La Kalsa, che sorse nel X secolo sotto il dominio arabo da cui prende il nome al Khalisa, che significa la pura o l’eletta, è il primo quartiere costruito esternamente alle antiche mura, su un’area pianeggiante e in prossimità del porto e dell’arsenale, così da creare un altro polo difensivo e politico extra moenia, cioè al di fuori del vecchio centro.
Il quartiere conteneva al suo interno la cittadella fortificata dell’emiro, alla quale si accedeva per mezzo di quattro porte.
Durante il periodo medievale, la costruzione disorganica di case e palazzi al posto degli originari orti e giardini portò all’espansione della borgata, al punto da essere aggregata all’antico quartiere ebraico.
La borgata venne in seguito notevolmente trasformata, tanto che oggi non si conosce più l’antico circuito urbanistico, di cui purtroppo non rimane nessun reperto. Già a partire dalla dominazione normanna, infatti, furono abbattute le vecchie mura arabe e fu costruito il Castello a mare, in contrapposizione al vecchio castello, o palazzo Reale.
Il quartiere, un tempo estremamente degradato, ha visto però negli ultimi anni un rapido miglioramento.
Oggi la Kalsa rappresenta un quartiere popolare molto pittoresco, in cui si respira ancora l’antica cultura araba, avvolta da forti profumi speziati provenienti dai chioschi dislocati lungo la strada. Sembra davvero un paese a parte, dove è possibile incontrare donne abbigliate con vesti da camera e sedute su seggiole poste fuori dall’uscio delle proprie case, intente a ciarlare con le vicine, mentre un uomo abbanniando, cioè gridando, invita la gente alla riffa, la caratteristica lotteria che tra i vicoletti del rione, sorteggia ogni genere alimentare, soldi e oggi anche “gratta e vinci”.
Poco tempo fa, durante i tre mesi estivi, il comune organizzava nel quartiere un festival, chiamato Kals’art, che sino a tarda notte intratteneva il popolo palermitano, secondo un calendario di eventi, che prevedeva giornalmente concerti, mostre e rappresentazioni teatrali.
Abitata sin dalla sua origine dai pescatori della Cala e dalle donne kalsitane, note per essere delle brave ricamatrici, la Kalsa rimase per lunghi secoli, a causa della sua dislocazione, isolata dalla città medievale. Il braccio di mare, posto ad occidente del rione, e i rigogliosi orti della Magione, infatti, la emarginarono dalla vecchia città, trasformandola in un quartiere a sé, con le proprie abitudini e un proprio dialetto, frutto della commistione di due culture: araba e autoctona.
Ancora oggi, infatti, il dialetto avusitano o kalsitano sembra quasi una cantilena araba e risente di una leggera flessione, rispetto a quello parlato negli altri quartieri della città.
Tratto da: “La Palermo delle donne” Navarra editore, di Claudia Fucarino