Che il divorzio fosse nell’aria da diverso tempo non è una novità, e non dipende certo solo dalle scelte del cineasta italiano. Dopo la sua ultima fatica del 2021, che ha suscitato pareri contrastanti tra critici e pubblico, il cineasta napoletano ha deciso di abbandonare la collaborazione con il gigante statunitense.
Per quali obiettivi, non si sa ancora – ma dato che nel suo palmares il Nostro riporta regie per diverse serie TV, quali The Young Pope e The New Pope, per HBO/Canal +, e Homemade, proprio per Netflix, siamo sicuri che ci sia una motivazione precisa dietro alla sua scelta.
Netflix e i suoi recenti problemi
Uno dei motivi – presunti, sia chiaro – che stanno dietro a questa scelta di separare i propri percorsi professionali risiede anche nella situazione attuale del colosso dello streaming. Netflix di recente non ha propriamente avuto delle performance esaltanti, e complice una situazione economica globale non particolarmente favorevole, sta “pagando pegno” rispetto alle perfomance stellari degli anni scorsi.
Lo streaming su internet è cresciuto a dismisura negli ultimi dieci anni, complice lo sviluppo delle connessioni wireless ad alta velocità. Per trovare un altro mercato che ha recentemente avuto un boom simile, bisogna pensare al gambling, che ha visto numerosi operatori tradizionali aprire italian casinò online, così come nuovi competitor digitali affacciarsi alla scena. Questo ha allargato il mercato, consentendo al settore di avere un enorme boom – ma portando allo stesso tempo una competizione molto accentuata.
E la stessa situazione colpisce anche il mercato di Netflix. Per la prima volta da dieci anni, gli abbonati sono diminuiti, anche se non di molto, e l’azienda ha iniziato a fare una “cura dimagrante,” licenziando 150 lavoratori a maggio 2022 – una mossa che il management ha definito “necessaria” a causa delle mutate condizioni del mercato.
Il modello di revenue: lo spacchettamento degli abbonamento cumulativi
Uno dei grandi problemi di Netflix attualmente, oltre a un mercato sempre più critico verso il suo modello, è la sua struttura di offerta: come molti sapranno, gran parte dei suoi guadagni si basa sugli abbonamenti cumulativi, dove gli utenti hanno a disposizione, con un unico pagamento, la possibilità di connettersi con più dispositivi.
Questa modalità è stata sfruttata dagli abbonati: non per condividere il costo dell’abbonamento con la propria famiglia, come era nell’intenzione di Netflix, ma con altre persone che utilizzano il servizio. Con il risultato che gli abbonamenti individuali, più remunerativi, sono diminuiti.
La controffensiva verso queste pratiche ha portato risultati, ma ha anche provocato l’ira degli abbonati, soprattutto quelli di vecchia data, che hanno abbandonato la piattaforma: come dicevamo, circa 200.000 nel primo quarto del 2022, ma la società prevede di perderne 10 volte tanto nel secondo quarto dell’anno.
Il mercato dello streaming di contenuti sta soffrendo
La competizione sui mercati internazionali, tra cui l’Italia, ci insegna che i grandi dello streaming non possono crescere per sempre: stanno arrivando a un punto di saturazione, e dopo, non si tratterà più di espandersi in un territorio vergine, ma di strapparsi i clienti. Una prospettiva che getta delle lunghe ombre sulle performance future di queste aziende.
E quindi, dare a Sorrentino una parte della colpa per la mancata crescita di Netflix nel nostro paese sembra porre troppa rilevanza sul peso specifico del cineasta: i problemi che Netflix sta dimostrando sono sistemici, e non derivano da una scarsità di livello nei suoi contenuti, ma da una situazione globale che è diventata più competitiva, così come hanno fatto i suoi competitor.
Netflix deve rendersi conto che è finita l’epoca del “toro” in borsa, e stiamo ritornando in un’era dove i numeri delle aziende sono fondamentali. E per tutto questo, non basterà certo una provvidenziale “mano di Dio” (che tra l’altro, ha mancato l’Oscar ma ha fatto incetta di premi David di Donatello) per risollevarne le sorti.