Restare sempre i ragazzi della parrocchia è una nostra prerogativa.
Mi ricordo ancora il primo articolo con foto del Giornale di Sicilia che titolava “Lasciare libero lo scarrozzo, il cabaret nato in parrocchia” e nell’intervista che ci avevano fatto avevamo detto con orgoglio di essere “ragazzi di Chiesa” e che nel nostro essere amici inseriti in vari gruppi o realtà ecclesiastiche (Azione Cattolica, Gioventù Ardente Mariana, Gioventù Impegno Missionario, Rinnovamento nello Spirito, Gen con la bella esperienza della Mariapoli, Cammino Neocatecumenale), abbiamo gustato il piacere di stare insieme e di far divertire divertendoci.
Mi ricordo della bella esperienza che io e Giuseppe abbiamo fatto girando con un gruppo di ragazzi che si preparavano alla Cresima, seguiti dai padri di Semeria di San Martino delle Scale con il grande amico Don Michele Celiberti in Puglia e in Basilicata, inscenando del cabaret copiato, esibendoci in tante scuole e riscuotendo inaspettato successo.
Questo è sicuramente un fatto importante, in quanto abbiamo avuto tanti santi sacerdoti che ci hanno stimato e hanno seguito il nostro essere bricconcelli.
Abbiamo già citato il compianto Lillo Tubolino che amava la nostra comicità, come il nostro caro amico Monsignor Enzo Monaco. Con quest’ultimo mi ricordo che avevamo avuto una discussione in quanto io facevo il catechista in parrocchia e aveva dei dubbi sul mio essere anche cabarettista. A quel punto chiamammo in aiuto una persona a noi molto cara, Don Mariano Fiasconaro, che in quel periodo era Vicario del nostro territorio e lui con molta serenità ci disse che aveva visto il nostro cabaret in Tv e non vedeva alcun problema, anzi mi invitava a continuare perché facevamo divertire la gente e questo era un grande pregio. Addirittura successivamente mi disse di aver approfondito la ricerca ed aver trovato un vescovo a Ecatepec de Morelos in Messico che era stato un cabarettista.
Un altro caro sacerdote, anche lui adesso in Cielo, che ci ha sempre seguito nel nostro percorso è stato Don Alessandro Manzone che ci invitava spesso in parrocchia per fare qualche spettacolino. Mi ricordo che una volta eravamo in cartellone al Teatro Crystal di Palermo gestito dalla famiglia Pupella (adesso non c’è più e la compagnia si è trasferita al Teatro S. Eugenio) e inaspettatamente vedo Padre Alessandro in fila al botteghino per pagare il biglietto ed assistere allo spettacolo, il piacere è stato immenso e con il consenso del gestore non solo è stato ospite nostro, ma gli abbiamo dato un posto d’onore.
Sicuramente, come abbiamo già raccontato, è stata bella l’esperienza del Musical sulla vita del nostro caro Beato Pino Puglisi, o anche lo spettacolo per tutti i Diaconi della Sicilia, invitati da un Diacono d’eccezione, il nostro caro amico Don Nunzio Carrozza.
Sicuramente potremmo continuare l’elenco dei tanti spettacoli che abbiamo fatto in tante chiese (anche nella Parrocchia di San Tarcisio con Don Mariano Graziano o nella Parrocchia di Sant’Oliva sempre con Monsignor Monaco, a Pallavicino o al Villaggio Ruffini con Padre Polizzi, e tantissimi altri ancora in tante parrocchie siciliane che non cito per evitare di dimenticarne qualcuna).
E, come sempre, qualcosa di simpatico è successo, mi riferisco ad un episodio di tanti anni fa quando un nostro carissimo amico Padre Raffaele Mangano era vicerettore al seminario Arcivescovile di Palermo.
Piccolo antefatto: nella nostra parrocchia spesso vengono assegnati dei seminaristi che normalmente seguono i giovani della parrocchia (Padre Antonino Raspanti, adesso Vescovo di Acireale, o Padre Todaro per citarne alcuni di quel periodo) e in particolare mi ricordo di un giovane seminarista che appunto era Don Raffaele Mangano. Quella volta ci invitò al seminario e ci offrì delle merendine confezionate e ripetutamente ci diceva: “Le volete le merendine?”, noi dicevamo: “no” e se le mangiava tutte lui, o mitiche partite di calcio che faceva con i giovani alle quali partecipava Giorgio perché io e Giuseppe non abbiamo molta familiarità con tale sport (nel senso che ci “toccavano per insalata” chi capisce, capisce), insomma si era creato un bel rapporto.
Torniamo al momento in cui, come vicerettore del seminario, ci chiede di fare uno spettacolo di cabaret per una festa che si sarebbe svolta con la presenza del Cardinale Pappalardo, di tanti sacerdoti e delle suore.
Ovviamente non aveva dubbi sul fatto che lo spettacolo anche se di cabaret (come se il termine cabaret fosse una sorta di connotazione di spettacoli con presenza di parole sconce o argomenti piccanti) fosse adatto alle famiglie presenti, nonché a tutte le persone citate.
Grazie alla grande confidenza che ci lega, non appena un poco prima dello spettacolo dice a me e Giuseppe la fatidica frase: “non ci sono parolacce, giusto?” invece di rispondere con un ovvio e scontato “no” diciamo all’unisono, senza esserci messi d’accordo, che normalmente non c’erano problemi e che l’unico rischio era se Giorgio fosse nervoso, perché in quel caso non potevamo garantire nulla.
Capite bene che da quel momento Padre Raffaele stette accanto a Giorgio prima dell’esibizione e ogni volta che usciva per cambiarsi costume di scena chiedendogli ripetutamente ed in modo preoccupato: “Giorgio tutto bene? Non è che per caso sei nervoso?” E Giorgio, che inizialmente non capiva e poi avvisato da noi, cercava di farlo preoccupare accennando a qualche difficoltà che poteva generare un piccolo nervosismo e il caro Don Raffaele era pronto a portare acqua, a vigilare su amplificazione e tutto il resto.
Come ben potete capire alla fine gli abbiamo svelato il mistero e non si fece una gran risata come ci aspettavamo, credo che durante lo spettacolo ripetesse a sé stesso “Ma chi fuvu folle ad invitarli!”
-E aveva ragione siete sempre gli stessi. Giorgio è vero ma l’occasione era troppo ghiotta, è vero Giuseppe?
– È inutile che mi fai dire quello che sai che è così. E poi, basta dire “Giorgio” e ho detto tutto sul fatto che deve sempre mettere una parola in più.
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