Dolce o amaro: si può educare il senso del gusto?

Cambiare i propri gusti si può, ed è un guadagno per la nostra salute.

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De gustibus non disputandum est dicevano i latini: “sui gusti non si può discutere” cioè sono soggettivi e ognuno ha i propri per quanto possano essere strani o differenti dagli altri. Ma il senso del gusto si può educare? Cioè possiamo cambiare quella sensazione sgradevole in qualcosa di appetibile? Ecco cosa ci dice la scienza su questo importante organo di senso.

Il senso del gusto

Quante volte ti è capitato di vedere qualcuno mettere due cucchiaini di zucchero nella tazza del caffè mentre un altro, storcendo il muso, dichiara che il caffè va rigorosamente preso amaro? OK, è una questione di gusti, ma esattamente cos’è che determina il gusto?
Il gusto è uno dei cinque sensi, cioè una delle cinque finestre che ci mette in comunicazione col mondo che ci circonda.

In senso stretto, lo intendiamo come la percezione dei sapori attraverso la lingua, anche se in realtà il sapore deriva dalla combinazione di più sensi: vista, olfatto, gusto e tatto. È l’insieme di questi sensi che ci dirà se un dato cibo ci piace o no.

Il numero di sostanze chimiche e la varietà dei loro sapori è quasi infinito, ma noi distinguiamo principalmente 5 gusti: dolce, salato, amaro, aspro e umami.
Il “piccante”, per quanto strano sembri, non è un gusto vero e proprio. Infatti è percepito attraverso le terminazioni nervose del nervo trigemino nella regione della bocca e della gola. Ed è infatti in queste aree che un alimento “piccante” produce quella sensazione di calore, fino a risultare perfino sgradevole o addirittura doloroso.

Avevi mai sentito parlare dell’umami?  In giapponese significa “saporito” e si tratta di un gusto, che possiamo definire “carnoso” infatti è determinato dalla presenza di glutammato, una sostanza contenuta principalmente in alimenti ad alto contenuto proteico come la carne.

I recettori dei sapori: le papille gustative

Per distinguere tra i diversi sapori, la lingua è dotata di circa 2.000 – 10.000 papille gustative, numero che cambia da persona a persona che per questo hanno capacità gustative differenti: chi riesce a distinguere ogni singolo ingrediente in una pietanza e chi ingurgita qualunque cosa, basta che non sia proprio sgradevole! 

Le papille sono piccolissime strutture, dotate di cellule sensoriali, distribuite per lo più sulla superficie superiore della nostra lingua, e in misura minore nel palato e all’ingresso della gola. Ogni volta che mangiamo un cibo, le cellule sensoriali delle papille gustative vengono attivate e il nostro cervello viene informato sulla tipologia del gusto.

Circa la metà delle cellule sensoriali risponde a tutti e cinque i gusti di base, mentre il resto è specializzato in un gusto particolare. Una volta si riteneva che le singole parti della lingua fossero dedicate per ciascuno dei gusti, il dolce sulla punta, il salato o l’aspro ai margini e così via. Ora, eccetto la parte posteriore della lingua “specializzata” a percepire l’amaro, il resto della lingua non ha alcuna particolare percezione, ed è nella punta che sono concentrate la maggior parte delle papille gustative.

Il nostro senso del gusto segue la vita evolutiva delle papille gustative che si perdono e si rigenerano ogni circa dieci giorni, per questo anche se le bruciamo con cibi bollenti, dopo un po’ i sapori tornano a farsi sentire.  Purtroppo con l’età questo meccanismo si deteriora e il numero di cellule sensoriali diminuisce nel corso del tempo ed ahimè anche la capacità di percepire i differenti gusti si affievolisce con l’età avanzata.

In bocca inizia il processo digestivo

Il senso del gusto è importante perché è l’anticamera del processo digestivo, fondamentale per la crescita e la vita di ogni organismo.
Quando introduciamo un cibo nella nostra bocca, le cellule sensoriali delle papille gustative inviano al cervello diverse informazioni che attivano risposte precise: se favorevoli, inizia la salivazione e la deglutizione che avvia il processo digestivo; se invece il gusto percepito viene associato a qualcosa che potrebbe farci male, come il senso di acido dei cibi andati a male o l’amaro di certe piante, ecco che si attiva un campanello di allarme che ci induce a rifiutare quel cibo.

Nei bambini, che fino ai cinque anni hanno le papille nuove, i gusti troppo forti e amari sono poco tollerati, e infatti i bambini adorano i cibi dolci e generalmente rifiutano le verdure. Non sono capricci, ma l’esito della storia dell’evoluzione umana e dunque un meccanismo di difesa della natura dal momento che i più piccoli non sono ancora in grado di distinguere ciò che fa bene o male all’organismo: dai 6 anni in poi cominciano ad abituarsi ai sapori più forti e il senso del gusto cambia.

Si può educare il senso del gusto?

La risposta è sì! Perché è stato dimostrato che la percezione dei gusti è fondamentalmente una questione di abitudine. In pratica si può indurre il nostro cervello a percepire il gusto in modo differente e l’aspetto semplicemente psicologico ha un notevole peso: un cibo “pubblicizzato” da una persona a noi cara o che ammiriamo, influirà positivamente sul gusto che percepiremo una volta che l’avremo assaggiato. E infatti questa è una strategia abbondantemente adoperata da chi fa campagne di marketing.
Al contrario se un cibo si associa a qualcosa di sgradevole, anche a livello di salute come durante gli attacchi influenzali, poi ci verrà difficile assumerlo se non “dimentichiamo” l’esperienza negativa associata. 

Dunque la buona notizia è che possiamo educare il nostro cervello ad accogliere i cibi in maniera benevola anche se il palato ovviamente li percepisce allo stesso modo: tutto è nella testa.
Così se vogliamo trarre il meglio dal sapore dei cibi, gustandoli nella maniera più naturale possibile, e ottenere grandi benefici per la salute, dobbiamo educare il nostro palato alle pietanze condite in maniera corretta e salutare.

Come fare ad educare il nostro senso del gusto.

Per prima cosa va rimosso l’eccesso di zucchero e sale dalla nostra dieta: l’impatto contro la salute di questi due alimenti alla lunga potrebbe risultare devastante per il nostro organismo, e il guaio è che questo avviene senza segni e sintomi che ci mettono in allerta. Fino a quando il danno è fatto!
Il secondo beneficio è in termini di riduzione della calorie, il che non è male! Quando ci abituiamo a gustare i cibi secondo il loro gusto naturale, cioè senza l’eccesso di olio, salse, condimenti di varia natura, diminuiremo il numero delle calorie e riscopriremmo i sapori secondo la loro peculiarità.

Come educare il gusto? Difficile da spiegare, ma facilissimo da fare: l’abbiamo detto, è solo una questione di abitudine. E allora abituiamoci ai nuovi sapori, semplicemente riducendo progressivamente l’uso degli alimenti che vogliamo evitare. Al principio il cibo sembrerà strano, le pietanze senza sapore, il caffè imbevibile, ma lentamente, nel giro di tre o quattro settimane, se abbiamo perseverato, la nostra percezione  cambierà e adoreremo il caffè amaro mentre ci sembreranno disgustosi gli alimenti zuccherati, e miracolosamente scopriremo il sapore autentico di cibi che pur avendo mangiato chissà quante volte, in realtà non avevamo mai gustato.

Saverio Schirò

Fonte immagini:
Cibo foto creata da timolina – it.freepik.com
Pixabay.com

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Disclaimer

I contenuti degli articoli, per quanto frutto di ricerche accurate, hanno uno scopo esclusivamente informativo e non sostituiscono in alcun modo l’intervento o l’opinione del medico o la sua diagnosi in relazione ai casi concreti. Tutte le terapie, i trattamenti ed i consigli di qualsiasi natura non devono essere utilizzati a scopo diagnostico o terapeutico per qualsiasi malattia o condizione psicofisica. Conseguentemente si consiglia in ogni caso di contattare il medico di fiducia.

Saverio Schirò
Saverio Schiròhttps://gruppo3millennio.altervista.org/
Appassionato di Scienza, di Arte, di Teologia e di tutto ciò che è espressione della genialità umana.

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