Anche se oggi messa in dubbio dagli studiosi e accademici più attendibili, la leggenda della monacazione di Costanza d’Altavilla strappata al convento è stata tramandata attraverso i secoli grazie ai versi sublimi di Dante nella Divina Commedia: “ e così le fu tolta / di capo l’ombra de le sacre bende. / Ma poi che pur al mondo fu rivolta / contra suo grado e contra buona usanza, / non fu dal vel del cor già mai disciolta.” (Paradiso III, 114-117).
Una situazione suggestiva e romanzesca, ma che provoca molti dubbi. Se Costanza avesse non solo preso il velo, ma pronunciato i voti perpetui, lo scioglimento di questi sarebbe toccato al Sommo Pontefice, e ad ogni modo su richiesta dell’interessata. Il fatto sembra altamente inverosimile: un’alleanza tra l’Impero germanico e il Regno di Sicilia, che avrebbe accerchiato gli Stati della Chiesa, era fortemente temuta e osteggiata dalla Curia romana. Infatti, già una decina di anni prima, nel 1174, il re Guglielmo II, per non incorrere in conflitti col papato, aveva scartato l’offerta dell’imperatore Federico Barbarossa di sposare una sua figlioletta (morta poi nel frattempo). Anche se i tempi erano cambiati – segnati da nuovi accordi pace – il matrimonio tra Costanza e Enrico di Svevia non ebbe l’accordo né di Lucio III, che ruppe le relazioni in corso con l’imperatore all’annuncio del fidanzamento, né del suo successore Urbano III, che rifiutò di presenziare alle nozze. Altroché farsi promotore di quel matrimonio e tirare fuori a forza, non una timida fanciulla, ma una giovane donna dotata dal forte carattere degli Altavilla!
I monasteri e la nobiltà
Nei confronti dell’alta società i monasteri assumevano molteplici funzioni, a volte luoghi di intrighi e altre volte di profonda spiritualità, quasi sempre spazi di cultura e di educazione, comunque centri di accoglienza se non di relegazione, spesso case di riposo aristocratiche.
A prescindere dalle leggende riguardanti la professione solenne, o, a maggior ragione, il ruolo di badessa di Costanza, non si può escludere che la giovane principessa abbia trascorso uno o più periodi della sua vita in convento, come era destino per quasi tutte le donne di alto lignaggio. Gli educandati dei monasteri erano pressappoco gli unici centri in cui le giovani ragazze potevano acquisire una certa cultura e completare la propria educazione. Gli istituti religiosi, poi, offrivano spesso un sicuro riparo alle donne sole o anziane, a quelle ripudiate o alle vedove che non volevano accettare un nuovo matrimonio. La maggior parte delle regine madri sceglievano questo buen ritiro, probabilmente per non trovarsi in concorrenza a corte con una giovane regina consorte, la loro nuora, o per lasciare più libero il figlio diventato re, e, comunque, possibilmente per sincera devozione! .
È assolutamente plausibile che la regina madre Beatrice di Rethel e Costanza abbiano trascorso presso un monastero palermitano un certo periodo durante il regno di Guglielmo il Malo o la reggenza di Margherita di Navarra (il fratellastro e la cognata di Costanza), contrassegnati da congiure e ribellioni. In quei tempi travagliati, in un palazzo pieno di intrighi, la convivenza tra la regina madre e la reggente, più o meno coetanee, non sarà stata idilliaca! E allora dove avrebbero potuto soggiornare la regina Beatrice e la giovane Costanza? Purtroppo, in assenza di documenti affidabili siamo ridotti a mere supposizioni, comunque suffragate da analogie con numerosi esempi di regine e principesse legate alla casa Altavilla che hanno passato in convento periodi più o meno lunghi.
Il monastero che accolse Costanza d’Altavilla
Come si può intuire, questi monasteri differivano molto l’uno dall’altro, vuoi per la regola seguita con più o meno rigore, che fosse benedettina, cistercense, basiliana, agostiniana, vuoi per la situazione economica, le dimensioni o ancora le attività annesse. Ci piacerebbe capire meglio, ad esempio come si svolgeva la vita nel convento palermitano più gettonato e ritenuto quello che accolse, forse, per un periodo più o meno lungo, la principessa Costanza: il monastero del SS Salvatore, strettamente legato con la famiglia reale. Fondato da Roberto il Guiscardo subito dopo la conquista nel 1072, fu ingrandito da Ruggero che gli concesse vari feudi e gli aggregò altri monasteri. Le monache seguivano la regola di San Basilio di rito greco, ma non sappiamo se fossero celebrate anche cerimonie secondo il rito latino. In epoca barocca il monastero e la grande chiesa vennero completamente trasformati. Oggi non rimane praticamente nulla del grande complesso distrutto dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, se non la chiesa di san Salvatore, ricostruita e trasformata in auditorium e punto di attrazione turistica, posta sul Cassaro, vicino alla cattedrale e al Palazzo Reale.
Insomma, abbiamo ben poche certezze per quanto riguarda la misteriosa giovinezza di Costanza e i luoghi in cui è cresciuta. Purtroppo, per quanto concerne la Sicilia, la documentazione riguardante le consuetudini, lo stile di vita, l’impronta spirituale delle istituzioni monacali dei secoli XI e XII è molto carente.
Invece, certe abbazie, come Fontevraud o Sijena, anche se parzialmente distrutte, soppresse o adibite ad altri scopi nell’800, grazie ad un’ampia documentazione, ci danno maggiore possibilità di farci un’idea della loro sorprendente organizzazione.
Liliane Juillerat
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