Dopo avere “percorso” il litorale di Palermo dal foro italico all’ Acqua dei Corsari, lungo via Messina Marine, adesso ripartiamo dal Foro Italico verso ed oltre il monte Pellegrino.
Il Foro italico, da secoli è stata considerata la passeggiata classica degli antichi palermitani, il cosiddetto lungomare. Oggi è davvero piacevole percorrerlo e superata Porta Felice, incontriamo la Cala, ovvero il vecchio porto di Palermo, che ha una storia davvero millenaria perché è stato probabilmente il centro nevralgico del primo nucleo della città. Infatti lo stesso nome di Palermo viene dal greco e significa “tutto porto”.
La Cala era una insenatura naturale dove sfociavano i due fiumi di Palermo, Kemonia e Papireto. Da qui pare che i Fenici iniziarono la costruzione della città. Solo nel XIV secolo fu costruito il molo facendo della Cala l’approdo principale della città fino al XVI secolo quando iniziarono i lavori per la costruzione del grande porto.
Con la sua caratteristica forma di “U” la Cala è adesso un porticciolo turistico rivalutato anche nel molo con i rifacimenti della banchina, percorribile e vivibile dai cittadini.
Oltrepassato il grande Porto nuovo e la zona dei cantieri Navali che purtroppo hanno sbarrato l’accesso al mare, La prima borgata che incontriamo subito dopo è Acquasanta, che prende il nome da una sorgente d’acqua che sgorgava da una grotta nei pressi della spiaggia.
L’acqua sarebbe stata “santa” perché era considerata medicamentosa per alcune malattie. In questo luogo sorse una chiesetta, appunto la Madonna dell’Acquasanta.
Segue una spiaggia di fine sabbia che diede il nome alla costa e alla borgata, l’Arenella, in siciliano Rinedda (sabbia fina). Qui sorgeva una antichissima tonnara che fu anche dei Florio che vi fecero erigere la costruzione chiamata Villa dei “Quattro Pizzi” per la facciata caratteristica.
Proseguendo ancora troviamo la zona denominata dei Rotoli, con l’omonimo cimitero cittadino. Il nome deriva dalla tipologia dell’entroterra, le pendici del monte Pellegrino, dal quale non era raro vedere staccarsi pezzi di roccia che rotolavano fino alla costa.
Un’altra ipotesi del nome della contrada ci porta alla vicina Vergine Maria, per lungo tempo meta preferita di molti palermitani per la bella spiaggia che la costeggia. Il nome è legato alla venerazione di una immagine della Madonna, custodita in una grotticella, e considerata una specie di protettrice dei pescatori del luogo. Lì sorse una chiesetta, Nostra Donna del Rotolo, così chiamata per via di tre scogli nella spiaggia adiacente che la fantasia popolare ha chiamato col nome dei pesi di un tempo: Rotolo, mezzo rotolo e tre once. Una torre ancora esistente, torre di “Fra Giovanni” un tempo serviva per vigilare le coste.
Qualche chilometro più avanti, un’altra torre, ormai ridotta a poco più di un rudere, la Torre del Rotolo, segna il confine ideale con la località seguente: l’Addaura.
Una costa con una magnifica scogliera che costeggia le falde del monte Pellegrino che svetta qui quasi perpendicolarmente. Questo tratto di costa, nei decenni passati è stata oggetto di uno scempio edilizio che ha permesso la costruzione abusiva di ville e villette e case proprio a ridosso della scogliera fin quasi a lambire il mare. Alcune sono state espropriate e rimangono ancora come semi ruderi a inquinare lo spettacolo che la natura aveva costruito in questi luoghi.
Il nome Addaura è abbastanza equivocabile perché ricorda il nome palermitano dell’alloro (addauru) ma poiché pare che non ci siano particolari vegetazioni di questo arbusto, La Duca ipotizza che il nome provenga dal periodo del monachesimo cristiano quando le colonie di monaci che forse abitavano queste zone ricche di grotte, venivano chiamate “laura“. Da qui forse Daura e poi Addaura.
Un’altra ipotesi è quella del prof. Giacomo Caracausi che nel suo Arabismi medievali in Sicilia, ipotizza che Addaura provenga dall’arabo “Dawra” cioè giro o circuito proprio per la conformazione circolare della costa che attornia monte Pellegrino.
L’ultimo tratto di scogliera chiamata da molti Acapulco per non conosciute ragioni, si raggiunge Mondello, nel suo primo tratto conosciuto col nome di Valdesi, forse per una tal casa Valdese, una villa che dovrebbe essere appartenuta ad una famiglia Valdes, piuttosto che alla confessione religiosa Valdese di cui non pare ci sia traccia.
Si tratta di una borgata famosa in tutto il mondo per il bellissimo golfo di sabbia fine e dorata che ricorda luoghi amenissimi tropicali. Una perla naturalistica che deve la sua rivalutazione per una bonifica iniziata nel 1773 e completata agli inizi del secolo scorso. Prima era una zona piuttosto paludosa chiamata appunto dagli arabi “Marsa at Tin”, cioè porto del fango.
Dal ‘500 in poi viene già denominata Mondello ma le origini del nome sono tutt’altro che chiare. Anticamente si ricercava l’origine nel termine Mons Deli (Monte di Apollo), ma anche questo risulta poco convincente. Più credibile che il termine venga dall’arabo “al mondellu” che significa pantano.
Oltre all’amenità del luogo con la vecchia borgata e la tonnara di cui rimane ancora intatta la torre, le abitazioni si fondono nella vicina Partanna che prende il nome dalla villa ancora esistente di Laura La Grua, principessa di Partanna.
Dopo il promontorio collinare di capo Gallo, con la sua riserva naturale, un viottolo raggiunge la punta estrema e lì si interrompe. Al di là del promontorio incontriamo un villaggio di pescatori, Sferracavallo. Una volta era difesa dalle incursioni dei corsari da una torre circolare costruita nel 1417 ma abbattuta per costruire l’autostrada che conduce all’aeroporto di Palermo.
Sull’origine del nome del villaggio non si è certi. Si ipotizzano due tesi, una del Villabianca che sostiene che derivi dal tipo di territorio molto accidentato che staccava i ferri dai cavalli e l’altra più attendibile del Piola che lo riconduce ad una particolare pianta selvatica “ferrum acquinum”, in siciliano “sferracavaddu” per la forma delle foglie a ferro di cavallo.
Saverio Schirò
LA DUCA, Cercare Palermo, Prima serie, Palermo 1985.
DI LIBERTO, Nuovissimo stradario storico della città di Palermo, Palermo 1993.
Molto interessante e ben articolato.