35 “Lasciare libero lo Scarrozzo”: La storia – “Amarcord”

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Niente la mente cancella, ma mette i ricordi in un angolo e sicuramente al momento giusto li tira fuori per farti sorridere o riflettere.

Ebbene, proprio in questi giorni parlando con Giorgio ci siamo ricordati di episodi che hanno caratterizzato la nostra gioventù e che sono stati preparatori per la decisione di fare un gruppo di cabaret.

Episodi meravigliosi nel famoso campo scuola a San Martino delle Scale, quando esisteva un Istituto di Semeria con un campo di calcio splendido e si facevano partite memorabili come quella in cui giocavano contro di noi, meglio di altri amici e di Giorgio, (perché, come ben ricorderete, io e Giuseppe non giocavamo quasi mai) sacerdoti giovani come padre Pino Puglisi che correvano sollevando la tonaca in modo veloce e risultavano imprendibili e micidiali. Oppure partecipazioni alla Mariapoli di Acireale con il movimento dei Focolarini con le prime scenette che facevamo per ridere.

Sono ricordi non soltanto legati alle riunioni in chiesa, ma anche alle attività ludiche come ad esempio la permanenza presso il cosiddetto “ufficio”, ovvero una sala biliardo dove giocavamo a boccette oppure nel famoso bigliardino. Chiaramente il tutto senza far sapere nulla ai nostri genitori che vedevano quei luoghi come posti di perdizione. Mi ricordo di tantissime partite che mettevano a dura prova la bravura e la resistenza dei nostri polmoni perché erano posti pieni di fumo di sigaretta e in quel periodo non vi era divieto nei luoghi pubblici. Erano partite interminabili e fatte con grande agonismo. Mi ricordo di un aneddoto che è rimasto nel mito di tutti noi.

Un certo Vito una sera era con noi in “ufficio” e stava giocando insieme a noi in una delle solite partite di bigliardino. Dopo circa due ore noi tre lasciamo la sala per recarci in chiesa a San Tarcisio che dista un centinaio di metri lasciando Vito immerso in una partita impegnativa con un altro gruppo. Andiamo abbastanza spediti e troviamo Vito seduto davanti la Chiesa con un gruppo di amici che stavano chiacchierando amenamente con un altro gruppo. E la cosa bella è che ci saluta come se per quel giorno fosse stata la prima volta che ci avesse visto. Cosa era potuto succedere? Bilocazione? Scherzo? Sicuramente non la seconda ipotesi perché Vito non era un ragazzo che si ricorda aver visto ridere e nemmeno abbiamo mai avuto il coraggio di dirgli qualcosa perché non avevamo tanta confidenza con lui. Da allora avevamo il terrore qualche sera di tornare a casa dopo averlo salutato e trovarlo seduto nella nostra stanzetta impaziente che ci stava aspettando. Ovviamente quest’aneddoto l’abbiamo ricordato per far vedere come nasce il piacere di creare i paradossi di cui sono pieni i nostri pezzi di cabaret. La famosa iperbole viene spesso da fatti che hanno popolato la nostra storia di amici che sostanzialmente sono rimasti a quell’età lì, dei sedici anni dove i sogni sono la maggior parte della tua conversazione.

Altro aneddoto che sicuramente è rimasto mitico è quello di Silvano, altro ragazzo più grande di noi che frequentava la nostra stessa parrocchia. La nostra chiesa non era come tutte le altre, infatti è nata quando un gruppo di ragazzi della Chiesa di Sant’Agata aveva seguito l’allora vice Parroco Enzo Monaco nella nuova Chiesa di San Tarcisio che era sorta in un ex garage piccolo dove si svolgevano le funzioni e solo dopo anni sarebbe nata la Chiesa come adesso si vede.

Capite che tutto ciò che si svolgeva veniva amplificato dalla dimensione estremamente piccola del luogo. Mi ricordo che ad esempio le messe venivano animate da un gruppo di ragazzi che con le sole chitarre elettriche, tastiera e batteria già riempivano gli spazi, per non parlare dei vecchietti che ovviamente guardavano e soprattutto sentivano cose incredibili per le loro sensibilità.

Dicevamo di Silvano, poiché spesso si comunicava con i gesti durante la messa lo stesso al momento dell’offertorio indicava con un gesto, dall’altare dove stazionava vicino al sacerdote, ad un anziano in fondo alla chiesa di passare con il cestino. Se pensate al gesto per indicare il cestino e ripetuto più volte con le dita e allo strabuzzare degli occhi del vecchietto che aggiungeva veemenza, potete capire che se non fosse in modo provvidenziale intervenuto Don Enzo Monaco precisando che il gesto non era una velata minaccia, ma solo che era arrivato il momento di passare con il cestino per le offerte, credo che la vicenda non sarebbe passata solo come un malinteso da raccontare.

Per non parlare di alcuni sacerdoti che sono transitati in parrocchia e che diventavano, loro malgrado, oggetto della nostra voglia di “babbio” innato, soprattutto se i malcapitati avevano leggeri difetti di pronuncia come uno dei più candidi che aveva una leggera balbuzie e rimasto chiuso con alcuni di noi in ascensore al buio non riuscì a proferire parola facendo letteralmente morire dal ridere e lasciandoci senza fiato per la difficoltà a trattenere le risa per evitare di mortificare il caro sacerdote.

Ovviamente questo crescere insieme, dall’età di appena dodici anni, ha fatto sì che siamo riusciti ad avere un’intesa perfetta che è servita negli anni a farci improvvisare durante gli spettacoli, a farci creare situazione paradossali spesso ispirate alla realtà, a farci vivere insieme nonostante le differenze di carattere, a farci accettare i limiti di ognuno perché alla fine diciamo a turno, ad esempio io e Giuseppe: “Che ci vuoi fare è sempre Giorgio” ovviamente capita con tutti e tre…

Scusate ma perché giusto giusto dovevamo dire nella puntata: “è Giorgio” non potevamo dire: “è Giuseppe” ad esempio. Giorgio è capitato, non ti devi fissare, magari se dicevamo: è Giuseppe” poteva dire la stessa cosa lui…

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Enzo Buffa
Enzo Buffa
Palermitano DOC! Da 37 anni attore di teatro e cabaret con il gruppo "Lasciare libero lo scarrozzo"... ma questo è solo il lato artistico

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