Le imprese marittime di un tempo, sono ancora oggi viste con grande ammirazione dagli storici di tutto il mondo. A tal proposito alcuni saranno a conoscenza del lungo viaggio di Vincenzo di Bartolo, capitano del brigantino Elisa, che nel 1838-39 si rese protagonista di un viaggio ricco di peripezie e che, per questo, si guadagnò il soprannome di Cristoforo Colombo palermitano, come lo chiamò il La Duca in un articolo del 1977.
La rotta prevedeva un primo viaggio che doveva portare un carico di prodotti siciliani a Boston, poi da lì doveva ripartire verso l’isola di Sumatra, per caricare del pepe da riportare a Palermo. Questo viaggio, per quei tempi, era da considerarsi un’impresa più che ardimentosa e il capitano Di Bartolo, trentasettenne di Ustica, fu ritenuto pronto ad imbarcarsi in questa avventura.
Partito da Palermo il 28 ottobre 1838, il brigantino “Elisa“, di proprietà dell’industriale Beniamino Ingham, attraversò lo stretto di Gibilterra il 10 di dicembre. Dopo una violenta tempesta, che danneggiò notevolmente l’imbarcazione e l’equipaggio (lo stesso Di Bartolo si fratturò una scapola) e nonostante la costante lotta col gelido inverno, il brigantino giunse al porto di Boston il 27 gennaio 1839, tra lo stupore generale e grazie al fondamentale contributo del pilota, Federico Montechiaro da Ancona, che grazie alla sua abilità di manovra è riuscito a sopperire anche alle difficoltà fisiche del capitano.
A Boston furono effettuate le necessarie riparazioni e si provvide anche ad imbarcare dei cannoni, date le acque insidiose che ci si preparava ad attraversare e l’incertezza riguardo l’ospitalità degli indigeni a Sumatra che, secondo i racconti degli altri marinai, non si erano sempre rivelati pacifici.
Il primo marzo l’Elisa sciolse le vele e ripartì alla volta delle isole indonesiane, passando sotto l’Africa, per il Capo di Buona Speranza, e tagliando diagonalmente l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano. Giunsero nell’isolotto di Pulau Raja il primo luglio 1839, sperando di trovare del pepe ma, non trovando carico a sufficienza, si videro costretti a ripartire subito alla volta di Rigaih, a Sumatra, dove approdarono il 12 luglio.
Qui l’equipaggio si rifornì, per la prima volta, di viveri freschi e contattò il capo della tribù locale, che si presentò con uno strano costume, scalzo e con un berrettone di vimini sulla testa. Considerata la nota inospitalità di quella terra ancora selvaggia, il comandante trattò con molta cautela l’acquisto del carico, che barattò in cambio di due cannoni. Lo scambio andò a buon fine e così l’Elisa col suo equipaggio si soffermò su quelle spiagge per 16 giorni prima di riprendere la rotta di casa, ripassando per il Capo di Buona Speranza e soffermandosi nell’isola di S. Elena, dove l’11 settembre l’equipaggio si fermò per due giorni. Qui Di Bartolo volle visitare i luoghi dove Napoleone aveva trascorso i suoi ultimi giorni, ma con suo grande disappunto, li trovò del tutto trascurati se non adibiti a stalle e magazzini.
Dopo un viaggio di ritorno piuttosto tranquillo, il brigantino giunse a Palermo la sera del 14 dicembre 1839, ovvero un anno, un mese e 16 giorni dopo la partenza dallo stesso porto. La perizia del capitano Di Bartolo fece in modo che l’equipaggio si mantenesse sano nonostante le difficoltà e l’assenza di cibi freschi, che in quelle particolari condizioni spesso causavano pericolosi episodi di scorbuto.
Era la prima volta che una nave palermitana solcava l’Oceano Indiano e Vincenzo Di Bartolo, considerato il “Cristoforo Colombo Palermitano, compilò un dettagliatissimo diario di viaggio, per trasmettere informazioni e consigli a tutti quelli che avrebbero tentato l’impresa in seguito.
Vincenzo di Bartolo e Federico Montechiaro, a cui oggi sono dedicate due vie cittadine, sono così entrati nella storia della marineria siciliana e rimangono ancora oggi motivo di grande orgoglio per tutti i marinai palermitani.
Samuele Schirò
Immagine di copertina generato con Gencraft AI
Sono la figlia di Vincenzo di bartolo j. Complimenti un bell’ articolo .
Mio padre avrebbe sicuramente qualche aneddoto da aggiungere… Come la tristezza di Vincenzo di Bartolo fermo in attesa all’ingresso del porto, per assenza di vento, che vede avanzare la prima imbarcazione a vapore…
Bellissima storia. L’avevo già sentita nominare ma non conoscevo tutti questi dettagli.