Sembra strano a dirsi, ma anticamente le ghiande erano un alimento molto comune in Sicilia, così come in tutto il sud Italia. Soprattutto nei periodi di magra, quando era difficile reperire fonti energetiche più comuni come i cereali, non era raro ricorrere agli abbondanti frutti della quercia per farne farine da utilizzare per panificare, o come ingrediente per altre ricette contadine.
Perché allora oggi non si usano più?
L’uso in cucina
Le ghiande in cucina erano un tempo popolari soprattutto nelle zone boschive della Sicilia, dove si trovavano le querce, sulle quali cresce abbondante questo piccolo frutto. Nonostante si tratti di un alimento molto interessante dal punto di vista nutrizionale, ricco di grassi e carboidrati, oggi è consumato soltanto dagli animali selvatici, soprattutto cinghiali, uccelli e roditori, e utilizzato dall’uomo prevalentemente come mangime, soprattutto per l’alimentazione dei maiali.
Il motivo è molto semplice. Al naturale, le ghiande sono uno degli alimenti più ricchi di tannini, il che le rende molto amare da mangiare ed estremamente difficili da digerire per l’uomo, visto che a differenza di molti animali non disponiamo degli enzimi adatti.
Dunque il consumo di questi frutti richiedeva dei lunghi processi di lavorazione necessari a renderli gradevoli e commestibili.
Le ghiande venivano innanzitutto lavate abbondantemente, poi venivano “lisciviate”, ovvero bollite più e più volte, eliminando via via tutta l’acqua di cottura finché non fosse diventata completamente trasparente. Poi una volta asciutte, queste venivano tostate e infine macinate. La farina di ghiande veniva così utilizzata per la preparazione di pane e altri prodotti da forno, talvolta mescolata insieme ad altre farine più “nobili”.
Il processo dunque era tutt’altro che semplice, tuttavia il consumo di ghiande è noto sin dall’antica Grecia, soprattutto tra le classi più povere della popolazione oppure nei periodi di carestia.
Il “caffè di ghiande”
Un altro uso comune delle ghiande, utilizzato probabilmente da diversi secoli ma tornato prepotentemente in auge durante la seconda guerra mondiale, quando gli alimenti come il caffè erano praticamente introvabili, era la preparazione della cosiddetta ciofeca.
Si trattava di una bevanda molto aromatica, fatta dall’infusione delle ghiande, secondo un procedimento non molto diverso da quello utilizzato per il moderno caffè.
I frutti della quercia in questo caso venivano “atturrate”, ovvero tostate nell’atturraturi, una speciale pentola per la torrefazione casalinga. Poi venivano macinate finemente e infuse in acqua bollente utilizzando una ciucculattera, antenata della più moderna moka.
Il risultato era un liquido di colore scuro, non molto diverso dal caffè nell’aspetto, ma con un sapore del tutto unico, anche se non pessimo, come molti potrebbero immaginare. Il termine ciofeca infatti è entrato nel vocabolario odierno con un’accezione negativa, come sinonimo di schifezza, tuttavia non è sempre stato così, anzi, si dice che i veri cultori della ciofeca sapessero come scegliere e miscelare le ghiande migliori, in modo da ottenere un prodotto finale di ottima qualità.
Sull’etimologia del termine ciofeca esistono diverse scuole di pensiero. Alcune fonti lo riconducono all’arabo Šafek, tradotto come “bevanda poco energetica”, altre invece dicono che il termine provenga dallo spagnolo Chufa (in italiano zigolo dolce), un piccolo tubero utilizzato soprattutto nel sud della Spagna per la produzione di bevande, tra cui anche un surrogato di caffè.
Insomma le ghiande, nonostante richiedano un processo di lavorazione abbastanza complesso, in più di un’occasione sono state un’importante fonte nutritiva per i siciliani, soprattutto nelle zone delle Madonie e dei Nebrodi.
Chissà che nel prossimo futuro le proprietà di questo alimento dimenticato non vengano finalmente riscoperte ed apprezzate nelle nostre cucine.
Leggi anche: Zorbi, ricordo di un frutto dimenticato
Fonti: G. Mancini – Ghiande in cucina: un trend che ama la natura e che ci piace un sacco – Misya
Scusa, ma le ghiande si possono mangiare? – Bosco di Gretel
A. Creta – Questo caffè è una ciofeca… – Cookist
A. Strafile – Ciofeca: La bevanda antenata del caffè – Vice
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