La chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, sita in via Giovanni da Procida, nei pressi della via Roma, ha una storia lunga quanto quella della omonima Congregazione: risale, infatti, ai primi decenni del ‘600. Quella che noi adesso vediamo, però, non è l’edificio originale, ma il terzo rifacimento che la struttura subì nei suoi quattro secoli di vita.
Ecco la sua storia.
La prima chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti
Quando nel 1623 la Congregazione degli Agonizzanti si ritrovò senza un luogo dove riunirsi – si erano da poco dissociati dagli Agostiniani Scalzi che li avevano ospitati nel loro convento di San Nicolò da Tolentino – fu accolta nella chiesa di san Vincenzo Ferreri. Ma avendo avuto un certo numero di seguaci, sentirono il bisogno di avere un luogo proprio dove eseguire liberamente le pratiche devozionali, insieme a digiuni e altre opere pie, per la salvezza delle anime dei condannati o di chi stava per morire.
L’anno seguente ricevettero in censo un magazzino di carbone nel quartiere ebraico di Palermo (tra l’odierna via Roma e via Maqueda), lo adattarono alle loro necessità e nel giro di pochi anni lo trasformarono nella loro chiesa. L’inaugurazione avvenne in pompa magna l’11 marzo del 1630.
Doveva essere una chiesa a navata unica con quattro cappelle laterali, secondo la descrizione fatta dal canonico Antonio Mongitore. Nel nel corso degli anni, venne arricchita di decorazioni, suppellettili sacre e opere d’arte. Nella parte posteriore era sistemata la sacrestia e al di sopra di essa era collocato l’oratorio dove venivano eseguite le pratiche segrete della Congregazione.
La chiesa ebbe un grande seguito di fedeli ed era molto frequentata. Ogni giorno si celebravano messe per gli agonizzanti ed ogni mercoledì veniva esposto il “Santissimo” per una gran numero di devoti che si recavano in adorazione.
Il 1 settembre 1726 un violento terremoto colpì la città di Palermo, provocando estesi danni al patrimonio architettonico e la stessa Chiesa degli Agonizzanti fu sul punto di crollare tanto che fu necessario puntellarla e in parte demolirla. Negli anni seguenti la chiesa venne recuperata e restaurata su progetto dell’architetto Paolo Corso: fu ricostruita la facciata e le parti pericolanti precedentemente abbattute. Per la decorazione in stucco del cappellone venne ingaggiato il talentuoso Giacomo Serpotta coadiuvato dal figlio Procopio, mentre gli affreschi furono affidati al pittore fiammingo Guglielmo Borremans.
Insomma non badò a spese, tuttavia le ferite del terremoto non erano state sanate del tutto e infatti nei cinquant’anni seguenti la chiesa andò lentamente in rovina tanto che fu necessario abbatterla del tutto prima di cominciare a riedificarla nel 1778 sotto la guida dell’ingegnere Antonio Interguglielmi. Il Capodanno del 1783 la chiesa fu riaperta al culto con una Messa solenne.
Due lapidi con fregi in stucco dorato, tuttora collocati ai lati dell’ingresso, furono dettate dal cavaliere Gaspare Palermo, a quel tempo Cancelliere della Congregazione.
Da allora la chiesa è rimasta sostanzialmente la stessa, a parte alcuni arredi e suppellettili in argento scomparsi. Ma in linea con la decadenza della Congregazione anche il luogo sacro è stato via via abbandonato fino a rimanere chiuso nella seconda metà del secolo scorso. Nel 1993 è stata riaperta al culto anche se le celebrazioni sono celebrate spesso in forma “privata” e dunque difficile trovarla aperta se non in particolari occasioni.
La chiesa della Madonna degli Agonizzanti, oggi.
La facciata della chiesa si affaccia su l’angusta via Giovanni da Procida, soffocata dai palazzi che la circondano.
Mostra un’architettura piuttosto semplice in pietra da intaglio. È suddivisa in due ordini da una trabeazione arricchita da un timpano semicircolare che racchiude un cartiglio con teste di cherubini. Il portale è sobrio, sormontato da un timpano triangolare con lo stemma della Madonna degli Agonizzanti. Tre lesene per lato, con capitelli corinzi completano la parte inferiore. L’ordine superiore è ancora più semplice con un grande finestrone centrale chiuso dal tetto a doppio spiovente.
L’interno è a navata unica e decorata secondo il gusto tardo settecentesco.
Sullo sfondo, intonacato di bianco, spiccano fregi in stucco dorato e altari laterali con marmi mischi, un po’ come la maggior parte di chiese palermitane di questo periodo.
Le opere di pittura sono di Elia Interguglielmi, fratello di Antonio, e datate intorno al 1782. Le quattro statue in stucco dentro le nicchie in fondo alla navata, furono eseguite da Gaspare Firriolo nel 1781 e rappresentano i Dottori della Chiesa.
L’altare maggiore è decorato da un intreccio di marmi mischi con alcune formelle in marmo con simboli evangelici, opera di Ignazio Marabitti.
La grande tela raffigurante la Madonna degli Agonizzanti posta dietro l’altare maggiore, è di autore ignoto: mostra la Vergine col Bambino in braccio, accanto il letto di un moribondo. È un’opera del XVIII secolo di scarso valore artistico ma per i Confrati rappresenta l’icona della Congregazione e per questo è venerata con grande rispetto. Da notare che le corone d’oro sul capo della Madonna e del Bambino furono inviate da Roma nel 1792.
Nell’ultima cappella a sinistra si può vedere un Crocifisso ligneo della metà del XIX secolo di autore ignoto. Il Cristo, secondo lo spirito della Congregazione, viene rappresentato durante la sua agonia, ancora vivo mentre prega il Padre.
Nella chiesa sono inoltre custoditi un bel simulacro della Madonna Addolorata ed il famoso quadro (anch’esso di autore ignoto) dove è rappresentato il tragico momento dell’impiccagione di un condannato.
Da ricordare, infine, che sotto il pavimento si apriva la cripta dove un tempo venivano seppelliti i confrati: sono ancora evidenti i colatoi dove venivano lasciate essiccare le salme.
Saverio Schirò
La chiesa è visitabile su prenotazione. Cellulare: 3483648486 – 3270256906