Che la Sicilia in epoca antichissima fosse abitata da giganti oggi nessuno ci crederebbe, tuttavia il mistero dei giganti di Palermo rimase per secoli nell’immaginario degli abitanti della città. Addirittura fino all’inizio del 1800, quando finalmente il mistero fu chiarito, ma non del tutto: scopriamo cosa accadde quando la storia di questa scoperta ebbe inizio.
Intorno al 1527, in alcune grotte del Monte Grifone, in località S. Ciro, fu fatta una scoperta che scosse per molti anni la cittadinanza palermitana. Il ritrovamento di centinaia di ossa gigantesche, infatti, fece subito pensare ai racconti leggendari sull’esistenza dei giganti, uomini alti più di sei metri che avevano abitato la Sicilia all’alba dei tempi. Tali credenze furono alimentate nel corso dei secoli, tanto che iniziarono a circolare moltissime storie fantasiose su come queste creature vivessero.
Tali racconti furono anche avallati dalle numerose citazioni provenienti dalla letteratura classica che, come nel caso dell’omerico Polifemo, raccontavano proprio di una stirpe di giganti siciliani.
Lo storico monsignor Antonio Mongitore nella sua opera “Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili, del 1742, afferma di essere a conoscenza di numerose ossa di giganti ritrovate in tutta la Sicilia, e riferisce di avere visitato la grotta di Mare Dolce, dove un tale Paolo Lentini nel 1547 avrebbe ritrovato il cadavere di un gigante alto 18 cubiti (più di 8 metri!). La scoperta aveva attirato numerosi visitatori e, insieme ad altri ritrovamenti, avvalorato la tesi dell’esistenza dei giganti come primi abitatori della Sicilia.
D’altronde già il Boccaccio, e ancora prima Empedocle da Agrigento, avevano affermato con sicurezza che nelle caverne costiere in Sicilia, abitavano dei giganti ora estinti. In effetti nella zona di Trapani furono ritrovate le cosiddette “ossa di Polifemo”, reperti fossili di esseri con arti lunghe e grosse teste con un occhi al centro, per cui come non dubitare della veridicità del racconto omerico?
I quesiti sulla veridicità di tali affermazioni si riaccesero all’inizio del 1800 quando centinaia di ossa venivano scavate nei dintorni di Palermo. Giganti o resti di animali? La soluzione fu trovata finalmente nel 1831, quando l’abate Domenico Scinà pubblicò un rapporto che fece finalmente luce su questo mistero. Le ossa appartenevano sicuramente ad animali, per lo più a cervi, ippopotami ed elefanti.
Ma il capitolo non era ancora chiuso. Di lì a poco iniziò una nuova mitizzazione dei ritrovamenti, con molti eruditi che favoleggiavano sulla battaglia della Valle dell’Oreto del 250 a.C., quando l’esercito di Asdrubale arrivò cavalcando elefanti e fu sconfitto dalle truppe romane del console Cecilio Metello. Ovviamente anche queste ipotesi erano errate.
Le ossa appartenevano sì ad animali, ma risalivano di certo ad un epoca molto più antica, alla preistoria.
Nel 1867 Gaetano Giorgio Gemmellaro mise fine alla questione, mettendo insieme le ossa per ricostruire gli antichi animali, tra cui lupi, cervi, iene e anche i famosi elefanti, che furono portatori di così tante leggende.
Queste famose ossa esistono ancora e possono essere ammirate al museo Gemmellaro, appartenente all’Università di Palermo.
Samuele Schirò
Una storia parziale, la parte interessante è definitiva la diete il canonico Domenico Scina’ incaricato dalla regia università di Palermo, scrisse il libro (le ossa fossili di San Ciro) e tant’altro.