La denominazione di Santa Maria “della Catena” per questa bella chiesa di Palermo situata nella parte bassa del Cassaro, proprio prospiciente alla Cala, è legata alla catena che da qui si dipanava fino al Castello a Mare e chiudeva l’antico porto di Palermo. Tuttavia esiste un’altra origine affascinante ed evocativa del nome, e per quanto sia più che altro una leggenda è interessante ricordarla.
Narrano infatti le antiche cronache, che nell’agosto del 1392, regnando re Martino, tre condannati furono avviati al supplizio, che, come d’uso, si svolgeva nel grande piano della Marina. Ma un violento e improvviso nubifragio costrinse guardie e condannati a rifugiarsi proprio all’interno della nostra chiesetta e il popolo a fuggire. L’esecuzione fu rinviata e i condannati rimasero chiusi dentro la chiesa assieme ai loro carnefici.
I prigionieri allora trascorsero la notte ad invocare la Vergine Immacolata, che misericordiosa, accolse le loro suppliche: le catene si sciolsero misteriosamente e le guardie di scorta, caduti in un sonno profondo, non furono di ostacolo alla loro fuga.
Riportati il giorno seguente i condannati davanti al re Martino, questi, riconoscendo l’intercessione della Vergine e interpretando l’episodio come un segno divino, non ebbe l’animo di condannare coloro che la Madonna aveva liberato concedendo loro la libertà, recandosi poi con la regina Maria e la corte intera a rendere onore alla “Vergine misericordiosa”.
La chiesa
La chiesa che possiamo ammirare adesso fu edificata in un arco temporale che va dal 1490 al 1520 su progetto del netino Matteo Carnalivari, uno dei più significativi architetti siciliani di tutti i tempi, anche se la paternità del progetto non è del tutto certa; forse con la collaborazione di Antonio Belguardo e di Antonio Scaglione.
Mirabile fusione del gotico fiorito, nella sua espressione più raffinata, con la nuova arte rinascimentale, la chiesa di Santa Maria della Catena appartiene a quel felice periodo che attraversò l’architettura isolana tra il 400 e il 500 e diede vita a una vasta produzione di opere di notevole livello artistico, non solo nell’architettura religiosa.
L’ingresso è preceduto da una breve scalinata
L’edificio religioso, di elegante struttura, riprende lo schema tradizionale caratteristico della chiesa medievale siciliana.
L’ingresso è preceduto da una breve scalinata di raccordo (un tempo a due rampe), resasi necessaria per colmare il dislivello creatosi in seguito all’allungamento, nel 1581, della strada del Cassaro (la principale arteria della città). Al di sopra, un arioso portico a tre arcate ribassate sorrette da robuste colonne in marmo, serrato ai lati da due torricini. Il portico, detto anche “tocco”, è un elemento tipico della chiese palermitane dell’epoca sorte nei quartieri marittimi e costituiva uno spazio utile per gli incontri e gli scambi tra gli abitanti della zona.
Sopra il portico, si trova entro una nicchia la statua di Santa Cristina che sormonta una lapide con una iscrizione di Antonio Veneziano che ricorda un prodigio della Santa patrona che salvò la città dalla carestia. Sulla sommità della facciata una singolare cimasa traforata in pietra di armonioso disegno a motivi astratti stilizzati.
La facciata presenta tre eleganti portali, di chiaro gusto rinascimentale dove spiccano dei bassorilievi di scuola gaginesca che raffigurano scene del “Nuovo Testamento”. Il portale più ampio al centro e due più piccoli ai lati consentono l’accesso al tempio.
L’interno della chiesa è di raffinata semplicità
L’interno, di grande eleganza formale e di raffinata semplicità data anche dalla pietra nuda e ruvida, ha un impianto di tipo basilicale a tre navate separate da colonne in marmo con capitelli corinzi che sorreggono archi asimmetrici e ribassati. Le tre navate sono coincidenti con i tre portali esterni.
L’impianto basilicale si innesta ad una porzione di organismo centrico rispondente al Santuario triabsidato, dopo le numerose sovrapposizioni avvenute nel tempo (alcune eliminate con i restauri dell’architetto Patricolo 1884-91 e altre dopo i danni dell’ultimo conflitto mondiale), la concezione plano-volumetrica oggi risulta falsata dalla presenza di cappelle che erano state aggiunte più tardi ai fianchi delle due navate laterali: dopo i danni dell’ultimo conflitto, sono rimaste integre solo quelle del lato destro in quanto la parete sinistra è stata danneggiata dai bombardamenti.
Le cappelle
La prima cappella di destra, intitolata a Santa Brigida, presenta sull’altare un dipinto del XVII sec. realizzato dal pittore trapanese Andrea Carreca che rappresenta la “Gloria” della santa. Le pareti laterali e la volta sono decorati con affreschi attribuiti a Olivio Sozzi che raffigurano, sulla volta, Santa Brigida incoronata dalla Vergine e ai lati la santa in Gloria e Cristo che mostra il costato insanguinato.
La successiva cappella, che è anche la più importante e significativa, è dedicata alla Madonna della Catena. Essa corrisponde alla cappella votiva su cui fu eretta la chiesa ed è caratterizzata dal grande affresco trecentesco, incorniciato da un baldacchino con colonne in alabastro, che raffigura la Vergine che allatta il Bambino (l’originaria immagine a cui si sarebbero rivolti i condannati).
L’opera è venuta alla luce durante i restauri del 1990, al di sotto di un altro affresco che vi era stato sovrapposto, e di cui si conservano ancora le parti laterali (forse il primo non era ritenuto conforme ai canoni dettati dal Concilio di Trento).
Caratteristiche di questo dipinto è l’aspetto di Gesù bambino, che qui viene raffigurato, seguendo i canoni tipici delle iconografie di ispirazione bizantina, con sembianze adulte. Secondo la cultura liturgica bizantina, infatti, si riteneva che Gesù fosse stato sempre saggio e maturo sin da bambino.
Arricchiscono la cappella, ai lati, quattro statue di scuola gaginesca che raffigurano Santa Barbara, Santa Margherita e due antiche patrone della città, Santa Ninfa e Sant’Oliva.
Di notevole interesse la cappella successiva dedicata alla Madonna delle Grazie, tutta adornata con statue e rilievi attribuiti ad Antonello e Vincenzo Gagini. Sempre di fattura gaginiana sono l’altare marmoreo con bassorilievo rappresentante la “Crocifissione sul Golgota” e l’edicola che lo sormonta con la “Incoronazione della Vergine” (quest’ultima proveniente dalla non più esistente chiesa di San Nicolò alla Kalsa rovinata dopo il grave terremoto del 1823). All’interno della cappella vi sono affreschi settecenteschi attribuiti a Olivio Sozzi che raffigurano i santi Pietro e Paolo, ai lati, e sulla volta un Cristo che benedice due religiosi.
Ai lati monumenti funerari appartenenti a grandi famiglie palermitane.
Nell’ultima cappella detta della “Natività” troviamo al centro una pregevole opera caravaggesca che rappresenta “La Natività con Adorazione dei pastori”. Alle pareti laterali sono presenti due affreschi che raffigurano “La strage degli innocenti “ a destra e “La circoncisione di Cristo” a sinistra.
La zona absidale
Nel doppio transetto e nella zona absidale, recintata da una balaustra in pietra, si trovano sarcofagi e lapidi sepolcrali di varie epoche.
L’altare maggiore presenta un altare in marmi policromi della prima metà del seicento con al centro un tempietto colonnato con baldacchino e cupoletta di stile classico che all’interno custodisce una piccola statuetta marmorea.
L’esterno è in conci di tufo squadrato
All’esterno della chiesa si trovava un tempo la porta cosiddetta della “Doganella” e il monumento equestre di Filippo V di Spagna, opera di Giovan Battista Ragusa su piedistallo disegnato dall’architetto Paolo Amato.
Annessa alla chiesa vi è la casa conventuale dei Chierici Regolari dell’ordine dei Teatini (cui nel 1602 fu affidata la gestione della chiesa), che dal 1844 è sede dell’Archivio di Stato.
Nicola Stanzione
Piazzetta delle Dogane 90133 Palermo Tel: 091 321529
Orario Sante Messe:
Domenica e festivi ore 19:00.
Apertura al pubblico:
Tutti i giorni ore 10:00-18:00
Ingresso a pagamento
Per informazioni rivolgersi agli Amici dei Musei Siciliani
tel. +390916118168