Quando parliamo di chi ha inventato la prima automobile, viene spontaneo pensare ai nomi di Karl Benz, Henry Ford, Rudolf Diesel e tanti altri nomi che a loro modo hanno contribuito alla realizzazione degli autoveicoli, come oggi li conosciamo.
Eppure pochi sanno che prima di loro, nel lontano 1871, un giovane inventore siciliano brevettò uno dei primissimi modelli di vettura stradale, il suo nome era Giovanni Petronio Russo.
Scopriamo la sua storia.
La vettura di Giovanni Petronio Russo
Originario di Adrano, in provincia di Catania, Giovanni Petronio Russo era il figlio di una famiglia di commercianti. Completati gli studi umanistici nel suo paese, si iscrisse all’Università di Catania, dove iniziò gli studi in medicina per poi passare ad ingegneria, senza però conseguire la laurea, fu infatti costretto ad abbandonare per ritornare ad Adrano e gestire il negozio di famiglia.
Tuttavia gli impegni lavorativi non gli impedirono di continuare a studiare matematica, fisica meccanica e altre materie che lo appassionavano particolarmente.
In quegli anni, intorno al 1860, in tutta Europa si stava diffondendo l’utilizzo delle ferrovie, con enormi vantaggi logistici e commerciali, purtroppo però tale innovazione tardava a raggiungere l’Italia meridionale e soprattutto la Sicilia, dove i trasporti potevano contare solo sui carri a trazione animale o umana. Da questa situazione a Giovanni Petronio Russo venne un’idea.
In Sicilia non c’erano ferrovie e nessuno sembrava voler creare una simile infrastruttura, tuttavia se fosse esistita una locomotiva stradale, sarebbe stato molto più facile trasportare persone e merci.
Così da questa scintilla il giovane inventore si mise all’opera, iniziando a costruire alcuni pezzi del suo veicolo per farne un prototipo funzionante. Il modello avrebbe dovuto essere in grado di frenare immediatamente, superare curve e pendenze e soprattutto muoversi senza produrre fumo derivato dalla combustione del carbone.
La realizzazione del primo modello continuò fino al 1866, quando il Russo dovette partire per combattere la Terza Guerra d’Indipendenza, dove si distinse per le sue azioni valorose ricevendo anche una medaglia.
Tornato in Sicilia poté dedicarsi nuovamente alla sua invenzione, riuscendo finalmente a completarla e brevettarla nel 1871, sotto il nome di “locomotiva adattabile alle strade comuni”.

Il progetto era fatto, adesso non restava che costruire una prima vettura da collaudare pubblicamente, prima di costituire una società che la potesse produrre su scala industriale.
Si recò a Londra, dove ingaggiò un ingegnere che fosse in grado di realizzare la sua creazione, tuttavia quest’ultimo lo truffò, scomparendo nel nulla dopo aver incassato l’enorme somma necessaria alla costruzione. Erano tutti i suoi risparmi.
Tornato in Sicilia i genitori lo convinsero a non demordere e gli fornirono una nuova somma di denaro da investire nel suo progetto. Questa volta la costruzione fu appaltata ad un cantiere romano, che riuscì a completarla con successo dopo circa un anno di lavoro.
La nuova locomotiva stradale era finalmente pronta, Giovanni Petronio Russo la battezzò “Trinacria”, in onore della Sicilia.
Questo mezzo innovativo aveva una lunghezza di 4,6 metri e una larghezza di 2 metri. Due ruote anteriori permettevano di manovrarla, mentre una singola ruota motrice posteriore, era collegata ad una caldaia a carbone posta al centro del veicolo. Un macchinista, posizionato nella parte frontale, poteva contemporaneamente alimentare la fornace e manovrare il mezzo mediante leve e manubri.
Il 2 luglio 1873 fu organizzato un collaudo pubblico in pompa magna. Giornalisti, cariche istituzionali e migliaia di curiosi, assistettero con grande ammirazione alla sfilata di quello strano mezzo di trasporto per le strade di Roma. Alla guida c’era l’inventore stesso, che poté finalmente godersi quel tanto sognato trionfo.
L’evento fu ripetuto anche qualche mese dopo a Catania, dove la locomotiva fu fatta sfilare per la via Etnea trasportando una carrozza con 20 persone a bordo. Anche qui l’invenzione riscosse un enorme successo.
Tuttavia le cose in seguito non andarono altrettanto bene.
Dopo una simile fatica per la costruzione del suo prototipo, Giovanni Petronio Russo si aspettava di trovare numerosi investitori disposti a finanziare una produzione della Trinacria su larga scala. Passò anni in giro per l’Italia, mostrando i suoi progetti a banche e potenziali soci, tuttavia nessuno credette nelle potenzialità di quel mezzo, che nonostante l’indiscutibile innovazione, necessitava comunque di notevoli migliorie tecniche che lo rendessero effettivamente conveniente rispetto ai metodi usati fino a quel momento (ad esempio la velocità media della locomotiva era di 15 km orari, dunque non molto più veloce di una normale carrozza con cavalli).
La ricerca fu lunga e infruttuosa ed il sogno di vendere la Trinacria diffusa in tutta Europa fu del tutto abbandonato nel 1877.
Dopo il sogno Trinacria

Non avendo trovato investitori disposti a credere nella sua idea, Giovanni Petronio Russo decise di rinunciarvi. Partecipò ad un concorso pubblico per insegnare disegno tecnico a Napoli, dove si stabilì dopo aver ottenuto l’abilitazione e la cattedra.
Tornò ad Adrano circa una decina d’anni più tardi, quando fu richiamato per ricoprire la carica di assessore. Proprio durante quel periodo Adrano fronteggiò una terribile epidemia di colera. Fu proprio il Russo, forse memore dei suoi studi in medicina, a risalire alla causa del problema, l’inquinamento del pozzo principale con materiale fognario. Si trovò dunque un nuovo pozzo non contaminato da cui si fece partire una nuova conduttura che riportò l’acqua potabile nelle fontane del paese.
Giovanni Petronio Russo rimase ad Adrano a progettare, scrivere, disegnare e scolpire fino alla sua morte, avvenuta nel 1910. Nel frattempo le prime automobili iniziavano a percorrere le strade italiane, anche il sogno Trinacria era morto per sempre.
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Fonti: Wikipedia.org – Giovanni Petronio Russo
D. Gambino – 101 Storie sulla Sicilia che non ti hanno mai raccontato – 2010 Newton Compton Editori