Fra Diego La Matina era un frate agostiniano vissuto in Sicilia nel XVII secolo che ha ispirato molti autori, tra cui Luigi Natoli e Leonardo Sciascia.
Contrariamente a quanto potrebbe suggerire la figura di un giovane frate di provincia, Diego era più simile ad un mezzo bandito dalla testa calda.
Pur avendo pronunciato i voti, il giovane agostiniano originario di Racalmuto, si aggirava spesso e volentieri per le campagne compiendo razzie e piccoli furti, ed è proprio per questa accusa che fu arrestato nel 1644 all’età di 22 anni.
Rilasciato, forse dietro il pagamento di una cauzione, fra Diego non tardò a rimettersi nei guai, tanto da essere arrestato di nuovo l’anno successivo e, nel 1646, condotto dinanzi al Tribunale della Santa Inquisizione.
Tale provvedimento arrivò sicuramente in seguito ad un reato ben più grave (probabilmente una denuncia anonima per eresia), che doveva sommare delle colpe di natura religiosa ai suoi comuni furtarelli.
In seguito ad un lungo interrogatorio che il frate sostenne a testa alta, arrivò la durissima condanna di 5 anni al remo, praticamente una sentenza di morte, viste le pessime condizioni delle galere in cui i detenuti erano costretti a remare senza sosta in condizioni igieniche disastrose.
Nonostante le durissime condizioni, anche grazie alla sua giovane età e alla prestanza fisica, fra Diego La Matina riuscì a scontare la sua condanna e si ripresentò a Palazzo Steri, per un atteso rilascio dopo la sua pena.
Tuttavia il giudizio del suo inquisitore, il temibile Juan López de Cisneros, integralista ed ultraconservatore, fu tutt’altro che positivo. Durante l’interrogatorio fra Diego fu torturato mediante il supplizio del cavalletto. Questo prevedeva che il condannato fosse posto a cavalcioni su un cavalletto di legno con dei grossi pesi legati alle caviglie. In questa condizione di grande sofferenza Diego La Matina alla fine capitolò e confessò tutte le colpe che gli erano state attribuite.
La condanna come blasfemo ed eretico fu confermata e il frate fu ammanettato e rinchiuso nelle segrete, in attesa di una sentenza definitiva, che lo avrebbe voluto esiliato a vita in un monastero.
Infuriato di fronte a questa ingiustizia, il frate riuscì a spezzare le catene ai suoi polsi e per questo fu ricondotto di fronte al suo inquisitore, che minacciò di torturarlo ripetutamente fino alla morte.
Ancora in preda alla rabbia ed impaurito di fronte alle minacce di Cisneros, in un lampo fra Diego scavalcò la barriera che lo separava dal banco dell’inquisitore, afferrò una spranga di ferro e lo colpì ripetutamente alla testa prima di tentare di strangolarlo, ma ormai era inutile, l’inquisitore era morto.
Visto il grave reato, avvenuto tra l’altro in presenza di testimoni, arrivò ben presto la condanna al rogo, che fu eseguita con un trionfale autodafé il 17 marzo 1658, ovvero dopo 12 anni di detenzione e torture fisiche e morali.
La storia di fra Diego La Matina ben presto è diventata un simbolo di lotta e resistenza soprattutto tra il popolo, che ha tramandato questa storia sino ai giorni nostri.
Fonti:
Leonardo Sciascia – Morte dell’Inquisitore
Ilcaffèstorico.it
wikipedia.org