Definita “città tutto porto” sin dalle sue origini, fu solo verso la fine del 1500 che si ideò la costruzione del Molo Nuovo di Palermo, un’opera tanto grandiosa e dispendiosa che qualcuno definì “l’ottava meraviglia del mondo”, altri invece per il costo, lo chiamarono polemicamente “il molo d’argento“.
Scopriamo la sua storia
Prima del Molo Nuovo il porto di Palermo era “la Cala”
I primi navigatori che sbarcarono a Palermo, sfruttarono come porto la Cala, quella grande insenatura naturale dove sfociavano i due grandi fiumi Kemonia e Papireto.
L’ansa, una volta era così profonda da lambire la città fino alla chiesa di sant’Antonio Abate in via Roma, e consentiva l’ormeggio di numerose imbarcazioni. Ma col tempo, lo spazio si era ridotto per l’accumularsi dei detriti dei fiumi e la stessa città si era espansa all’intorno.
A quel punto fu necessario ampliare il porto costruendo un molo che proteggesse l’insenatura naturale della Cala: l’opera venne eseguita molto a rilento e, pochi anni dopo il compimento, fu pesantemente danneggiato, insieme alle navi ormeggiate, durante una tempesta nel 1469.
Così verso la metà del ‘500, sotto il regno di Filippo II di Spagna, il viceré di Sicilia, Garcìa de Toledo volle che la città fosse munita di un Molo Nuovo, adeguato al grande traffico navale che vi gravitava e nel 1566 il Consiglio Civico di Palermo ne deliberò il progetto: da quel momento la città avrebbe cominciato un lento ma inarrestabile processo di urbanizzazione.
La zona scelta per la costruzione del molo nuovo fu la fine della grande ansa che precedeva il borgo dell’Acquasanta. Furono acquistati i terreni circostanti, appartenenti alle famiglie Valguarnera e Spadafora, furono abbattute la tonnara di san Giorgio e la torre del Monaco e fu realizzato un grande stradone, chiamato poi “del Molo”, che costeggiando il mare attraversando il Piano della Consolazione (o dei Quattro Venti) avrebbe collegato il Molo alla città, all’altezza della porta di san Giorgio.
La costruzione del Molo Nuovo di Palermo
La prima pietra dell’opera fu solennemente gettata in mare il 19 giugno 1567, ma non dal viceré Toledo che era appena ripartito per Genova per l’ennesima campagna militare navale, ma dal capitano generale e Presidente del Regno di Sicilia, don Carlo Luigi d’Aragona Tagliavia, principe di Castelvetrano.
La realizzazione del Molo Nuovo impegnò i costruttori per più di 23 anni e solo nel 1593 l’opera poté considerarsi completata, quando venne costruita la lanterna del Molo, posta alla sua estremità, che migliorò la sicurezza della navigazione.
Il costo fu esorbitante. Pensate a quanto materiale fu necessario per realizzare una struttura di tali dimensioni: praticamente quasi 500 metri di banchina! La maggior parte fu estratto dalle falde del monte Pellegrino e trasportato con i carri. Per non dimenticare che con la demolizione della Tonnara, fu il Senato che dovette provvedere al pagamento dei diritti annuali che chiese, conventi e monasteri per contratto ricevevano dalla Tonnara: i cosiddetti botticelli e la mezza grana.
Per compensare in parte alle ingenti spese., fu introdotta una tassa speciale, un dazio che tutte le merci in transito dal porto dovettero pagare, passò alla storia come il “tarì uno”.
Il grande Molo nuovo fu così attivo e assicurò riparo alle numerose imbarcazioni che approdavano in città. Di tanto in tanto rimase danneggiato da violenti mareggiate, bombardamenti dal mare e soprattutto dal terremoto del 1°settembre del 1726 che costarono migliaia di scudi per le riparazioni, ma in buona sostanza rimase inalterato fino al 1865, quando venne ampliato diventando in seguito parte del grande nuovo porto di Palermo.
L’espansione della città: lo stradone del Molo Nuovo
Con la costruzione del Molo Nuovo, la città di Palermo ebbe un impulso all’espansione urbanistica oltre le mura nord occidentali. Fu lo stesso don Carlo D’Aragona, intorno al 1570, a promuovere la costruzione di un agglomerato urbano di “gente di mare” subito fuori le mura. Nacque in questo modo il borgo Santa Lucia (oggi Borgo Vecchio), così chiamato perché costruito intorno alla chiesa di Santa Lucia (esistente sin dal 1208, ricostruita dai francescani Riformati nel 1593 e rasa al suolo nel bombardamento del 1943).
Il Borgo e il Molo Nuovo furono collegati da una strada che costeggiava il mare: lo “Stradone del Molo” (oggi via dell’Arsenale), un ampio e piacevole viale che avrebbe visto fiorire, apparire e poi scomparire, diverse costruzioni importanti per la storia della città.
Nel Piano della Consolazione (oggi Ucciardone) sorsero la chiesa ed il convento di Santa Maria della Consolazione dei padri agostiniani, nei pressi di alcuni magazzini del Senato adoperati per la conservazione delle granaglie.
Lungo lo stradone dovevano esistere già delle taverne e delle abitazioni per i marinai e viaggiatori che approdavano a Palermo. Alcune erano di proprietà del Monastero di San Martino delle Scale e venivano dati in enfiteusi ricevendo un canone annuo in danaro o in derrate.
Su queste costruzioni preesistenti si accrebbero le nuove proprietà.
I gesuiti vollero costruire la loro “Quinta Casa“, destinata agli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, mentre nel 1630 fu completato l’Arsenale della Real Marina Borbonica, per la costruzione di grandi navi, proprio accanto al convento dei padri Mercedari, con annessa la chiesa di santa Maria della Vittoria.
Al principio dello stradone, nei primi decenni del 1700, il duca di Montalbo, Giovanni Maria San Martino Ramondetta, fece costruire il palazzo Montalbo che avrebbe poi dato il nome all’attuale via.
Proprio dove originava il Molo Nuovo, a difesa dello stesso, venne edificato il Castelluccio, un presidio fortificato, che inglobò l’antica tonnara e la chiesetta di S. Giorgio.
Circa a metà del Molo fu eretta la cappella delle Galee, intitolata all’Immacolata Concezione di Maria Vergine, dove si celebravano messe per i condannati costretti a scontare la pena a bordo delle galee.
Lo stradone del Molo divenne strada di collegamento con la città di grande importanza: venne abbellita con alberi di pioppo e oleandri colorati, diventando una piacevole passeggiata lungomare dalla chiesa di santa Lucia al Molo Nuovo, che i palermitani solevano godere nei caldi pomeriggi estivi, rinfrescandosi ora alla Fontana Grande dei Quattro Venti, al principio della strada o alla fine della passeggiata, alla fontana chiamata del Genio.
Di tutto questo oggi rimane ben poco. Le chiese, le fontane ed i conventi, fra i bombardamenti del 43, le distruzioni volontarie per ampliamento del porto e lo sviluppo urbano talvolta selvaggio, sono quasi del tutto scomparse. Rimangono il Palazzo Montalbo, privato totalmente delle ampie tenute che si dice arrivassero alle falde del monte Pellegrino, oggi restaurato, è diventato il C.R.P.R. (Centro Regionale per la Progettazione e per il Restauro e per le Scienze Naturali ed Applicate ai Beni Culturali). La quinta casa dei Gesuiti, dopo la soppressione degli ordini religiosi, ha cambiato destinazione d’uso, mentre l’Arsenale è oggi il museo del Mare.
La costruzione e poi i successivi ampliamenti dei cantieri Navali, sono costati il Castelluccio e soprattutto hanno chiuso il collegamento col mare, diventato in quel punto un polo industriale, così come il molo Nuovo è ormai solo una parte del grande porto di Palermo.
Saverio Schirò
Per Approfondire:
- V. Cigno – G. Fanelli – D. La Mattina – E. Lentini – R. Merlino ED, La via del Molo e la dimora storica di Palazzo Montalbo, in www.centrorestauro.sicilia.it
- R. La Duca, Il Molo nuovo: ottava meraviglia del mondo, in La città perduta, quarta serie, Edizione e ristampe siciliane, Palermo 1978
- C. Messina, Sicilia 1492 – 1799, un campionario delle crudeltà umane, L’Orma, Palermo 2022