Quando si era ragazzi negli anni ’80 a Palermo (e si era “ragazzi di Chiesa”) si passava una settimana di attesa per arrivare alla sospirata domenica e ci si vedeva con la mitica comitiva di San Tarcisio. Il momento più tragico era quando si doveva decidere dove andare…trenta teste, trentuno posti diversi!
Sì, 31 perché dal citofono del palazzo di Giuseppe, dove eravamo soliti riunirci, si sentiva la voce del Signor Ficano che ci diceva: “Ragazzi sapete dove potete andare?” E noi tutti in attesa sperando fosse l’idea geniale…: “sotto casa di qualcun altro invece di fare casino sempre qua sotto! C’è mio figlio che deve studiare ed è già tre ore che legge sempre lo stesso rigo, vuoi perché con questa caciara si distrae, vuoi perché vorrebbe uscire con voi…la lezione la finisce a Pasqua…e siamo a Natale!
Dopo le proposte più belle: Mondello a passeggiare, alla Marina a giocare agli autoscontri, a Ficarazzi al Minigolf, a Caccamo a mangiare la pizza al Castello, il tempo passava e ogni proposta aveva il rovescio della medaglia perché mancavano i mezzi (auto, moto, bici) o mancavano i mezzi (soldi, gettoni telefonici, ecc). Si finiva per andare al bigliardino del sig. Baio sotto casa…i soldi per mezz’ora di boccette c’erano sempre!
Invece crescendo iniziano a sbucare le prime auto, in modo timido. Sostanzialmente auto dei genitori: vecchie 500, 126, 127, 850 per arrivare alle nostre prime auto come la mia mitica Renault 4 comprata di seconda mano dove all’interno riuscivamo ad entrare in 9. Non è una battuta perché chi la ricorda aveva i sedili uniti sia davanti che dietro e un cofano che si collegava con l’abitacolo.
Allora le mete di prima erano più raggiungibili e si andava anche a giocare a nascondino a Monreale, avremmo potuto farlo nel quartiere: ma vuoi mettere il piacere di giocare in trasferta?! Partite di dama sopra i bidoni della spazzatura, briscole in 5 con lite incorporata e ovviamente la passione per il cabaret.
Spesso per questa passione eravamo rimproverati nel gruppo parrocchiale, perché abbiamo sempre avuto il gusto di far ridere l’altro. Per cui durante una riunione scoprii di riuscire a muovere le orecchie facendo ridere fragorosamente Giorgio e facendolo letteralmente “buttare fuori” dall’allora capogruppo Stefano, nostro caro amico.
E tante volte molti non capivano che quelle erano prove tecniche della nascita di un gruppo di cabaret.
Le gite nei pullman erano altre prove importanti. Mi ricordo che io e Giuseppe, durante un viaggio di ritorno da una gita, siamo riusciti a raccontare ininterrottamente barzellette senza fermarci un solo attimo con alcuni degli altri ragazzi che per le risate si sbattevano la testa letteralmente ai finestrini.
Per i carnevali avveniva la stessa cosa, un anno abbiamo allestito un matrimonio vero e proprio con una macchina del papà di Giulio che faceva da autista, Giuseppe vestito da prete messo nel sedile davanti e una coppia di sposi d’eccezione: io, la sposa, col vestito originale di mia madre e Giorgio lo sposo. La gente ci faceva gli auguri ma avvicinandoci si rendeva conto che c’era qualcosa di strano e si concludeva il tutto dentro una sala biliardo con gli avventori che ridevano.
Ma era qualcosa che stava per nascere, voglia di esibirci, voglia di divertirci, voglia di far divertire la gente e soprattutto la sfida è sempre stata, come ho detto più volte, di cercare di far ridere l’altro. Se cercare l’allegria e la risata dell’altro è volersi bene, sì, noi ci siamo voluti e ci vogliamo bene.
Una amicizia che dura da oltre 45 anni con liti continue ma mai un allontanamento o una discussione per soldi o per stanchezza, solo per diversità di vedute sul cabaret.
Come ben sapete ognuno ha la sua idea di comicità e dopo un periodo iniziale in cui siamo stati sempre in tre nella scena, molti pezzi sono a due.
Io faccio la spalla per due anime comiche, quella di Giuseppe e quella di Giorgio. Abbiamo due diverse idee di comicità che magari riescono ad accontentare i vari gusti del pubblico riuscendo a non cedere alla tentazione di seguire strade diverse. Avrete letto la puntata sui componenti del gruppo, ma la cosa importante è che noi 3 (Io, Giorgio e Giuseppe), ci siamo sempre stati. La tentazione di provare strade diverse magari avrà sfiorato ognuno di noi ma, grazie a Dio, siamo sempre stati uniti, vincendo le nostre idee diverse e soprattutto creando col cabaret la voglia di vederci, di divertirci, di prenderci in giro.
Sicuramente non saremo noti a tanti, sicuramente non piaceremo a tantissimi, non avremo mai milioni di like nelle cose che facciamo o fiumi di gente ai botteghini, ma ancora dopo 39 anni abbiamo gente che viene a vedere i nostri spettacoli. Impresari che ci vogliono nelle loro rassegne, teatri che ci mettono nei cartelloni, persone che si ricordano le nostre battute, gente che ci riconosce e questo ci basta per dire che se Dio vorrà potremo continuare questa avventura.
Una puntata stile amarcord, una dichiarazione d’amore tra di noi e per voi che avete la pazienza o la voglia di leggere le puntate che pubblichiamo, forse oggi avrete letto poco di fatti singoli accaduti, ma mi piaceva farvi conoscere una parte di noi che ha sempre dettato il nostro essere gruppo: l’amicizia!
–Adesso però smettiamo di fare così altrimenti mi metto a piangere. Giorgio finiscila, tu non piangeresti mai, ti conosco troppo bene.
–Però ogni tanto quando vi propongo di fare qualcosa di più impegnato potreste ascoltarmi. Giuseppe credo che già in quello che facciamo mettiamo l’impegno di trasmettere un pezzo della nostra anima alla gente e mi sembra tanto.