Parlare di libertà sessuale del popolo siciliano, da tutti riconosciuto come uno dei più gelosi, sembra davvero strano. Tuttavia sono così tanti i cronisti stranieri che hanno frequentato Palermo nel ‘700 e riferiscono, fra lo stupore e l’ironia, che «Il tenore di vita è libero e piacevole, più leggiadro per le nubili, le quali in tutto il resto d’Italia non compariscono mai. Qui non si guarda più di tanto alla età acconcia a prender parte ai piaceri del mondo».
La grande tentatrice è la Francia che detta legge con la sua indole modaiola, le sue galanterie, i costumi libertini. Dalla Francia giungevano libri, illustrazioni e oggetti licenziosi che circolavano sottobanco tra gli esponenti delle classi più elevate e per imitazione in quelle medio-borghesi.
Le autorità ecclesiastiche vigilavano sui costumi dei loro fedeli, quelle civili sulla merce di contrabbando che arrivava al porto di Palermo: ma si sa, a certe tentazioni non si può porre freno. E così le cronache riportano i roghi di un non meglio specificato numero di ventagli decorati con figure “che facevano arrossire anche i libertini” o illustrazioni che erano il “colmo della sconcezza”.
Gli oggetti si potevano bruciare ma per i costumi non c’era rimedio. E quelli di Palermo erano “spligliatissimi” diremmo oggi, rispetto al resto dell’Italia. Atteggiamenti che a parole scandalizzavano i viaggiatori stranieri, ma sotto sotto li attiravano per le opportunità di avventure galanti che la nostra terra prometteva.
Oggi sembra impossibile immaginarlo, ma a quanto pare le ragazze di Palermo avevano molta più libertà delle coetanee nel resto d’Italia: nel Continente le mamme conducevano le figliole in Società alla ricerca di un buon partito da maritare ma poi non concedevano nessuna dimestichezza ai fidanzati prima del matrimonio. A Palermo, invece, le signorine erano libere di “crescere e maturare lontano dai fianchi delle mamme”.
Ovviamente tali concessioni venivano guardate con maldicenza dai visitatori stranieri: i mariti rimproverati di “essersi spogliati della vecchia gelosia”; i genitori accusati di avere tralasciato l’educazione delle ragazze; e queste ultime, lasciate libere di accedere così precocemente ai piaceri mondani, finivano per contrarre prematuri matrimoni che le rendevano mogli a quattordici anni e nonne a trenta!
Le cronache mondane hanno svelato le brame adulterine di notabili importanti nella Palermo del 700, ma una certa libertà sessuale era diffusa in larga parte della popolazione.
Il luogo ideale per dare sfogo alle inclinazioni libertine era a quel tempo la passeggiata della Marina: luogo di incontro delle classi nobili e meno nobili che nelle sere d’estate frequentavano il lungomare cittadino.
Il palchetto della musica non era stato ancora costruito (sarà realizzato solo nel 1846) ma uno spazio era dedicato ai concerti che iniziavano a mezzanotte e terminavano intorno alle due di notte: qualcuno rimaneva ad ascoltare i virtuosismi dei musicanti ma i più si godevano il fresco della brezza marina. Ora, a quel tempo nella Marina non esistevano ancora lampioni e le carrozze e le sedie volanti lasciavano a Porta Felice i loro passeggeri i quali continuavano a piedi la loro passeggiata nell’oscurità interrotta solamente dalla luce lunare.
Questa oscurità ha alimentato le tante scandalistiche dicerie di Porta Felice, giacché se era una consuetudine tollerata che i mariti potessero circolare senza le loro mogli, neppure a queste era impedito di godere del fresco nel lungomare. Addirittura qualcuno malignamente sostiene che molte vi si recavano mascherate! Mascherate perché? Ognuno la pensi come vuole, ma le malelingue sostengono che era per nascondersi nel compiere lo loro abitudini licenziose.
Quanto sia vero tutto questo non è dato saperlo, tuttavia le testimonianze dei visitatori della città sono davvero numerose.
Per tutte citiamo quella dell’abate De Saint-Non, viaggiatore e scrittore francese che visitò la Sicilia in quel periodo e parla della passeggiata alla Marina come un luogo «dove nessun palermitano rinuncia a fare un giro prima di andare a letto… un sito privilegiato con indulgenza plenaria per tutto quel che vi avviene, e pare che i Siciliani abbiano dimenticato a tal punto la loro naturale gelosia da proibire le fiaccole e tutto ciò che possa recare incomodo alle piccole libertà clandestine» … e dal momento che tutti approfittano di questa situazione, “mutu tu e mutu io” diremmo oggi, cessano le mormorazioni e le gelosie, e nell’oscurità più misteriosa «tutti vi si confondono e smarriscono, tutti vi si cercano e vi si trovano».
Sono solo maldicenze? Purtroppo pare proprio di no se oltre ai testimoni leggiamo le lamentele composte ma amare dell’abate Giovanni Meli, medico e poeta palermitano che studiò con serietà l’epoca in cui visse e tramandò in poesia anche i cattivi costumi dei suoi contemporanei: la misteriosa trasparenza dei veli al collo delle ragazze… la provocante evidenza del seno delle donne sposate… le occhiate furtive delle monachelle al fremito spudorato delle donne mondane.
Ebbene che dire? Gli scandali altolocati non sono mai mancati ma probabilmente poco influenzavano il popolo comune tanto che la gelosia del popolo siciliano fu così esacerbata nei secoli seguenti tanto da tollerare con indulgenza persino il delitto d’onore. Ma questa sarà un’altra storia.
Saverio Schirò
Fonte: G.PITRÈ, La vita in Palermo cento e più anni fa, vol II, Firenze 1950
Riferimenti bibliografici citati dal Pitrè
- Brydone, A tour through Sicily a. Malta, lett. XXV. London, 1773-76.
- Meli, poesie.
- Goethe, Italienische Reise, lett. 13-14 Aprile 1787.
- De Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, t. IV, pp. 144- 48. Paris, 1784.
- Houel, Voyage pittoresque des îles de Sicile, de Malte et de Lipari, t. I, pp. 72-73. Paris, 1782.
- Hager, Gemälde von Palermo,
- Creuzé de Lesser, Voyage en Italie et en Sicile, p. 107. A Paris, MDCCCVI.
- Villabianca, Diario ined., a. 1798, p. 412.
- Lettres sur la Sicile par un Voyageur italien à un de ses amis. Amsterdam, MDCCLXXVIII.
- Bartels, Briefe über Kalabrien und Sizilien.