Tra le nostre conoscenze sugli antichi greci, una delle più curiose riguarda il Kottabos, antichissimo gioco alcolico inventato in Sicilia, ma conosciuto e praticato in tutta l’area d’influenza greca.
Ecco in cosa consisteva.
Le regole del gioco

Il gioco del Kottabos (dal greco antico κότταβος – coppa vuota) è uno dei giochi alcolici più antichi mai inventati. Consisteva nel colpire un bersaglio (di solito un piattino posto in cima ad un’asta) con le ultime gocce di vino che restavano sul fondo del bicchiere.
Oltre che nella distanza dal bersaglio, la difficoltà stava nel fatto che prima di lanciare le ultime gocce, era necessario aver bevuto il resto del vino dalla coppa (kylix), che in alcuni casi poteva arrivare alla capienza di 750ml (praticamente un’intera bottiglia), ovviamente a scapito della mira.
I giocatori, durante la convivialità dei simposi, si ponevano di solito in posizione reclinata sul lettino che era appunto chiamato Klìne, in cerchio attorno al bersaglio, costituito da un piattino metallico (plàstinx) posto in equilibrio su un’asta alta circa 1,80m.
Poi a turno iniziavano a lanciare le gocce di vino rimaste nei calici, adagiando la coppa sul retro del polso e facendo passare l’indice attraverso uno dei manici.
Il gesto del lancio, oltre a richiedere una certa perizia tecnica, veniva anche giudicato in base all’eleganza del movimento, che in parte scimmiottava la più nobile pratica del lancio del giavellotto.
Vinceva chi riusciva a far cadere il piattino metallico, che cadendo rumorosamente sul pavimento o su un altro piatto, causava un gran frastuono che tanto divertiva gli alticci spettatori e partecipanti.
Un’altra versione del Kottabos (decisamente più silenziosa), prevedeva invece l’uso di ciotole galleggianti al posto del piattello sull’asta. In questo caso i giocatori dovevano riuscire ad affondarle, sempre colpendole con ciò che rimaneva nei loro calici.

Cosa si vinceva?
I premi più comuni erano sciocchezze come dolcetti o frutti (solitamente mele). Nel mondo greco però si diffuse anche una variante di stampo erotico o sentimentale.
Il giocatore, prima di effettuare il lancio, poteva dedicarlo a qualcuno presente nella stanza, mostrando di fatto un interesse. In caso di successo il premio consisteva in un bacio della persona amata.
Così il gioco del Kottabos finiva per creare nuovi amori e inaspettati compagni di letto.
Si racconta che una parodia di questa dedica amorosa sia stata fatta in punto di morte dal politico e oratore Teramene, che dopo aver bevuto la cicuta lanciò le ultime gocce del bicchiere dedicandole al tiranno Crizia, che aveva emanato la sua condanna.
Questo gesto ha una valenza ancora maggiore se si considera che proprio Crizia era un grande appassionato del Kottabos, tanto da definirlo “la più grande invenzione dell’umanità”.
Le origini del Kottabos
Per quanto il Kottabos fosse diffuso e praticato in tutte le città greche, la sua invenzione si riconduce invece al popolo dei Siculi, che ne avevano fatto uno dei loro passatempi preferiti. Vista la sua enorme popolarità, anche le popolazioni greche di Sicilia (i sicelioti) iniziarono a praticarlo, per poi esportarlo ad Atene e nelle altre poleis del Mediterraneo.
Cosa dire? Evidentemente noi siciliani sapevamo bene come divertirci.
In questo video alcuni studenti della West Chester University, in Pennsylvania, si divertono a ricreare (più o meno fedelmente) il gioco nelle sue varianti.
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Fonti: G. Visconti – Il gioco del kottabos oltre i confini del simposio – Ostraka Anno XXII/XXIII – 2013-2014 – su Academia.edu
Wikipedia.org – Kottabos
Immagine di copertina: Kottabos di Anatolio Scifoni (particolare)