Se dici ad un palermitano “ci vediamo alla Statua”, capirà perfettamente che l’appuntamento è a Piazza Vittorio Veneto, la rotonda alla fine della via Libertà, e benché il monumento posto al centro della piazza, sia conosciuto come “Statua della Libertà”, non tutti sanno che durante il periodo fascista gli venne assegnato il ruolo di “monumento ai caduti”.
Ripercorriamo la storia della Statua della Libertà
La prima costruzione del monumento, avvenuta nel 1910, consisteva in un obelisco alto poco più di 28 metri, che si ergeva, dopo una ampia scalinata, sopra un largo basamento in tufo bianco, decorato da palme, festoni e targhe. Davanti, una composizione scultorea a tutto tondo, riproduce una giovinetta che abbraccia una donna: allegoria della “Sicilia che si ricongiunge alla Madre Patria”.
Circa venti anni dopo, per tutta la larghezza del basamento, fu realizzato un grande altorilievo in bronzo che ricorda l’anelito di libertà di ogni popolo, realizzato nei due pannelli: “la Battaglia ed il Trionfo”; e sulla sommità dell’obelisco, fu posta una statua in bronzo di Mario Rutelli che raffigura la “Vittoria alata”.
L’epigrafe dettata dal poeta Mario Rapisardi spiega il significato del monumento:
Splenda nella memoria dei secoli l’epopea del 27 maggio 1860
preparata da cuori siciliani scritta col miglior sangue d’Italia
dalla spada prodigiosa di Garibaldi.
Il tuo ruggito o Palermo sfida magnanima a tutte le signorie
auspicio di liberazione a tutti gli oppressi del mondo.

Una monumento, dunque, che rendeva memoria dell’avvenuta liberazione della Sicilia ad opera di Garibaldi e dei Picciotti avvenuta proprio nel maggio del 1860.
Già da tempo c’era il desiderio di costruire un monumento che ricordasse l’evento e l’idea più gettonata era la costruzione di un grande arco trionfale all’incrocio tra la via Lincoln e la via Garibaldi / corso dei Mille: un luogo significativo per il passaggio delle truppe garibaldine. Tuttavia la proposta rimase accantonata: forse a qualcuno sembrava un revival del prospetto dell’Oratorio della compagnia della Pace? Costruito sulla porta di Termini e poi demolito nel 1852, era stato il varco attraverso il quale Garibaldi era entrato in città.
Non lo sapremo mai. Sappiamo invece che quando nel 1910, nel cinquantenario dell’evento, si propose di costruire un monumento commemorativo alla fine di via Libertà, molti non furono felici. Si lamentavano per il luogo considerato troppo lontano dal centro della città e dunque poco significativo. Altri invece appoggiarono la scelta, sostenendo che la piazza sarebbe stata la logica conclusione della via Libertà in via di definitivo completamento, e la città, si pensava, non si sarebbe ulteriormente espansa in quella direzione.
Il Comitato l’ebbe vinta e l’incarico per la costruzione della Statua della Libertà venne affidato ad Ernesto Basile che ne progettò la struttura e il tema scultoreo e decorativo.
La scultura e l’altorilievo in bronzo vennero eseguiti dallo scultore Antonio Ugo, mentre delle decorazioni marmoree se ne occupò Giuseppe Geraci. Il 27 maggio del 1910 la “Statua della Libertà” venne ufficialmente inaugurata.

Dalla Statua della Libertà al monumento ai caduti
La “Statua” col suo obelisco rimase il “Monumento alla Libertà” fino al 1931, quando, in piena epoca fascista, si deliberò di dedicare il complesso ai “Caduti della grande guerra”. Ancora una volta fu scelto Ernesto Basile, già 73 enne, per arricchire il monumento: l’architetto palermitano progettò e fece eseguire un grandioso colonnato a forma di esedra tutt’attorno in emiciclo che rese il complesso ancora più solenne e monumentale.
Contestualmente, in cima all’obelisco venne collocata la scultura del Rutelli e nella parte posteriore del monumento, furono poste due lapidi commemorative che riproducevano il bollettino della vittoria, riportata dagli italiani sugli austriaci, che aveva concluso definitivamente la “Grande Guerra” (1915/1918). Firmato dal generale armando Diaz, si riferisce all’ultima e decisiva battaglia combattuta dal 24 ottobre al 3 novembre 1918, nella cittadina del bellunese di Vittorio Veneto, che da quel momento diede il nome alla piazza.
Saverio Schirò
Fonti:
- Rosario La Duca, La città perduta, Cronache palermitane di ieri e di oggi, terza serie, Edizioni e ristampe siciliane, Palermo 1977
- wikipedia.org voce: “piazza Vittorio Veneto Palermo”
- immagini: Fabio P., CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
- palermodavedere.it