La Chiesa di San Domenico

La storia di questo edificio religioso si intreccia con la storia stessa della città divenendo sin dal suo primo sorgere, uno dei più importanti elementi costitutivi, tanto da condizionare la vita di Palermo e dei suoi cittadini

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La chiesa di San Domenico, sita nell’omonima piazza (l’antico Piano Imperiale) che domina come una maestosa regina, per dimensioni, importanza storica, culturale e religiosa viene subito dopo la Cattedrale.
Sicuramente è una delle chiese più amate dai palermitani, anche perché consacrata a “Pantheon degli uomini illustri di Sicilia”. Inoltre è considerata la chiesa simbolo della lotta alla mafia.

 

La storia della chiesa di San Domenico

La chiesa di San Domenico è stata costruita per ben tre volte nello stesso luogo, anche se le notizie relative alle prime due sono piuttosto lacunose. La primitiva fabbrica risale all’ultimo scorcio del XIII secolo, poco tempo dopo che i “frati predicatori” si erano insediati a Palermo (l’ordine dei domenicani era presente nella capitale dell’isola sin dal 1221) su un terreno situato “extra moenia” (fuori dalle mura cittadine) donato dalle nobili famiglie Santa Flora e Mastrantonio, dove già sorgeva una piccola chiesa dedicata a S.Orsola.
Successivamente, in epoca rinascimentale, tra il 1458 e il 1480, visto il notevole flusso di fedeli i Padri deliberarono di riconfigurare e ampliare completamente la fabbrica e, con il patrocinio dell’Arcivescovo Simone di Bologna, affidarono il progetto all’architetto laico domenicano frà Salvo Cassetta Doza: di questa seconda edificazione restano oggi soltanto pochissime tracce architettoniche e alcune opere d’arte.
Infine nel 1640, il tempio viene abbattuto e riedificato con l’approvazione del cardinale Giannettino Doria arcivescovo di Palermo: il 2 di febbraio si celebrò la solenne cerimonia della posa della prima pietra con il collocamento della tradizionale cassa contenente l’epitaffio, presenti, oltre all’arcivescovo, il Procuratore Generale Nicolò Ridolfi, il pretore Nicolò Valdina e tutto il senato cittadino. La realizzazione del progetto fu affidata in un primo momento all’architetto domenicano Andrea Cirrincione e successivamente al più esperto architetto del senato Vincenzo Tedeschi che apportò importanti modifiche al progetto base del Cirrincione, il cui ruolo sembrerebbe limitato soltanto alla gestione delle fasi preliminari del cantiere, che sacrificò l’intera ala meridionale dell’antico convento e conferì alla chiesa le odierne forme in cui serpeggia tutta la creatività barocca.

L’Architettura della chiesa di San Domenico

La maggior parte delle opere furono definite nel XVII secolo tranne l’imponente ed armonica facciata color ocra e bianco completata nel 1726, modificandone il disegno originale del Cirrincione, dal domenicano Tommaso Maria Napoli (proggettista nel 1724 della Piazza). Il prospetto, secondo uno schema tipico dell’architettura barocca romana, si articola su tre ordini di livelli ed è scandita da dodici colonne in marmo di Billiemi disposte a coppie. In quello inferiore si aprono tre portali d’ingresso delimitati da quattro coppie di colonne in stile dorico, di cui quello centrale, più grande degli altri, è sormontato dallo stemma dell’ordine domenicano (un cane con la fiaccola in bocca con la montagna e la stella sullo sfondo”) e da un cartiglio con il loro motto (Ordo fratrum praedicatorum fidelis Domino). Nel secondo ordine campeggiano quattro statue in stucco di papi domenicani (InnocenzoV, PioV, Benedetto XI e BenedettoXIII), e altre due inserite entro delle nicchie, che raffigurano San Tommaso d’Aquino e San Pietro Martire: autore di queste opere fu Giovan Maria Serpotta nipote del grande maestro Giacomo.
Al centro, incorniciato da due coppie di colonne corinzie, presenta un finestrone dove all’apice, dentro una cornice in stucco, troviamo scritto un verso biblico del profeta Malachia: “Lex veritatis fuit in ore ejus” (la verità della Legge era nella sua bocca).
Nell’ultimo livello risalta al centro del frontone la statua di San Domenico di Guzman, fondatore dell’ordine religioso. Alle estremità della facciata due svettanti e fantasiosi campanili simmetrici (realizzati in tempi diversi dagli architetti Andrea Palma e Lorenzo Olivier) con alte cuspidi riccamente decorate ne slanciano la figura e ne accentuano la monumentalità.

L’Interno della chiesa di San Domenico

Interno chiesa di San Domenico

L’interno, una maestosa aula, presenta un impianto a croce latina con cappelle parietali poco profonde e lieve transetto, caratterizzata da tre ampie navate ripartite da sedici possenti colonne di ordine tuscanico che sorreggono quattordici grandi arcate a tutto sesto, sette per ogni fianco: il tutto armoniosamente in equilibrio.
Nelle navate minori si aprono splendide cappelle, quasi tutte un tempo sotto il patrocinio di nobili famiglie, che ospitano numerose opere d’arte di assoluto pregio artistico.
Ai lati dell’ingresso due magnifiche acquasantiere marmoree raffigurano “l’ingresso dei domenicani a Palermo e la benedizione della chiesa”, sormontati da due tele attribuite a Vito D’Anna, “l’Elemosina del Beato Geremia a destra e l’Angelo Custode a sinistra”.

La Navata di destra

Nella prima cappella, intitolata al SS Rosario troviamo un gruppo scultoreo ligneo policromo raffigurante la Madonna col bambino in braccio e San Domenico, oggetto di forte devozione popolare: lo splendido simulacro fu realizzato agli inizi del XVIII Sec. da Girolamo Bagnasco.

La cappella seguente, intitolata alla Madonna di Lourdes, custodisce il monumento sepolcrale di Francesco Maria Emanuele e Gaetani marchese di Villabianca, realizzato dallo scultore Leonardo Pennino nel 1802 anno della morte del celebre erudito; sull’altare una tela che raffigura la Madonna di Lourdes di G.ppe Di Giovanni.

La cappella successiva presenta, sull’altare, una cinquecentesca tavola del cremonese Giovan Paolo Fonduli, la Crocifissione con i SS.Tommaso d’Aquino e la Maddalena e i monumenti funerari di Lauretta Li Greci e Giuseppina Turrisi Colonna.

Segue la stupenda cappella un tempo appartenuta agli Oneto duchi di Sperlinga, eseguita da Gaspare Serpotta su disegni di Gaspare Guercio. La cappella, sontuosamente decorata a marmi policromi, presenta nell’edicola dell’altare, fiancheggiato da due colonne tortili tutte in mischio, una statua marmorea di San Giuseppe attribuita al grande Antonello Gagini. Ai lati due medaglioni raffigurano a destra la duchessa di Sperlinga Marianna Oneto Monroy e, a sinistra Giacomo Majorca di Francavilla dello scultore Antonio Ugo, autore anche del busto di Luisa Majorca Mortillaro posta nella nicchia dell’edicola sovrastante: la volta è stata realizzata da Ernesto Basile nel1898.

Nel bellissimo altare della cappella successiva, dedicata a Sant’Anna, troviamo una pregevole tela seicentesca di Rosalia Novelli, figlia di Pietro, che rappresenta Sant’Anna con Maria bambina e i Santi Gioacchino e Agnese di Montepulciano;a sinistra il monumento funebre di Caterina Perdicaro.

Nel vano che segue al centro troviamo il monumento al giurista Emerico Amari, di Domenico Costantino (1875) e a destra il monumento a ricordo di Gaetano Daita..

Qui, auspice la comunità dei Frati Predicatori, nel maggio del 2015 sono state traslate in un semplice sepolcro le spoglie del giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia nel 1992.

L’ultima cappella della navata destra ha sull’altare un’opera del palermitano Giuseppe Velasco che raffigura il Santo spagnolo Vincenzo Ferrer del 1787; nella parete sinistra si trova il monumento funebre in marmi mischi di Troiano Parisi eseguito nel 1637 dai marmorari della famiglia Scuto, mentre, a destra, troviamo il monumento a Paolo Anzalone.

Segue la maestosa cappella del transetto con eleganti colonne in marmo e statue allegoriche ai lati dell’altare, realizzato nel 1758 copiando il transetto di sinistra. La cappella, dedicata a San Domenico, presenta sull’altare una tela che raffigura il Santo in estasi davanti al Crocifisso attorniata da 18 piccoli riquadri ascritta a Gaspare Bazzano, noto come uno dei due “Zoppo di Gangi” del 1603. Le opere in stucco sono della prima metà del settecento e sono attribuite a Silvestre Castelli. Nella parete di sinistra si trova il monumento funebre di Giovanni Sammartino Ramondetta, raffinata opera ideata da Paolo Amato ed eseguita da Gerardo Scuto e Pietro Nucifora su modelli di Giacomo Serpotta; a destra il monumento funerario di Vincenzo Errante.

A destra, fuori dalla cappella, sopra un piccolo altare una ottocentesca opera di Giuseppe Carta raffigura la Beata Giovanna de Aza.

La zona Presbiteriale

Superando il transetto troviamo il monumento funebre marmoreo alla memoria dello statista Francesco Crispi di Giovanni Nicolini (1904).

Nella cappella a destra dell’abside, una delle più suggestive della chiesa, fa bella mostra un Crocifisso in mistura dell’intagliatore messinese Giovanni Matinati degli inizi del XVI Sec.; da notare tre opere attribuite alla scuola di Antonello Gagini, una magnifica acquasantiera, una drammatica Pietà e l’altorilievo che raffigura Santa Caterina. In questa cappella sono collocati alcuni monumenti funebri, tra cui quello di Domenico Lo Faso di Pietrasanta opera di Benedetto De Lisi: fuori la cappella, addossata a un pilastro, il monumento a ricordo di Annetta Turrisi Colonna di Antonio Canova.

A seguire, girando a destra, arriviamo alla zona presbiterale con l’altare maggiore in marmi mischi eseguito nel settecento su disegno dell’architetto domenicano Giovan Battista Ondars, dietro il quale è collocato un prezioso coro ligneo in noce del XV secolo, realizzato dal maestro Nicola Nuchu.

Ai lati dell’abside due cantorie in legno intagliato dorato sovrastati da due grandi organi settecenteschi di grandissimo pregio (recentemente restaurati).

Addossata a un pilastro si trova la lapide che ricorda Giuseppe Pitrè, il grande studioso delle tradizioni popolari fondatore dell’omonimo museo palermitano.

A sinistra dell’abside è la cappella del “Sacro Cuore di Gesù” interamente rifatta nei primi del novecento dall’ingegnere Ignazio Caramanna; a destra vi si trova, il sarcofago di Michele Amari di Giuseppe Patricolo, a sinistra il monumento del domenicano Luigi Di Maggio: inoltre sono presenti un bassorilievo rappresentante San Girolamo e un medaglione con “l’Annunciazione” di scuola gaginesca.

La Navata di sinistra

Superato l’ingresso nell’antisacrestia, si trova la cappella intitolata a San Giacinto di Polonia: l’altare inquadrato da una coppia di colonne tortili in stucco, presenta un dipinto su lavagna del santo titolare della cappella, probabile opera di Gaspare Bazzano: a sinistra il monumentale sarcofago con le spoglie di Ruggero Settimo eseguito da Salvatore Valenti e Domenico Costantino su disegno dell’architetto Ernesto Perez.

Proseguendo lungo la navata, nel magnifico transetto di sinistra, troviamo nell’altare realizzato dal marmoraro Giuseppe Allegra su progetto di Cosimo Agnetta un capolavoro di Vincenzo degli Anzani detto da Pavia, che raffigura la Madonna del Rosario con i SS Cristina, Vincenzo Ferrer, Tommaso d’Aquino e Ninfa (1540): la cappella custodisce, inoltre, diversi sarcofagi funerari.

Segue la cappella di Santa Rosa da Lima che presenta nell’altare una tela della Santa, prima donna canonizzata in Sud America attribuita a Girolamo de Fiandra.

Nel vano seguente si trova la sepoltura di Raffaele Di Benedetto eretto nel 1870 da Benedetto De Lisi Jr.

La cappella successiva è intitolata a San Raimondo da Penafort e custodisce la tela che raffigura un episodio miracoloso del Santo (il Santo attraversa il mare usando il suo mantello come vela) di Gaspare Bazzano; a destra è collocato il monumento funebre di Rosolino Pilo, opera di Valerio Villareale, e a sinistra il monumento a Giovanni Denti di Piraino.

A seguire la cappella con il passaggio che porta al chiostro, con il sepolcro del generale Antonino Cascino e il monumento a ricordo di Stanislao Cannizzaro.

Continuando, sempre a sinistra, è la cappella dedicata a Santa Caterina da Siena con una statua della Santa dentro una teca.

Nella prima cappella di sinistra dedicata a Santa Rosalia troviamo un dipinto su tela della Santuzza del trapanese Andrea Carreca e il monumento funebre realizzato da Valerio Villareale che ricorda l’insigne letterato Giovanni Meli primo, nel 1853, fra i personaggi illustri ad essere tumulato nella chiesa. Appoggiato a un pilastro, posto su un piedistallo, il busto dell’illustre letterato e collezionista Agostino Gallo, colui che promosse l’idea di far diventare la chiesa il “Phanteon degli uomini che hanno lasciato traccia nella storia siciliana”.

Prima di uscire troviamo, addossato alla parete, il maestoso monumento all’insigne economista e politico palermitano Francesco Ferrara, di Giovanni Nicolini.

Appena fuori dalla chiesa, al centro della piazza, rivolta verso la chiesa, si può ammirare in cima a una colonna di marmo grigio alta 25 metri la statua in bronzo della “Vergine Immacolata” modellata da Giovan Battista Ragusa nel 1726, attorniata dalle statue marmoree che raffigurano gli angeli Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele e da due statue in bronzo dei Papi, Pio IX e Pio XII.

Nicola Stanzione

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Nicola Stanzione
Innamorato di Palermo ed esperto dei suoi palazzi storici, monumenti, usi, costumi e tradizioni

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