La storia della manna in Sicilia ha radici molto antiche, risalgono probabilmente agli arabi che importarono nella “terra del sole” i frassini da manna, gli alberi da cui ancora oggi viene estratto questo nettare zuccherino così ricco di proprietà benefiche.
L’origine del nome
La prima volta che abbiamo sentito parlare della manna, probabilmente è stato nella Bibbia, nel capitolo 16 dell’Esodo, quando il popolo di Israele dopo l’uscita dall’Egitto è affamato e reclama cibo a Mosè. Miracolosamente la notte piove dal cielo una “rugiada” che la mattina si cristallizza in una sostanza commestibile che servirà a sfamare il popolo. La prima volta che lo videro, gli israeliani chiesero “man hu?” che in ebraico significa “cos’è?” Ecco il significato del nome.
Una storia molto antica
Secondo il racconto biblico, la manna sarebbe conosciuta da almeno un millennio prima di Cristo, ma nonostante le diverse interpretazioni e ricerche, ancora oggi non è stata identificata l’origine della manna biblica, ma certamente nulla ha a che vedere con la manna che oggi conosciamo. Quest’ultima era già nota ai medici greci, romani e arabi che la consideravano un medicamento prezioso per le virtù benefiche e curative che le venivano riconosciute, e non proveniva dal cielo ma era estratta da alcuni alberi di frassino, dai quali “colava” come una resina biancastra.
Nei documenti antichi viene citata con nomi poetici come “nettare degli dei”, “secrezione delle stelle” o “miele di rugiada” per via del gusto dolce e le proprietà lenitive e lassative per le quali gli arabi intrapresero la coltivazione di questi alberi.
La manna in Sicilia
Quando intorno al IX secolo d.C. gli arabi invasero la penisola italiana, importarono insieme alla loro cultura, la coltivazione dei frassini da manna che attecchirono nel sud e in Sicilia per il clima caldo e i terreni calcarei.
In Sicilia furono interessati numerosi territori del nord e la produzione si diffuse in Calabria e nel Centro tanto che a metà del 1500, il Regno di Napoli impose un dazio sul prodotto.
Nel corso del XVII secolo l’interesse nei riguardi della manna coinvolse parte dell’Europa, soprattutto l’area tedesca e francese, dove veniva utilizzata come purgante mentre dalle foglie, dai semi e dalla scorza venivano estratte sostanze medicinali. e il botanico palermitano Paolo Silvio Boccone, ne esaltava le qualità: «La manna medicinale, purgativa del nostro secolo, lagrima o gomma d’albero, rende ornamento e lustro all’Italia, ove annualmente è raccolta dall’Industria dei Paesani».
Si calcola che all’inizio del 1900 fossero circa 6 mila gli ettari di frassino coltivati in Sicilia per produrre manna, che veniva richiesta dall’industria farmaceutica e dolciaria, rappresentando una voce importante nell’economia dei territori siciliani e calabresi. Ma da quando nel secondo dopoguerra fu scoperta la mannite di sintesi, l’interesse per il costoso prodotto naturale ha intrapreso un rapido declino. Di conseguenza la coltivazione dei frassini da manna è rimasta relegata nei territori di Castelbuono e Pollina con solo circa 250 ettari di frassineti di cui solo il 30% consente di ottenere la manna necessaria per le produzioni dolciarie.
Negli ultimi anni sono rimasti pochissimi gli agricoltori che ancora si dedicano a questa che può essere definita un’arte contadina.
Ma una luce nuova appare all’orizzonte da quando il prodotto è stato dichiarato presidio slow food e l’interesse per la manna è cresciuto: ogni anno, l’ultima settimana di agosto, a Pollina si svolge una sagra dedicata, con numerose iniziative interessanti: tra l’altro si può assistere alla metodica dell’estrazione dagli alberi e degustare vari prodotti. È anche possibile visitare il Museo Etnoantropologico della Manna e vedere gli strumenti usati per la raccolta e la lavorazione del prodotto.
La manna e le sue proprietà
La manna è una resina naturale che viene ottenuta praticando delle incisioni sul tronco di due specie di frassino: il fraxinus ornus e il Fraxinus angustifolia. Le incisioni sul tronco dell’albero vengono praticate quotidianamente da fine luglio fino a settembre, con una caratteristica roncola che si chiama mannaruolo, procedendo dal basso verso l’alto distanziando i tagli di due o tre centimetri. Dalle incisioni fuoriesce una linfa che forma un’unica massa con l’aspetto di una stalattite, perché a contatto con l’aria e il calore del sole la resina tende a solidificarsi.
Dal punto di vista organolettico, la manna è composta principalmente da mannite, acidi organici, sali minerali, mucillagini e diverse tipologie di zucchero che gli conferiscono il caratteristico sapore dolciastro. Naturalmente la composizione può variare a seconda della zona di provenienza, dal tipo e dall’età del frassino oltre che dall’andamento stagionale più o meno caldo e umido.
Tradizionalmente sono riconosciute due qualità di manna e quattro categorie merceologiche: la più pregiata è quella più pura, detta “eletta”, si ottiene dalla “colatura” della linfa che si solidifica a forma di “cannolo“. La seconda qualità è quella che rimane attaccata alla corteccia del frassino o gocciola sulle pale di fico d’india, usate tradizionalmente come contenitori naturali. Questo tipo di manna viene chiamata “drogheria” (impurità al 2%) e anche questa è destinata al consumo alimentare. Se la percentuale di impurità sale, viene definita di tipo lavorazione Pollina o Castelbuono e può essere impiegata nell’industria cosmetica.
Da alcuni anni, Giulio Gelardi, frassinicoltore di Pollina, ha consentito di ottenere una quantità più pura e cospicua di “cannoli” con la tecnica del filo: in pratica viene inserita una lamina in metallo sotto l’incisione, ed un filo di nylon viene mantenuto rigido tramite un piccolo peso alla sua estremità. La manna che fuoriesce dal taglio, senza toccare mai la corteccia dell’albero viene guidata dal filo, ottenendo cannoli molto più lunghi. Questa tecnica negli ultimi anni ha permesso alla produzione di svilupparsi e risollevare il futuro commerciale del territorio.
Da dolcificante naturale a prodotto farmaceutico e cosmetico
I cannoli di manna hanno una consistenza leggera e spugnosa ed un sapore dolce e per questo sono stati utilizzati in Sicilia come dolcificante naturale. La manna è dolce, ma ha poco zucchero ed inserita nelle ricette di torte, biscotti e specialità di pasticceria come il famoso panettone alla manna, consente a questi dolci di essere consumati anche da persone che non possono o non vogliono assumere zucchero in eccesso.
Oggi la manna per lo più è resa famosa dai prodotti dolciari che vengono prodotti a Castelbuono, ma le sue qualità farmaceutiche sono conosciute fin dai tempi più antichi. Veniva usata in polvere o sotto forma di decotto o infuso come lassativo e depurativo in quanto non irritava la mucosa intestinale.
Anzi era noto il suo potere come antiacido in caso di gastriti. Quando non esistevano prodotti farmaceutici dedicati, la manna veniva adoperata come decongestionante e calmante delle bronchiti croniche, faringiti, laringiti e tonsilliti anche grazie alla sua componente zuccherina.
Anche la corteccia del fusto e della radice, insieme a foglie e semi possiedono delle qualità che una volta venivano valorizzate: sotto forma di decotto o in polvere per contrastare le febbri oppure sotto forma di infuso o sciroppo come antireumatico, antigottoso, diuretico e purgativo.
Ultimamente la manna meno pregiata viene usata nella cosmesi per la capacità di rendere la pelle liscia e morbida per cui si producono creme e saponi naturali.
Saverio Schirò
Fonti: ANTONIO GALATI, La rivalutazione della frassinicoltura per la produzione di manna come prodotto officinale, in academia.edu
ALESSANDRO ABBATE, Produzione, uso e commercio della manna da frassino siciliana tra il XVII e il XIX secolo in A cura di Giuseppe Campagna ED, Società, Potere e Libertà. Studi storici dal Medioevo all’età contemporanea, 2016 Aracne;
CHARLES LODER, Loder, What is Manna? in academia.edu