Il carretto siciliano è l’emblema della nostra isola, ma non soltanto per l’aspetto folkloristico che ha assunto oggi ma per ciò che rappresenta per la nostra tradizione. Ogni singola parte ci parla di un artigiano, di un artista della nostra terra che con la sua maestria e la sua arte ha contribuito alla costruzione di un mezzo che non trasporta solo merci ma tradizione.
Al giorno d’oggi, l’unica occasione per vedere un carretto siciliano a Palermo, è recarsi per le strade del centro storico. Qui possiamo vedere uno pseudo-carrettiere, che con modi affabili e un inglese maccheronico, vaga in cerca di turisti che vogliano farsi un giro della città a bordo del rinomato Carretto Siciliano. Ciò che ci viene mostrato adesso è un residuo folkloristico di una tradizione che fino agli anni 50 era alla base dell’economia isolana.
Il carretto era il mezzo di trasporto per eccellenza. Le strade dell’isola non erano agevoli (come se adesso lo siano), quindi i commercianti, per far arrivare le loro merci in tutta l’isola, affidavano i prodotti ai carrettieri. Questi compivano viaggi che potevano durare giorni.
Ma perché il carretto è adornato da così tante decorazioni?
Il carretto era lo strumento di lavoro dei carrettieri e per loro motivo di orgoglio.
Alla sua costruzione lavoravano maestranze di ogni genere, dal falegname al fabbro, dal pittore allo scultore. Ogni parte di esso ha delle particolari decorazioni che lo contraddistinguono. Quello che a noi è più visibile è la cassa. Questa è composta da sponde che possono essere trapezoidali o rettangolari, in base alla provincia da cui proviene il carretto. Negli scacchi delle sponde ritroviamo sapientemente dipinte le scene tratte dalla storia dei Paladini di Francia, santi e scene di battaglie realmente combattute. Molto spesso il carretto diveniva un mezzo di informazione per il popolo analfabeta. Attraverso le immagini dipinte venivano a conoscenza dei fatti storici accaduti.
Chi si occupava della pittura del carretto era il pittore, egli lavorava su commissione. Attraverso l’utilizzo di veline riproduceva la scena sulla sponda di legno, opportunamente trattata, e poi procedeva alla colorazione.
Oltre alle parti dipinte, di notevole pregio sono le parti scolpite.
La parte che presenta le sculture più belle è la chiave di carretto.
La chiave si trova sotto la cassa e, insieme alle mensole, regge il fondo di quest’ultima. Nelle chiavi spesso sono scolpiti santi, scene tratte dalla Storia dei Paladini di Francia e scene che raffigurano il momento in cui il carretto arriva in famiglia.
Dallo studio di queste chiavi è possibile risalire alla festa che si organizzava nel momento in cui un nuovo carretto veniva terminato e consegnato al proprietario. La famiglia imbandiva un grande banchetto e festeggiava il nuovo arrivato.
Molto importante è la decorazione de u pizzu, un riquadro di legno posto posteriormente al carretto, sotto la cassa. In questo riquadro spesso si ritrova scolpito San Giorgio che sconfigge il drago. Così facendo si voleva dare valore apotropaico alla scultura, in modo tale da proteggere carretto e carrettiere nei lunghi viaggi.
Simona Tullio