Giorgio Siculo, l’eretico dimenticato dalla Chiesa

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Pochi conoscono la storia di Giorgio Rioli, meglio noto come Giorgio Siculo, un frate benedettino siciliano vissuto nel ‘500, le cui teorie ed opere fecero tremare le fondamenta di una chiesa già profondamente scosse dallo scisma luterano.

Le sue idee furono talmente popolari e pericolose da causargli una condanna a morte per eresia, e anche dopo la sua morte i suoi seguaci furono perseguitati fino alla completa estinzione della sua “setta”.
Anche le sue opere furono messe al rogo, in una specie di cancellazione della memoria di questo coraggioso teologo siciliano.

La storia di Giorgio Siculo

Non sappiamo molto sulle origini di Giorgio Rioli, dato che la persecuzione delle sue idee si è riversata anche sulla storia di questo personaggio.

Nacque intorno al 1517 a San Pietro Clarenza, alle pendici dell’Etna e nel 1534 entrò nel monastero benedettino di San Nicolò l’Arena. Qui conobbe il confratello fra Benedetto Fontanini da Mantova, in fuga da Venezia perché accusato di aver letto dei testi proibiti dalla Chiesa. Proprio nel suo rifugio siciliano, fra Benedetto completerà la prima stesura del Beneficio di Cristo, opera pubblicata anonimamente nel 1543, che per certi versi strizzava l’occhio alle teorie calviniste e luterane in tema di salvezza dell’anima.

Tali teorie, sviluppate e predicate anche dal giovane frate siciliano, furono molto apprezzate da quei cristiani che avrebbero voluto una riconciliazione con i protestanti, ma andavano invece contro l’opinione generale della Chiesa, che sarebbe poi diventata la posizione ufficiale durante il Concilio di Trento.

Il trasferimento nel nord Italia

Nel 1543 Giorgio si trasferì a San Benedetto Po, vicino Mantova, in uno dei monasteri benedettini più importanti dell’epoca e poi a Riva del Garda, in Trentino. In questi luoghi le sue idee raccolsero consensi tanto che, nonostante la sua giovane età, un nutrito numero di discepoli cominciò a seguirlo nelle sue predicazioni e a rivolgersi a lui per consigli spirituali.

Lo stesso abate Luciano degli Ottoni, uno dei rappresentanti dei benedettini al Concilio di Trento, volle chiedere la sua opinione su alcuni dei temi di maggior discussione, in modo da esporli all’assemblea.
Particolarmente interessante agli occhi di molti, era l’idea che gli uomini di vera fede si potessero salvare grazie alla loro capacità di distinguere il bene dal male, dunque di vivere nella rettitudine. Tale concetto, che lui diceva essere ispirato direttamente da una visione di Cristo, si contrapponeva tuttavia ai dettami della Chiesa e anche alle credenze dei Luterani.

Per questo motivo le sue teorie e le sue opere furono presto oggetto di persecuzione da parte di molti, sia cattolici che protestanti.

La fuga in Emilia

Dopo aver lasciato Riva del Garda, probabilmente perché accusato di eresia, Giorgio Siculo si rifugiò in Emilia, tra Bologna e Ferrara, dove continuò a professare le sue idee ad un numero sempre maggiore di accoliti.

Scrisse anche un libro di grandissima diffusione, intitolato “Della verità cristiana e dottrina apostolica rivelata dal nostro signor Giesù Cristo al servo suo Georgio Siculo della Terra di San Pietro”, ma conosciuto più semplicemente come il “Libro Grande”.
Tale opera, particolarmente radicale e controversa, fu interpretata dagli inquisitori come un negazione totale dei sacramenti, dell’inferno e del purgatorio e gli causò una lunga serie di accuse per eresia che ne causarono l’arresto a Ferrara nel 1550 insieme ai suoi seguaci più stretti.

Purtroppo per il Siculo, il caso non fu affidato all’inquisitore di Ferrara Girolamo Papino, un uomo di più larghe vedute che conosceva e ammirava il predicatore benedettino. Le indagini furono invece assegnate all’inflessibile fra Michele Ghislieri, futuro Inquisitore Generale e poi papa con il nome di Pio V.

Il processo fu da subito indirizzato alla colpevolezza di frate Giorgio e intendeva concludersi con la pubblica abiura delle sue idee. In un primo momento il siciliano sembrò acconsentire alle richieste dell’inquisitore.
Venne allestita una pubblica udienza a Ferrara, ma di fronte al pubblico numeroso, non solo Giorgio Siculo si rifiutò di abiurare, ma ne approfittò per fare un ultimo discorso confermando le sue idee e cercando di raccogliere altri proseliti.

Di fronte a questo estremo atto, l’eretico fu condotto nella sua cella e giustiziato per strangolamento, senza testimoni né conforto religioso.

La setta di Giorgio Siculo

Dopo la morte dell’eresiarca, la “setta georgiana” continuò ad esistere in segreto, sfuggendo ai tentativi di arresto da parte dell’inquisizione.
I suoi membri si riunivano per continuare la predicazione del monaco siciliano e stampavano clandestinamente pubblicazioni ad opera di Giorgio Siculo o nuove disamine sui temi a loro cari.

La caccia agli eretici continuò senza grossi risultati fino al 1567, anno in cui Michele Ghislieri divenne papa Pio V. Dal vertice del potere ecclesiastico, l’ex inquisitore decise di concludere la sua opera ed intensificare la caccia alla setta. L’opera di setacciamento fu tanto efficiente che tutti i seguaci del Siculo vennero presto stanati e ridotti al silenzio.
Tra questi non vi erano solo monaci benedettini, ma anche religiosi di altri ordini e laici: medici giudici, studenti e ogni genere di altri membri della società dell’epoca.

Persino gli scritti di Giorgio Siculo vennero trovati e bruciati, tanto che solo pochissime copie sono giunte sino a noi, perché occultate dalle grinfie degli inquisitori e ritrovate solo molti anni più tardi.

Così termina la storia di questo siciliano illustre e dei suoi seguaci, lasciandoci un quadro chiaro e triste di come un libero pensiero possa essere stato causa di morte e persecuzione per chiunque lo appoggiasse.

Leggi anche: Palermo 1724: l’atroce rogo di Suor Geltrude e Fra Romualdo

Fonti:

  • A. Prosperi – L’eresia del libro grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta – 2011 – Feltrinelli
  • L. Biasiori – Rioli Giorgio – su Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 87 (2016)
  • Wikipedia.org – Giorgio Siculo
  • Immagini realizzate con bing image creator AI

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Samuele Schirò
Samuele Schirò
Direttore responsabile e redattore di Palermoviva. Amo Palermo per la sua storia e cultura millenaria.

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