Li avevo sempre visti distrattamente lungo le vie del centro storico di Palermo, senza essermi mai chiesto il perché di queste pietre misteriose poste nei cantoni di certi palazzi nobiliari. Poi qualcuno in un Social li ha menzionati ed improvvisamente mi sono tornati alla memoria: e ricordavo di averne visti tanti di forme diverse, ora cilindriche con la sommità arrotondata, ora coniche addossate proprio nello spigolo dei palazzi, ma non solo. Perché ne esistono anche ai lati dei grandi portoni di certi edifici, lungo le facciate o semplicemente allineate per delimitare un tratto di strada.
Come si chiamano e a cosa servono queste pietre?
Non sapevo se queste pietre avessero un nome specifico e dopo qualche ricerca ho scoperto che si chiamano paracarri, come definito nel vocabolario:
“Elemento di pietra naturale avente la base parallelepipeda interrata e la parte superiore troncoconica sporgente per circa mezzo metro sopra il piano viabile, che veniva disposto lungo i bordi delle strade extraurbane per impedire ai carri di invadere le banchine laterali […] Anche, blocco di pietra variamente sagomato, disposto nelle strade dei vecchi centri abitati, lungo i basamenti di edifici importanti, specialmente in corrispondenza degli angoli o ai lati dei passi carrabili, per proteggere le murature dagli urti, un tempo dei carri e oggi dei veicoli”. (Treccani.it)
Ecco spiegato anche lo scopo di queste pietre! Le troviamo in città da parecchi secoli, per lo più a protezione degli spigoli dei palazzi nobiliari, per evitare che le carrozze svoltando nelle strette strade del centro potessero danneggiare il cantone (è così che si chiama lo spigolo!); oppure nei bordi dei passi carrabili per proteggere gli stipiti dei portoni quando i calessi rientravano nei cortili dei grandi palazzi.
Lungo le strade, questi paracarri venivano collocati anche a protezione dei pedoni per delimitare percorsi sicuri o consentire loro di avere un riparo dalle carrozze nelle vie troppo strette. Ed ancora oggi vengono utilizzati per i medesimi scopi.
La maggior parte di essi sono in pietra, lavorata dagli scalpellini per dar loro una certa forma architettonica, per renderli piacevoli alla vista. Alcuni presentano una cornice sporgente proprio sotto la cupola arrotondata, altri addirittura lo stemma del casato, mentre in certe parti d’Europa ce ne sono alcuni realizzati come vere e proprie opere scultoree. Ce ne sono a forma di palla, sempre in pietra, mentre altrove se ne trovano anche in metallo. La maggior parte, comunque sono semplici blocchi di pietra più o meno squadrata e “martellati” per arrotondarne la forma, con la base, di solito parallelepipeda, interrata tanto da lasciare al di fuori del piano stradale circa mezzo metro o più.
Oggi ne esistono ancora in molte parti d’Italia e d’Europa, soprattutto in zone di campagna dove una volta erano piuttosto numerosi e delimitavano la strada in corrispondenza di piccoli viadotti, appunto per evitare che i carri potessero travalicare la strada.
In città la maggior parte è stata rimossa per evitare incidenti alle automobili che hanno sostituito le carrozze: dopotutto una cosa era danneggiare una ruota di carro, un’altra è rovinare la carrozzeria di un’automobile!
Alcune curiosità sui paracarri
Il nome è paracarro, lo abbiamo detto, ma altrove vengono chiamati anche scansaruote, cantoni o parafacciate, anche se sono nomi impropri così come è sbagliato identificare come paracarro il guard rail e tutti i dispositivi muniti di catarifrangente che sulle strade extraurbane hanno lo scopo di limitare la carreggiata.
In realtà, i “canti” o “cantoni” sono proprio gli spigoli dei palazzi. A Palermo abbiamo i famosi “Quattro Canti” che è la piazza storica della città, dove al posto degli spigoli del quadrivio sono state realizzate imponenti opere d’arte. Ma esiste anche il gioco dei quattro cantoni e soprattutto alcuni detti popolari che fanno riferimento proprio a questi spigoli: prendere una cantonata, nel senso di commettere un errore grossolano si riferisce proprio all’incidente di una carrozza che svoltando colpisce e danneggia lo spigolo del palazzo.
A Palermo, il detto esiste con lo stesso significato: “Pigghiari na cantunera i pettu” (prendere di petto significa colpire accidentalmente) ma è divertente se pensiamo che il passaggio di una donna straordinariamente bella, si dice che “fa cariri i cantunera!” (cadere i cantoni), e immagino che il riferimento sia al vetturino che girandosi ad ammirare la ragazza si distrae e con la carrozza prende di petto lo spigolo facendolo crollare.
Saverio Schirò