La Chiesa di S. Caterina d’Alessandria di Piazza Bellini è annessa all’omonimo Monastero di Clausura dell’Ordine Domenicano ed è uno dei monumenti più significativi del Barocco Siciliano del XVIII secolo. Protagonista del luogo e del tempo è la Donna, da sempre femmina, madre e sposa, oltre che fonte di amore, speranza e coraggio per se stessa e per gli altri. Dal ricco apparato decorativo della chiesa emergono, trionfanti, sei statue di donne regali e comuni, che si sono fatte onore con il loro credo.
Prima, infatti, di diventare Sante e Beate, esse sono state figlie, mogli e sorelle, ma sono state anche bambine e giovanette, cresciute vezzeggiate dai loro familiari, ed infine Prescelte dal Signore.
Le statue in marmo bianco, disposte lungo le pareti laterali della navata centrale della Chiesa, sono poste ad un’altezza tale da sovrastare i fedeli, risultando però ben visibili dal matroneo. Di esse non si conoscono gli esecutori, tranne per quanto riguarda la statua della Beata Clara, attribuita allo scultore Giovan Battista Ragusa. La maggior parte delle statue sono state identificate per le iscrizioni poste ai piedi, per l’iconografia e gli attributi. Al primo ingresso in chiesa, le donne marmoree appariranno tutte nella loro interezza e maestosità, e ad un primo sguardo sembrerebbe che tra loro non esista alcuna legge sociale. In effetti, però, le statue sono disposte in ordine di rango: sul lato sinistro si trovano le Beate, di alto rango, che hanno scelto di diventare suore abbandonando i privilegi regali. Esse s’identificano dalle Corone dorate poste sul capo, simbolo di santità e regalità, e dalle aquile ai piedi, simbolo di rinuncia al potere terreno, per sottomettersi al potere divino. In ordine elenchiamo:
Beata Chiara o Sancia di Maiorca, che viene raffigurata mentre regge con una mano un’urna mentre con l’altra preme sul petto, in atto di devozione. Chiara, principessa del regno di Maiorca, il 17 giugno 1304 viene impalmata in seconde nozze da Roberto D’Angiò, erede al trono e destinato a diventare, nel 1309, re del Regno delle Due Sicilie. Alla morte del marito, avvenuta nel 1343, la donna decise di lasciare gli onori ed i fasti della corte per ritirarsi in convento. Donna pia e devota, sostenne l’edificazione del monastero di Santa Chiara di Napoli dove, nel 1344, prese i voti con il nome di Suor Chiara. Morì in odore di santità, il 28 luglio 1345.
Beata Margherita di Ungheria, rappresentata con in braccio la croce della Passione, simbolo della sua dedizione alla sofferenza. Sotto il piedistallo è presente l’aquila trionfale che tiene fra gli artigli il serpente, simbolo di eresia. La donna, figlia di re Bela IV, sovrano d’Ungheria, venne sin dalla nascita consacrata a Dio in nome della salvezza politica del regno. Segnata da questo destino, Margherita, a soli tre anni, entra nel convento domenicano di Santa Caterina, a Veszprem, dove vi rimarrà fino ai 12 anni, cioè fino a quando il padre le fa costruire il convento di San Nicola a Buda, sul fiume Danubio. Qui prese il velo nel 1261, deponendo la sua corona. Margherita ricevette il dono delle visioni e alla sua morte, avvenuta nel 1270, il suo corpo ormai consunto acquistò una luce celestiale. Le sue reliquie andarono perdute ma la sua figura mistica è ancor oggi venerata in tutta Europa.
Beata Giovanna del Portogallo, raffigurata con in mano una corona di sterpi spinosi, mentre l’aquila sotto il suo piedistallo tiene tra gli artigli lo scettro del potere, a sottolineare la sua rinuncia. Figlia di Alfonso V, re del Portogallo e nipote di re Ferdinando, sovrano d’Aragona e di Sicilia, all’età di tre anni, restò orfana di madre. Affidata alla zia, Filippa di Coimbra, andrà a vivere nel convento di Odivelas, avvicinandosi così alla vita monastica e prediligendo l’umiltà e il sacrificio. Nel 1472, verrà ordinata suora nel convento domenicano di Aveiro, e morirà a soli 38 anni, nel giorno che lei stessa aveva predetto. La statua della Beata Giovanna del Portogallo chiude la triade delle Regine che lasciano la corona regale per dar spazio, nel lato destro della navata, alle divine dell’umiltà che per fede hanno abbracciato la vita monastica.
In ordine ricordiamo: Santa Agnese di Montepulciano cinta dell’aureola sacra, rappresentata eretta e a piedi scalzi, con un agnellino lanuto che sbuca da sotto un braccio. Ella nacque a Grassano, nei pressi di Montepulciano, da una famiglia benestante. Sin da piccola manifestò un’inclinazione per la preghiera e la vita claustrale, tanto che ad appena nove anni entrò nel convento di Montepulciano. In convento si dedicò alla meditazione, alla preghiera e al sacrificio, conducendo una vita di privazioni. A soli quindici anni divenne la Superiora del monastero di Proceno, vicino Orvieto. Ricevette il dono delle visioni e fu oggetto di alcuni fenomeni divinatori come la levitazione o la caduta a pioggia di manna. In seguito fondò il monastero e la chiesa dedicata a Santa Maria Novella e abbracciò l’abito e la regola dell’Ordine Domenicano dei Predicatori. Agnese morì nell’aprile del 1317: il suo corpo rimase intatto come imbalsamato e la Santa continuò ad essere l’artefice di miracoli e guarigioni anche dopo il suo trapasso.
Santa Caterina da Siena, la patrona d’Italia, raffigurata in atto contemplativo mentre tiene, nelle mani piagate dalle stimmate, il suo cuore devoto. Caterina, nata a Siena, all’età di sei anni ricevette la prima visione mistica: all’interno della Chiesa di San Domenico a Siena, vide Gesù Cristo seduto in trono con gli apostoli e i santi Pietro e Paolo. Da quel momento dedicò la sua vita a Cristo e quando i genitori decisero di darla in sposa, lei si rifiutò ed entrò nell’Ordine Terziario Domenicano delle Sorelle della Penitenza. Morì a soli 33 anni, dopo aver condotto una vita di stenti e privazioni ma anche di grandi impegni sociali, spirituali e mistici che la consacrarono Ambasciatrice di Pace.
Santa Caterina de’ Ricci, rimasta orfana di madre ad appena sei anni, entrò nel convento di San Pietro in Monticelli a Firenze per iniziare la sua istruzione. Mostrando sin da subito la predisposizione alla meditazione della Passione, entrò dodicenne nel Monastero domenicano di San Vincenzo di Prato e prese il nome di Caterina. Nel 1542, Caterina ebbe la prima estasi della Passione, fenomeno mistico che si ripeté settimanalmente per dodici anni, periodo durante il quale ella riviveva le sofferenze di Cristo durante il Calvario, in comunione spirituale con la Vergine. Fu oggetto di studio da parte della Chiesa, che ne riconobbe l’autenticità. Da Cristo ricevette l’anello dello sposalizio mistico, le stimmate e le sofferenze della corona di spine. Le sue spoglie mortali riposano nella chiesa del Monastero di San Vincenzo a Prato. La statua della Santa non è stata sinora ben identificata da alcuno. Una possibile attribuzione è stata avanzata solo in base agli attributi iconografici. La figura è rivolta di fianco verso l’altare, con gli occhi abbassati in segno di devozione e sottomissione; tra le braccia regge la grande Croce, simbolo della Passione, mentre tra le mani stringe l’eucaristia, a significare la partecipazione, in unione con Cristo, al suo sacrificio per il bene dell’umanità.
Grazia Bellardita
Tratto da: La Palermo delle donne di Claudia Fucarino
Foto e opera di copertina: Silvia Salvadori