La leggenda di Santa Rita, la “Santa aggiustamariti”

Santa Rita la santa della rosa e della spina

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Nel centro storico di Palermo, vicino al Teatro Massimo, precisamente nel “Quartiere del Capo”, si trova la “Chiesa di Sant’Agostino” nota ai palermitani come la Chiesa di Santa Rita, la venerata Santa dei miracoli impossibili.
Ma non tutti sanno che Santa Rita è conosciuta dal popolo palermitano come la Santa “aggiustamariti” sì, proprio così! Ma che bisogno c’è di chiedere addirittura la grazia di aggiustare i mariti?

La tradizione di Santa Rita a Palermo


Una tradizione piuttosto antica vuole che le donne del quartiere, sposate o fidanzate, possono rivolgersi alla miracolosa Santa per ottenere dei cambiamenti nei loro “compagni”. Una tra le più comuni richieste di grazia era la fedeltà del marito, ma anche l’abbandono di vizi difficili da sradicare, come quello del bere o del gioco d’azzardo. Le fidanzatine chiedevano alla Santa di vigilare sull’onestà dei futuri sposi e la serietà degli impegni e dei comportamenti. Insomma quello che si desidera è che i mariti siano devoti alla famiglia, tenendo a freno quella smania verso il sesso femminile che rende tradizionalmente “focoso” e geloso il maschio siciliano. Sì, perché le proprie donne non dovevano essere neppure guardate, ma le donne degli altri invece…
Le spose preoccupate e addolorate da questi comportamenti libertini chiedevano a Santa Rita di redimere, cambiare, raddrizzare i propri mariti, confidando che la Santa le avrebbe certamente esaudite: ecco perché “Aggiustamariti“.
Da dove viene questa convinzione? Non è facile risalire alle origini di queste potenzialità miracolose di Santa Rita. Un’ipotesi abbastanza ragionevole potrebbe essere legata alla vita di questa santa che neppure era siciliana: come donna, madre e sposa aveva avuto una vita alquanto tormentata, quindi molto vicina ai bisogni delle donne palermitane che a lei si rivolgono.

La vita di Santa Rita

Rita, diminutivo di Margherita Lotti, nacque a Roccaporena, frazione di Cascia in Umbria nel 1371 o 1381, e ancora giovanissima, fu data in sposa a Paolo Ferdinando Mancini, un uomo conosciuto per il suo carattere litigioso e dal quale ebbe due figli. Rita ebbe una vita piuttosto difficile ma non si lasciò irretire dal comportamento del marito, anzi col suo amore, la sua devozione, la sua gentilezza e la sua stessa pazienza provò ad addolcire e convertire il marito ad un comportamento più docile: ad “aggiustarlo” come diremmo noi siciliani, davvero un caso impossibile a detta dei suoi concittadini.
Non sappiamo se riuscì nell’intento perché da lì a poco il marito fu assassinato e nel giro di poco tempo la poveretta pianse anche i figli che morirono entrambi e in pochissimo tempo l’uno dall’altro per malattia. Le tristissime vicende che accaddero nella vita di Rita non cambiarono affatto il suo animo docile, ricco d’amore e timorato di Dio, non si abbandonò al rancore, perdonò gli assassini del marito e ormai sola e ancora giovane chiese di entrare nel monastero delle monache agostiniane di Santa Maria Maddalena a Cascia. Ma anche questo non fu facile: la sua richiesta fu scartata, perché vedova di un uomo assassinato, si dice.
La leggenda narra che Rita riuscì a superare le porte chiuse del convento, realmente o metaforicamente, grazie all’intercessione di S. Giovanni Battista, S. Agostino e S. Nicola da Tolentino, Santi a cui Rita era tanto devota. Le monache l’accolsero fra di loro e qui Rita vi rimase per 40 anni in devota preghiera.

La Santa della “Spina” e della “Rosa”

Si narra che un giorno, forse un Venerdì Santo, Rita piangendo chiese a Gesù di avere almeno una piccola parte delle sue sofferenze e fu così che subito, una spina della corona del Cristo le ferì la fronte e l’anima, rimanendo sanguinante fino alla morte.
Un altra storia racconta che un giorno di gennaio una parente fece visita a Santa Rita e questa chiese alla donna di recarsi nell’orto del paesello e raccogliere una rosa e due fichi: sarebbero stati il segno che i suoi cari, marito e figli, erano stati accolti in paradiso. Solo che era un gennaio freddo e piovoso. Tornata in paese la donna si recò nell’orto e grande fu il suo stupore nel vedere due fichi nell’albero e in mezzo alla neve spuntare una bellissima rosa che raccolse e portò alla Santa.

La spina insieme alla rosa divennero così i simboli di Santa Rita. L’una e l’ altra simboleggiano la vita di tante persone, spesso tempestata di varie ferite rappresentate dalle spine, ma con la speranza di poterle risanare, rappresentata dalla rosa, cosi Santa Rita divenne la Santa della “Spina” e della “Rosa”.

Il culto di Santa Rita a Palermo

Il culto per Santa Rita, a Palermo si diffuse nel 1922, anno in cui si organizzò la prima festa in suo onore da allora e fino ad oggi il 22 maggio il quartiere del Capo si riempie di rose, tutti coloro che si recano al santuario portano delle rose che vengono benedette durante la celebrazione della messa. La Sua intercessione è così potente che il popolo devoto la chiama “Santa dei casi impossibili, avvocata dei casi disperati”. A lei si affidano i credenti per chiedere ogni grazia, come donna, moglie, madre, sofferente e Santa a lei ci si rivolge perché chi meglio di lei può capire la sofferenza di tutti.

Oggi per questa festa la Chiesa è gremita di gente e non di sole donne attempate o spose tradite ma anche di giovani, uomini, tutti bisognosi di conforto e di speranze. Ancora oggi il 22 maggio durante la processione possiamo vedere qualche donna che indossa per devozione l’abitino di Santa Rita e non solo questo giorno, qualcuna per promessa o per grazia ricevuta lo indossa per quindici giovedì che precedono la festa della Santa e qualcuna lo indossa per tutti i giovedì dell’anno.

Serafina Stanzione

L’aggiustamariti Servizio di Emilio Ravel. 25 maggio 1964 Documentario sulla festa di Santa Rita a Palermo

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Serafina Stanzione
Serafina Stanzione
Staff member. Redattrice, responsabile e curatrice della sezione dedicata agli Eventi a Palermo

2 COMMENTI

  1. refuso, errata dicitura 1781
    dall’articolo ” Rita, diminutivo di Margherita Lotti, nacque a Roccaporena, frazione di Cascia in Umbria nel 1371 o 1781………”
    giusto, 1381
    buonagiornata

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