Mondello, da palude a paradiso ritrovato

Tutti a Palermo conoscono Mondello, eppure non tutti sanno che dove oggi sorge una splendida spiaggia, un tempo esisteva una vasta palude.

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Sembra strano vedendola oggi, ma la borgata di Mondello, una delle zone più famose di Palermo, fino all’inizio del secolo scorso si presentava in modo molto diverso. Tutta la zona, infatti, era nota per essere sede di una grande palude mefitica, caratterizzata da vasti acquitrini e un elevato rischio di contrarre la malaria.

Come ha fatto a diventare il polo balneare e turistico che conosciamo oggi?

Per raccontare questa storia dobbiamo tornare indietro di svariati millenni, quando questa zona era abitata da tribù primitive, di cui purtroppo sappiamo ben poco, ma che hanno lasciato delle testimonianze inestimabili del loro passaggio, i graffiti rupestri delle grotte dell’Addaura e di Capo Gallo.

Probabilmente proprio in queste grotte si stabilirono anche le prime comunità puniche, prima di fondare quella che oggi è la nostra Palermo. A quell’epoca, la zona di Mondello era particolarmente fertile e rigogliosa. Qui infatti confluivano tutti i corsi d’acqua dolce provenienti dai monti circostanti, formando una vasta insenatura che arrivava a lambire l’odierna borgata di Partanna.

Il golfo di MondelloIl golfo era così profondo da diventare un approdo strategico per la flotta di Annibale Barca, durante la Campagna di Sicilia nella Prima guerra punica (247 a.C.). Da qui il generale cartaginese conquistò il Monte Pellegrino, facendone una fortezza inespugnabile per oltre 3 anni, prima di proseguire la sua conquista verso est.

Nei secoli successivi, in epoca romana, l’espansione della città fece crescere la richiesta di terre in cui produrre cibo, nonché di legname per costruire edifici ed imbarcazioni. Questo bisogno causò una massiccia opera di disboscamento delle zone circostanti, che causò un progressivo riversamento di detriti verso il mare mediante i numerosi corsi d’acqua che sfociavano proprio in quel golfo.
Col passare degli anni l’accumulo di detriti fece sì che le acque non potessero più versarsi liberamente in mare, formando così la vasta palude che ha caratterizzato la zona fino agli inizi del ‘900.

Durante la dominazione araba, Mondello era nota con il nome di Marsa ‘at Tin, ovvero Porto del Fango. Nonostante la zona avesse perso la sua antica fertilità, in questo periodo qui sorse il primo villaggio di pescatori, mentre in prossimità del mare nell’attuale Valdesi, vi fu impiantata una piccola salina per rifornire Palermo del prezioso alimento bianco.

A partire dal XV secolo il piccolo villaggio crebbe notevolmente in grandezza e popolosità. Numerose coltivazioni di orti e vigneti furono impiantate nel Piano del Gallo e nuove tecniche di pesca fecero di Mondello un piccolo polo commerciale, reso ancora più importante dalla nascita della tonnara nel 1455.
Delle torri di avvistamento furono costruite per proteggere la zona dalle invasioni dei corsari dal Nord Africa, conferendo a Mondello anche un ruolo rilevante nella difesa della costa Nord-Orientale della Sicilia.

In tutto questo l’attuale area di Valdesi continuava ad essere il malsano pantano di sempre. La malaria mieteva vittime tra gli abitanti della zona e gli acquitrini impedivano l’espansione della borgata e l’impianto delle ville nobiliari, che nel frattempo iniziavano a colonizzare la vicina Piana dei Colli.

Ferdinando IV di Borbone

La svolta arrivò quando alla fine del ‘700 Ferdinando IV di Borbone si stabilì a Palermo (nella vicina Palazzina Cinese) e la Palude di Mondello fu annessa al Parco della Favorita, in cui il re amava trascorrere le giornate cacciando. In questo periodo iniziarono le prime opere di bonifica, con la costruzione di canali in muratura per l’acqua dolce e una grande diga di sabbia e pietre per impedire al mare di allagare i terreni limitrofi, specie durante le mareggiate. Quest’ultima fu costruita grazie ad un cantiere lungo 4 mesi e mediante l’utilizzo di 300 prigionieri condannati ai lavori forzati.

Nonostante i grandi sforzi, queste opere non risolsero il problema e le polle d’acqua continuavano a riaffiorare in posti nuovi, vanificando i lavori fatti e continuando a far proliferare la malaria.
Ci vollero quasi 100 anni perché il problema fosse definitivamente risolto. Nel 1889, dopo anni di studi, venne approvato il definitivo progetto di bonifica, consistente nell’intercettazione delle acque in un grande canale situato a monte della zona.
La duna di sabbia venne così smantellata e i canali borbonici riempiti, trasformando la zona in una nuova area da colonizzare.

stabilimento balneare di MondelloCosì questo paradiso ritrovato divenne terreno fertile per l’imprenditoria internazionale. Nel 1910 una società italo-belga denominata Les Tramways de Palerme ottenne in concessione 280 ettari di terreni bonificati con lo scopo di farne una località turistica di lusso. I lavori iniziarono bene, con la costruzione dello splendido stabilimento balneare in stile liberty che tutt’oggi possiamo ammirare. Tuttavia lo scoppio delle due guerre mondiali cambiò gli scenari economici europei, costringendo la società a rivedere i suoi piani iniziali, che prevedevano la costruzione di una linea tranviaria, di hotel di lusso, di una cattedrale e di altre strutture ricettive e ricreative.

Nel 1933 la stessa società italo-belga, che intanto aveva cambiato nome in “Mondello Immobiliare Italo Belga”, ottenne in concessione anche la spiaggia, che continua a gestire ancora oggi.

Ed è così che un luogo pericoloso e inospitale divenne una delle attrazioni turistiche di Palermo, nonché la spiaggia più frequentata dai cittadini.

Fonti: Wikipedia.org
Lelia Collura – Mondello Web – Dalla Malaria alla Borgata
Albaria.com

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Samuele Schirò
Samuele Schirò
Direttore responsabile e redattore di Palermoviva. Amo Palermo per la sua storia e cultura millenaria.

2 COMMENTI

  1. Spiace molto osservare che in questa ricostruzione della storia di Mondello sia stata ignorata la figura dell’Ingegner Luigi Scaglia che fu il primo a disegnare un progetto di bonifica della palude di Mondello e trasformazione in una stazione turistica sul modello di quelle europee (Lido di Venezia, Southport, Cannes, Nizza) con un Grand hotel, un kursaal, e uno stabilimento balneare forte di cinquecento camerini. E tutt’attorno trecento villini, una chiesa, i collegamenti tramviari, gli allacci idrici, elettrici e fognari. Il progetto venne proposto senza successo alle autorità cittadine nel 1906; inspiegabilmente, dopo cinque anni il Comune stipulò una convenzione con la società belga Les Tramways de Palerme che realizzò le opere sul modello di quanto progettato da Scaglia. La gravità del plagio trova mirabile sintesi nel titolo del documentatissimo libro sulla vicenda: “Il sogno rubato” di Giuseppina Leone. Ne consiglio la lettura.

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