La Pietra di Palermo e i suoi misteri non ancora risolti

La Pietra nera con la storia dell'Egitto dei faraoni

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Avete mai sentito parlare della Pietra di Palermo? Cosa è? Perché è importante? Quali misteri ancora nasconde? Perché, pure essendo custodita nel Museo archeologico Regionale ‘Antonio Salinas’ di Palermo,  è così sconosciuta proprio alla maggior parte dei palermitani?
Cercheremo adesso di rispondere a queste domande. Seguiteci… 

Cosa è la Pietra di Palermo?

Pietra di Palermo

La Pietra di Palermo è l’insieme di più pezzi di una grande lastra di basalto nera scritta in geroglifico su entrambi i lati: praticamente il più antico esempio di “annale regale” oggi conosciuto. Vi sono infatti riportati i nomi dei faraoni delle prime cinque dinastie (dal 3200 al 2350 a.C. circa), i principali eventi storici accaduti durante gli anni di regno e altre importantissime informazioni sulla civiltà egizia.

Il reperto conservato a Palermo è il più grande e meglio conservato dei sette frammenti finora identificati e per questo, ogni singolo pezzo viene denominato “Pietra di Palermo” indipendentemente dal luogo in cui è attualmente conservato (5 sono nel Museo Egizio del Cairo e uno al Petrie Museum di Londra).

Il frammento palermitano misura circa 43 cm di altezza, 25 di larghezza e 6,5 cm di spessore. Secondo gli archeologi, il pezzo dovrebbe appartenere ad una lastra molto più grande, circa 2 metri di larghezza e 60-100 cm di altezza, ed è “scritta” in geroglifico da entrambi i lati, caso unico nel suo genere, con caratteri piuttosto piccoli e oggi tanto consumati da rendere difficile la lettura, specialmente nella faccia posteriore.

Come Leggere la Pietra di Palermo

Per la lettura e l’interpretazione della Pietra di Palermo dobbiamo rendere merito all’egittologo Massimiliano Nuzzolo (Università Carlo IV di Praga) che insieme Kathryn Piquette e Mohamed Osman, stanno studiando il reperto come mai prima era stato fatto. Oltre ai tradizionali e ai moderni sistemi di ricerca archeologica, i tre studiosi si sono affidati ad una tecnica fotografica speciale per ottenere immagini leggibili dei segni ormai sbiaditi: la RTI, (Reflectance Transformation Imaging) che consiste nello scatto di foto ad altissima risoluzione variando la fonte e le angolature della luce.

L’iscrizione è divisa in fasce. La prima, in alto, descrive solo un elenco di 15 faraoni predinastici, senza nessun’altra indicazione: probabilmente si riferivano ad un periodo così antico che lo scriba non aveva altre informazioni a riguardo. Poi una serie di file divise da bande, riportano tutti i re dalla 1a alla 4a dinastia.
Ogni fila è divisa in anni da un segno simile ad una “f” rovesciata, dal momento che la scrittura egizia va da destra a sinistra. Nelle bande che separano le file, sono annotati i nomi dei regnanti e delle rispettive madri reali. Per ogni anno, in basso è riportato il livello del Nilo in piena mentre all’interno dello scomparto sono segnati gli episodi più salienti fino all’indicazione dell’anno solare in cui il re è morto.

Fascia e banda con i cartigli del faraone

Seguendo la “lettura” dall’alto in basso e poi nel retro, si può notare che le caselle aumentano sempre più di dimensione, perché i fatti riportati diventano via via più numerosi e questo si capisce perché il tempo limita i ricordi a fatti più salienti mentre il passato recente e il presente hanno impresso nello scriba vicende più vivide. 

Perché è così importante la Pietra di Palermo?

L’importanza della Pietra di Palermo è dovuta alle preziose informazioni che il monumento ci veicola dalla antichissima civiltà egizia. Pensate che è antica più di 4.000 anni e riporta minuziosamente indicazioni storiche relative ai primi 700 anni di vita egiziana: un vero tesoro per gli egittologi!
Oltre alla cronologia delle prime cinque dinastie egiziane (fino a circa al 2.350 a.C),  si trovano informazioni sulle principali celebrazioni religiose, sulla costruzione di templi e monumenti; dettagli dei traffici commerciali, delle principali attività agricole e informazioni sull’allevamento di bestiame… insomma un resoconto preciso non solo della vita regale, ma anche dell’economia e del quotidiano vivere.
Ora, tenendo conto che di moltissime di queste informazioni non ci sono riscontri archeologici, si capisce l’importanza di queste scoperte. Certamente molte notizie saranno inesatte, amplificate dal mito e dalle leggende, tuttavia la maggior parte hanno permesso agli egittologi di avere informazioni inedite, come quella dell’esistenza di un tempio dedicato al dio Sole e non ancora scoperto, i cosiddetti “Campi di RA”.

La Pietra di Palermo ed i misteri ancora non risolti

Ogni reperto archeologico è avvolto da numerose incognite che gli studiosi cercano di risolvere avvalendosi di tutti i mezzi che la scienza mette loro a disposizione. Lo stesso vale per la Pietra di Palermo che era stata donata al Museo Regionale, a quel tempo diretto da Antonio Salinas, nel 1877 dall’avvocato collezionista Ferdinando Gaudiano. Come quest’ultimo lo abbia avuto, però, non ci è dato saperlo.
Dopo una ventina d’anni di scarso interesse, la Pietra ha cominciato ad essere studiata approfonditamente dall’egittologo tedesco Johan Heinrich Schäfer nei primi anni del 1900.  
Non conosciamo il percorso che ha portato la Pietra a Palermo ma è un mistero più grande trovare il luogo dove era collocata originariamente la stele. Uno dei 7 frammenti è stato trovato nell’area archeologica di Menfi (gli altri 6 pezzi provengono dai mercati antiquari fiorenti dalla fine dell’800): per cui una ipotesi probabile è che la stele fosse situata in un tempio, appunto a Menfi o a Eliopoli, entrambe città nel basso Egitto. Ma non sappiamo dove era posta né quando e perché fosse stata distrutta. 

Un’altro mistero ancora insoluto è cosa fosse in realtà questo documento, a quale scopo era destinato. Per prima cosa dobbiamo immaginarla come una stele eretta da qualche parte, in modo da essere visibile dai due lati. E già questo è insolito perché le stele commemorative normalmente erano appese o murate nel tempio. Inoltre i caratteri geroglifici sono così piccoli da renderne difficoltosa la lettura per cui è possibile che esso sia stato piuttosto la copia di un documento trascritto su papiro, una copia tanto importante da usare un materiale così difficile da scolpire ma per questo particolarmente resistente e duraturo nel tempo. Un’ipotesi suggestiva è che lo stesso documento sia stato “redatto” in più copie dai sacerdoti non tanto per tramandare le gesta dei faraoni quanto la cronologia degli avvenimenti importanti da ricordare a imperitura memoria.
E non è tutto, resta ancora molto da scoprire a partire dalla decifrazione e traduzione dei geroglifici ancora da interpretare.

Valorizzare la Pietra di Palermo: ma come?

Abbiamo visto quanto è prezioso questo reperto e tuttavia sono pochi coloro che lo conoscono, per lo più studiosi, archeologi ed egittologi: pochissimi i palermitani. Viene da domandarsi il perché.

Collocazione della Pietra di Palermo Al Museo “Salinas”

Quando a Londra ho visitato il British Museum, intorno alla “stele di Rosetta” c’erano una folla di spettatori, al Museo Salinas di Palermo davanti alla teca che custodisce la Pietra di Palermo, non c’era nessuno.
Ora, dal punto di vista strettamente materiale tra i due reperti c’è poca differenza: entrambi sono due pietre di basalto nere, quella di Rosetta più grande riporta tre fasce minute di scritte quella di Palermo l’abbiamo vista. Il valore dunque risiede in quello che rappresentano. La stele di Rosetta è importantissima perché ci ha consentito di interpretare i geroglifici, ma anche la Pietra di Palermo lo è, per le informazioni importanti di cui molte inedite sulla civiltà egizia. Se pensiamo poi che la prima risale al 196 a.C mentre la seconda più di 2000 anni prima!
Ciò che rende famosa la stele di Rosetta è la conoscenza: tutti ne abbiamo sentito parlare, tutti l’abbiamo trovata citata nei libri di storia e di architettura. Della Pietra di Palermo nulla. Solo gli addetti ai lavori ne sono interessati.

Cosa fare allora per valorizzare questo reperto? Diffondere la sua conoscenza. A partire dalla sua collocazione così poco visibile: in una stanza insieme ad altri reperti variegati, dentro una teca di vetro troppo riflettente si può vedere solo la faccia anteriore e poi nessuna spiegazione particolareggiata, tranne i soliti testi di accompagnamento. Si potrebbe fare di più, dedicando spazi e mostre, visite guidate, spiegazioni dettagliate alle scolaresche, video animati, ricostruzioni e tutto quanto può essere utile ad accrescere la conoscenza di questo monumento ed il prestigio di possederlo nella nostra città.
Saverio Schirò

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Saverio Schirò
Saverio Schiròhttps://gruppo3millennio.altervista.org/
Appassionato di Scienza, di Arte, di Teologia e di tutto ciò che è espressione della genialità umana.

2 COMMENTI

  1. È un articolo bellissimo, complimenti e speriamo che questo reperto importantissimo sia conosciuto a molti ….io nel mio piccolo farò ciò che posso, ma penso che anche il museo debba fare una campagna di sensibilizzazione , con mostre e convegni e un degno allestimento dove magari rappresentare le immagini in 3 D dei pezzi della stele mancati …. un buon allestimento fa fa in modo di far rimanere in mente il bene visto e ciò produce il passa parola necessario alla pubblicità

    • Purtroppo più di una volta non ci siamo dimostrati all’altezza dei nostri beni museali. Francamente è difficile individuare un solo colpevole. La speranza è che impariamo a valorizzarli come meritano. La Pietra di Palermo ha aspettato migliaia di anni, adesso è ora di restituirle la sua vera importanza.

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