Come si può capire dal titolo, il tema dell’abbandono dei neonati e della ruota degli esposti non è certo un argomento da trattare con leggerezza. Si parla di una piaga sociale che da sempre, a fasi alterne, ha investito non solo la Sicilia, ma anche il resto d’Europa.
Il motivo per cui si abbandonavano i neonati è presto detto, un figlio nato fuori dal matrimonio era fonte di scandalo, tanto che ad essere abbandonati erano soprattutto bambini illegittimi nati da relazioni tra amanti, figli di prostitute e talvolta anche figli di religiosi come preti e monache, che naturalmente non potevano essere riconosciuti.
Non mancavano tuttavia i casi in cui un neonato venisse abbandonato per l’indigenza della famiglia di origine, la quale non poteva permettersi un’altra bocca da sfamare e che pertanto decideva di “affidarlo alla Divina Provvidenza”. Questa causa è anche testimoniata dal fatto che durante i periodi di carestia gli abbandoni di neonati subissero dei veri e propri picchi.
Il fenomeno dell’abbandono dei neonati
Questa terribile pratica, oggi fortemente (e giustamente) stigmatizzata, è purtroppo nota sin dal periodo greco-romano, ma probabilmente esistente anche da prima, e non solo in Sicilia.
Con questo non voglio dire che in passato fosse una cosa normale liberarsi dei neonati, ma le alte percentuali di abbandono (in alcuni casi superiori al 10%) lasciano pensare che si trattasse di una pratica tanto diffusa da rappresentare un’opzione accettabile per chiunque non potesse riconoscere o prendersi cura dei piccoli.
Ma che ne era dei bambini illegittimi?
Volendovi deliberatamente risparmiare i dettagli di alcune pratiche barbare diffuse un po’ ovunque, diciamo che nel migliore dei casi i neonati venivano affidati agli istituti religiosi, che avevano cura di prenderli in custodia affinché non morissero senza ricevere il battesimo. Tuttavia la pratica di abbandonare i bambini clandestinamente sul sagrato delle chiese, di notte, esposti per ore al freddo, alle piogge e alla mercé di animali selvatici, faceva sì che il prezzo dell’anonimato fosse la vita stessa degli innocenti.
Per questo motivo, a partire dal medioevo, in molte città si diffusero le cosiddette “Ruote degli Esposti”. Si trattava di cilindri cavi in legno, che venivano collocati in apposite aperture poste nelle facciate di edifici come conventi ed ospedali.
Grazie a questa soluzione, le madri (o chi per loro) potevano depositare il bambino all’interno della ruota e poi farla girare leggermente verso l’interno dell’edificio. Una campanella posta accanto alla ruota, segnalava l’arrivo del neonato ad una custode (la “rotara”), che stava sempre in attesa dall’altra parte del muro.
Il neonato a questo punto veniva preso, registrato, battezzato e affidato alle cure di una delle balie, che erano pagate con i fondi che il governo o la chiesa stanziavano per questi pii istituti.
A questi bambini venivano anche assegnati nomi e cognomi casuali, di solito riconducibili al luogo in cui si trovavano, ai santi patroni o alla loro condizione di trovatelli.
Alcuni dei cognomi più diffusi erano: Trovato, Esposito (da esposto), Di Dio, Del Re, Di Maria, Innocenti, e poi ancora Palermo, Catania, Messina ecc…
Talvolta capitava anche che la madre lasciasse sul bambino una lettera o un effetto personale che le permettesse di riconoscere il figlio qualche anno dopo, se avesse voluto.
E poi?
Molto dipendeva dal luogo e dal tipo di istituto che accoglieva questi bambini, spesso ospitati in luoghi sporchi e sovraffollati per tutta la prima infanzia. Poi maschi e femmine venivano avviati verso le prime attività lavorative. Già a 5 anni i maschi venivano impiegati nelle campagne, per raccogliere frutta o badare al bestiame. Le femmine invece imparavano a tessere, ricamare e confezionare abiti, il cui ricavato costituiva poi la loro futura dote, per un matrimonio o per una vita in convento.
La ruota degli esposti in Sicilia
Sebbene nelle grandi città si registri la presenza di “ruote” anche in epoca precedente, la data chiave per la diffusione di questi istituti in Sicilia è il 1750, anno in cui il viceré Eustachio di Laviefuille dispose l’obbligo di costituire una Ruota degli Esposti in tutte le città, proprio per far fronte ad una crescita del fenomeno.
A Palermo le ruote erano collocate presso l’Ospedale Grande di Palazzo Sclafani (già dal 1610) e a San Bartolomeo, dove fu istituito il Conservatorio per gli infanti esposti nel 1826.
A Catania oltre alle varie ruote, fu fondato anche il Reclusorio del Santo Bambino, una struttura ospedaliera che, oltre a prendersi cura dei neonati, permetteva alle madri di partorire anonimamente ma con tutta l’assistenza medica necessaria.
Nelle campagne siciliane, dove contrariamente alle grandi città non erano presenti istituti dediti all’accoglienza dei trovatelli, la cura dei piccoli veniva affidata a delle nutrici, che li portavano in casa e li crescevano con la loro famiglia. Il loro disturbo era pagato con uno stipendio mensile di 15 tarì per ogni bambino accolto, il ché causò anche qualche truffa, con le nutrici che mettevano anche i propri figli legittimi nella ruota, al fine di ricevere uno stipendio aggiuntivo fino a quando, già cresciuti, non li avrebbero adottati o riconosciuti ufficialmente.
Nonostante qualche furbo escamotage, il sistema di accoglienza dei trovatelli adottato in Sicilia fu uno dei più funzionanti e all’avanguardia di tutta Europa, in un’epoca che ancora vedeva grandi città come Milano, Parigi e Londra soffrire gli alti tassi di infanticidio e di mortalità degli esposti.
Dopo l’unità d’Italia le leggi sull’abbandono dei neonati e sugli istituti di accoglienza furono uniformate in tutta la nazione, ma le ruote siciliane continuarono a funzionare. Nel 1906 se ne registravano ben 126 in tutta l’isola.
Nel 1923 una legge del governo Mussolini riformò il sistema di accoglienza dei trovatelli, affidandone la cura a nuovi istituti statali e disponendo la chiusura delle ruote in favore di un sistema di accettazione diretto.
Curioso ricorso storico, dopo tanti anni in cui il sistema è stato abbandonato, in tutta Europa si stanno ricostituendo delle soluzioni simili, che permettano alle donne di affidare anonimamente i neonati alle cure di un istituto. Questi sistemi sono costituiti da culle riscaldate poste all’interno di strutture ospedaliere, ma accessibili dall’esterno dell’edificio.
A Palermo si trovano all’Ospedale Civico, al Cervello e in un istituto ricettivo del quartiere Noce. Evidentemente questo antico sistema è ancora utile alla comunità.
Fonti: C. Messina – Sicilia 1492-1799 una campionario di crudeltà umane – Editrice L’Orma 2022
S. Raffaele – dalla beneficenza all’assistenza …nella Sicilia – Catania – Cuem 1990
S. de Luca Carnazza – le istituzioni di pubblica beneficenza – ed. Pastore 1891
F. Calcaterra – La strage degli innocenti, 1600-1900 – Archeoclub Paternò
M. Rubboli – La “Ruota degli Esposti” e i “Filius di M.ignotae” – Vanilla Magazine
Un argomento difficile trattato con garbo. Purtroppo il fenomeno ha origini antichissime (nell’antico Israele, “esporre” le figlie femmine ai margini del villaggio, prede degli animali o raccolte dalle carovane di passaggio per essere vendute come schiave, non era considerato un peccato!) e la necessità di istituire ancora oggi delle “ruote”, per raccogliere i neonati non voluti, nelle grandi città Occidentali fa capire che non si è mai fermato.