orazio di Adamo, un dottore che preferiva dedicarsi alle arti magiche. Nel suo nascondiglio, o “armamentario diabolico”, come riportano le testimonianze, furono trovati sei talismani accompagnati da una strana polverina che si rivelò essere cantaride, un pestato ottenuto da coleotteri secchi che si diceva avesse proprietà afrodisiache.
Un ulteriore testimonianza di come, nella stessa epoca e nella stessa città, cultura ed ignoranza possano convivere fianco a fianco, tracciando insieme la storia di una società.
Samuele Schirò
Bibliografia
R. La Duca – La città perduta IV serie
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