Questa storia ambientata nella Palermo normanna, insegna che non sempre i soldi migliorano la vita e che l’essere generosi porta alla felicità, mentre l’egoismo rende sempre più soli.
Questa è stata la scoperta di due semplici muratori, che per caso rinvennero un enorme tesoro arabo, nascosto sotto l’antica moschea della città.
Scopriamo insieme questa interessante leggenda.
Il tesoro arabo di Palermo
Nella Palermo normanna, vivevano due umili muratori, chiamati Giorgio e Matteo. I due uomini erano parte di una squadra che aveva un compito molto importante, costruire la nuova Cattedrale di Palermo sui resti dell’antica moschea araba della città.
Un giorno i due muratori erano rimasti soli nel cantiere, per riordinare al termine di una lunga giornata di lavoro, quando avvenne un episodio incredibile.
Giorgio, il più giovane dei due, inciampò su una lastra del vecchio pavimento della moschea, che nel corso dei lavori era stata inavvertitamente spostata. Sotto di essa si intravedeva una scala che conduceva ad un vecchio sotterraneo segreto.
“Matteo, vieni a vedere!” esclamò Giorgio, la voce tremante per l’eccitazione.
Matteo, più anziano e cauto, si avvicinò con circospezione. “Che cosa hai trovato, ragazzo mio?”
Insieme sollevarono la pietra e si avventurarono nell’apertura, scoprendo che in fondo si trovava una stanza piena di monete d’oro, gioielli e artefatti preziosi. I loro occhi si allargarono per lo stupore, quella scoperta avrebbe cambiato le loro povere vite!
Dopo aver superato il primo momento di incredulità, decisero di dividere il tesoro equamente.
Giorgio però, nonostante la giovane età, era una persona generosa, che aveva a cuore la sua famiglia e la gente del suo quartiere, dunque, mosso da un sincero desiderio di aiutare gli altri, usò la sua parte per sostenere la comunità. Finanziò la costruzione di pozzi e acquedotti, fece donazioni a monasteri e ospedali, e aiutò le famiglie povere di Palermo.
“Questo oro può fare molto di più che semplicemente arricchirci,” disse Giorgio a Matteo. “Può trasformare le vite delle persone in meglio”.
Matteo, tuttavia, aveva altri piani. “Io intendo godermi la vita,” replicò. “Per troppo tempo ho lavorato senza riposo. È giunto il momento di vivere come un re.”
E così fece. Matteo acquistò una grande villa, vestiti costosi e cavalli purosangue. Organizzava feste sontuose che attiravano l’attenzione di tutta la città.
Nel giro di poco tempo, le vite dei due uomini presero direzioni opposte. Giorgio divenne amato e rispettato, un vero benefattore della città. Matteo, invece, si ritrovò circondato da falsi amici e cortigiani, la sua ricchezza lentamente consumata da uno stile di vita eccessivo.
Con il passare degli anni però, Matteo iniziò a capire il punto di vista dell’amico. Giorgio era amato da tutta la città e invitato persino nel palazzo del re, dove era preso in grande considerazione. Matteo invece si accorse di essere sempre solo, cercato solo occasionalmente da gente che lo adulava solo per avere dei soldi in cambio.
Così un giorno, in preda alla tristezza, Matteo andò a trovare il suo vecchio amico, l’unico che forse gli voleva bene davvero. Giorgio lo ricevette con grande affetto e ascoltò il racconto dell’uomo più anziano, che si pentiva della sua scelta e del suo egoismo. “Non è mai troppo tardi per cambiare, Matteo. L’oro può svanire, ma l’amore e il rispetto della gente sono tesori che durano per sempre.”
Matteo ascoltò le parole dell’amico e da quel giorno iniziò a usare ciò che gli restava del tesoro per fare del bene. Alla fine delle loro vite, entrambi gli uomini erano amati e ricordati, non per la ricchezza che avevano trovato, ma per la generosità che avevano mostrato.
La storia del Tesoro della Moschea divenne leggendaria, un racconto di redenzione e di speranza che venne tramandato di generazione in generazione, per insegnare ai figli i veri valori della vita.