Parlando con alcuni conoscenti, sono rimasto un po’ sconcertato dall’atteggiamento xenofobo con cui affrontavano il tema degli extracomunitari presenti in Italia. “Se ognuno stesse a casa sua staremmo meglio”, sosteneva qualcuno. Naturalmente per casa intendeva dire Stato o Nazione. Lo sconcerto aumentava man mano che ascoltavo ed ero incerto se farmi una Plasil o prendere un Maalox. Questo tipo di linguaggio mi ricorda quello scurrile e intollerante dei Padani e penso che se Calderoli si presentasse per le prossime elezioni in Sicilia raccoglierebbe moltissimi consensi.
Naturalmente esistono motivazioni sacrosante sulla gestione dell’immigrazione clandestina, quando veicola persone che alimentano la criminalità o introduce stili di vita per noi incomprensibili che a volte deturpano l’ambiente urbano e rendono alcune zone delle nostre città poco ospitali. Per questo l’arrivo in massa di extracomunitari sta turbando i sonni di molti Sindaci (vedi Ficarazzi e Casteldaccia). Perché le direttive del Ministro degli Interni attraverso le prefetture, può imporre ai Comuni di aprire un centro di accoglienza. Ma i veri problemi che causano notti insonni ai primi cittadini dipendono dall’insofferenza di molti cittadini (sia quelli dell’ “ognuno a casa propria” che quelli più sensibili ma che comunque preferiscono non averli nel proprio “cortile).
Sembra un tema banale su cui , invece , ci si può giocare la poltrona di Sindaco.
Mi pare ovvio che chi viene in Italia deve essere munito di un regolare permesso, cercare un lavoro, rispettare le leggi del nostro paese, i nostri stili di vita e la nostra religione. La Fallaci aveva molte ragioni quando denunziava questa carenza, ma mancava di stile e di sensibilità, sparando nel mucchio senza salvare nessuno.
Un recente Rapporto sugli immigrati redatto dalla Caritas ci dice che in Italia gli immigrati regolari hanno raggiunto quota 5 milioni, in Germania ce ne sono 7,5 milioni e in Francia circa 5,5 milioni. In Italia il 43% sono romeni, il 25% albanesi e il 10% marocchini e polacchi. Il 57% si trovano al Nord. il 27% al Centro e solo il 16% al Sud. Circa la metà sono di religione cristiana (20,3% ortodossi e il 22,6% cattolici). I musulmani sono il 33%. I laureati sono il 12,1%, (rispetto al 7,5% degli italiani) e i diplomati il 27% (contro il 25,9% degli italiani!).
Il 44,8% degli immigrati lavora nell’industria e il 5,9% nell’agricoltura (molto spesso sfruttati e con paghe risibili). I così detti “indesiderati” svolgono delle attività lavorative che i nostri cari giovani italiani non vogliono più svolgere perché considerate umilianti, e la maggior parte di queste donne fanno le cameriere, le badanti o le baby sitter.
Se si mandassero via tutti gli extracomunitari ci sarebbe una crisi nel comparto agricolo e in quello delle piccole imprese e molte ditte potrebbero chiudere. Quindi sarebbe il caso di cominciare a considerare questa gente – quantomeno – come “risorsa” dal punto di vista economico, come afferma il rapporto Caritas: “si tratta di un’opportunità e non di una minaccia al nostro benessere, alla nostra cultura e al nostro senso religioso”.
Capisco le emozioni negative suscitate dall’11 Settembre, dagli attentati di Madrid, Londra, Bruxelles, Parigi e Nizza, ma questo non cancella anni di integrazione e convivenza. La schiavitù in America e l’Olocausto in occidente sono facce della stessa medaglia. Sono il frutto di un’idea malata di “superiorità della razza”. Il motivo, secondo me, va ricercato nella paura di perdere quello che ci siamo conquistati: il lavoro, la casa, la sicurezza economica e i nostri stili di vita. Paure che, da quanto ci riferisce il Rapporto della Caritas, appaiono infondate.
Certamente bisogna usare la mano pesante nei confronti di chi, ospite nel nostro paese, intraprende la strada dell’illecito (già bastano gli italiani), della malavita e del contrabbando; contro coloro che non vogliono adeguarsi alle nostre regole o che si permettano di denigrare la nostra religione e i suoi simboli. Infatti mi trova del tutto d’accordo l’atteggiamento di certi sindaci e le misure che intendono mettere in atto per liberare le città dal caos e dal degrado.
Una ricerca dell’Istituto universitario europeo mostra come un’Europa senza migranti si muoverebbe verso un drammatico calo demografico, con conseguente insostenibilità del suo welfare e il rischio di non rimanere al passo con i tempi.
Per carità, non voglio assolutamente negare e nascondere i rischi che si celano sotto ogni forma di integrazione illimitata e incontrollata di razze, culture, costumi, lingue e religioni diverse. Molto probabilmente la maggior parte di noi non ospiterà mai un extracomunitario, ma quanto meno sforziamoci di rendere possibile l’integrazione di coloro che vivono già sul nostro territorio e anziché brontolare o tifare solo per il Ministro della Difesa tifiamo anche per quello delle “Pari Opportunità”.
Giuseppe Compagno