Una delle protagoniste assolute delle cronache medievali in Sicilia, fu Macalda di Scaletta, una donna dalla vita così straordinariamente varia e densa di eventi significativi, che per narrarla non basterebbe un solo film, ma piuttosto una serie TV con svariate stagioni.
Per essere brevi possiamo dire che nacque da una famiglia di umilissime origini, che fu un’abile guerriera, che è stata una delle figure decisive della Guerra del Vespro, che ha intrapreso un’ambiziosa scalata sociale tanto da insidiare il trono di Sicilia e che le sue mire politiche le si ritorsero contro causandone infine l’arresto e la detenzione fino alla fine dei suoi giorni.
Questi sono solo gli elementi salienti di un’intensissima storia fatta di intrighi, complotti e scandali sessuali. Interessante, vero?
Scopriamola meglio.
L’incredibile storia di Macalda di Scaletta
Le origini della famiglia
Per raccontare la storia di Macalda, dobbiamo partire dall’altrettanto incredibile vicenda di suo nonno Matteo Selvaggio, figlio di una venditrice ambulante di frutta e ortaggi, il quale agli inizi del 1200 iniziò a lavorare per il custode del castello di Scaletta, in provincia di Messina, con la mansione di servitore o forse di guardia armata.
Quando intorno al 1220 il castellano morì, la carica vacante fu assegnata proprio a lui, per concessione dell’imperatore Federico II, ma fin qui niente di strano.
Il vero colpo di fortuna arrivò solo qualche anno più tardi, quando proprio Matteo Selvaggio rinvenne una grande “trovatura”, un tesoro nascosto all’interno del castello, si pensa appartenente ad un emiro arabo che lo sotterrò per sottrarlo alle grinfie dei conquistatori normanni.
Il ritrovamento di questa grande fortuna cambiò per sempre la vita e le sorti di questo umile servitore, che poté così iniziare una scalata sociale che avrebbe coinvolto anche i suoi discendenti.
Abbandonò il cognome Selvaggio per assumere un più altolocato “Di Scaletta”, proprio dal nome del castello che aveva mutato le sue sorti, poi utilizzò il denaro per permettere al figlio Giovanni di studiare legge, visto che in quegli anni la professione giuridica era il massimo a cui una persona senza nobili natali potesse aspirare.
In effetti la scelta fu azzeccata, e Giovanni di Scaletta ebbe una prestigiosa carriera che lo portò al matrimonio con una nobildonna siciliana appartenente alla casata dei Cottone.
Da questo matrimonio nacquero due figli. Il maggiore, Matteo II e la più piccola, chiamata Macalda.
La gioventù di Macalda di Scaletta
Nelle cronache medievali la giovane Macalda è descritta come una ragazza di bellissimo aspetto, molto abile nell’uso delle armi e nelle arti militari, a cui era stata addestrata sin da piccola, ma soprattutto una vera artista dell’arrivismo, visto che era disposta a tutto pur di continuare l’ambiziosa scalata al potere che suo nonno aveva iniziato quel fortunato giorno.
Il primo passo verso il potere fu il matrimonio con l’ormai decaduto barone di Ficarra Guglielmo D’Amico, il quale sperava di riguadagnare il feudo e le proprietà perdute grazie all’influenza derivata dalle ricchezze della giovane moglie.

Il piano del barone si rivelò però fallimentare. Completamente in disgrazia e gravemente malato, Macalda decise che ormai quel marito morente non poteva più esserle utile in alcun modo, perciò lo abbandonò, iniziando a vagare per la Sicilia e il sud Italia travestita da frate.
Si racconta che durante questo periodo Macalda non si fece scrupolo a sfruttare la propria bellezza e sensualità per ottenere ospitalità e favori, intrattenendo persino relazioni incestuose con alcuni suoi parenti a Napoli e Messina.
Non sappiamo bene come, ma ad un certo punto il giro di influenze ottenuto dalla giovane donna, fece sì che re Carlo I D’Angiò, le riassegnasse tutte le proprietà perdute dal marito, che intanto era morto senza essere riuscito nell’intento. Per volere del re, Macalda doveva anche risposarsi con uno dei suoi più fidati consiglieri, il nobile Alaimo da Lentini, uno degli uomini più potenti della Sicilia.
Nonostante la grande differenza d’età tra i due (Alaimo era circa 30 anni più vecchio di lei), questa rappresentava una grande opportunità per la donna, che in un solo colpo era riuscita a conquistare terre, ricchezze e prestigio.
Ma la sua storia era tutt’altro che finita.
Intrighi e tradimenti
Allo scoppio della Guerra del Vespro, marito e moglie decisero di abbandonare la corte angioina per schierarsi con i siciliani. Alaimo, come sappiamo, lo fece apertamente, recandosi a Messina per difendere la città dagli assalti dell’esercito straniero, Macalda invece, in modo meno evidente, ma altrettanto decisivo.
Con un astuto tranello, sfruttò tutto il suo fascino e le sue doti diplomatiche, per convincere i nobili e i generali francesi, che lei era ancora fedele a re Carlo e che dunque era ben disposta ad accoglierli nel proprio castello, dove avrebbero potuto trovare riparo dai tumulti della folla in rivolta.
Accoltili con tutti gli onori e con grande benevolenza, Macalda organizzò per loro una cena fastosa, ma durante il pasto, le sue guardie uccisero in silenzio la scorta angioina e catturarono gli ignari ospiti, i quali furono spogliati e consegnati ai rivoltosi, che di certo non riservarono loro un trattamento onorevole.
A quanto pare l’uccisione del drappello di nobili e generali fu un episodio decisivo, che privò l’esercito francese della guida necessaria a condurre le operazioni di guerra.
Nel frattempo, protetta Messina e divenuto uno degli eroi del Vespro, proprio Alaimo da Lentini divenne uno dei principali sostenitori dell’insediamento di un nuovo sovrano. La scelta ricadde su Pietro III d’Aragona, marito di Costanza di Svevia, l’ultima discendente di Federico II.
Il nuovo re, una volta sul trono, lo ricompensò con il ruolo di Gran Giustiziere di Sicilia e con numerosi altri titoli e feudi.
Sembrava l’inizio di una proficua alleanza, ma le cose erano destinate a cambiare ancora.
La regina Macalda
Con l’insediamento del nuovo sovrano, Macalda vide davanti a sé una nuova opportunità di successo. Seducendo il re e diventando la sua amante, avrebbe potuto ottenere enormi vantaggi e favori.
Approfittando di una visita di Pietro III a Randazzo, decise di andare a presentarsi in pompa magna, con splendide vesti e brandendo una grande ed allusiva mazza d’argento. Le sue intenzioni furono ben chiare da subito al sovrano, che però decise di non cedere alle avance della donna, pur trattandola con grande rispetto e cortesia.
Fallito il primo tentativo, Macalda non volle demordere, e seguì il re in giro per la Sicilia, cercando ogni scusa per dormire sotto il suo stesso tetto ed intrufolarsi nelle sue stanze, ma nonostante tutto il sovrano riuscì a resistere ad ogni attacco, trovando sempre il modo di non rimanere da solo con lei ed ostentando pubblicamente la sua fedeltà coniugale.
Il rifiuto di re Pietro ferì profondamente l’orgoglio della donna, che pur rimanendo un’assidua frequentatrice della corte (insieme al marito), cominciò a rivaleggiare con la regina Costanza, cercando di offuscarla ogni volta che se ne presentava l’occasione.
Iniziò a sfoggiare abiti e gioielli di eleganza regale, provando a superare la sovrana in ogni sua apparizione pubblica.
Noto è l’aneddoto in cui, quando la regina visitava una città con il suo seguito di 30 cavalieri, lei si presentasse subito dopo con un corteo altrettanto sfarzoso, ma composto da oltre 360 uomini.
Insomma, Macalda cominciò ad atteggiarsi a regina, tanto che si rifiutava di riconoscere questo appellativo alla legittima sovrana.
Il triste epilogo

L’ostentata ostilità di Macalda fu ben presto invisa alla corte aragonese, tanto che alla prima occasione si trovò un pretesto per sbarazzarsi di lei e del marito, che godeva di una tale popolarità in Sicilia da essere secondo solo al re.
L’occasione fu la grazia concessa da Alaimo a Carlo lo Zoppo, figlio di Carlo I d’Angiò. Tale episodio risvegliò gli echi del passato filo-angioino del Gran Giustiziere e gli causò una poco fondata accusa di tradimento.
Alaimo da Lentini nel 1284 fu convocato dal re, che intanto era ritornato a Barcellona, mentre Macalda fu arrestata e condotta nel castello Matagrifone di Messina.
Il primo, per quanto accolto con riguardo e cortesia da Pietro III, fu sempre strettamente sorvegliato e di fatto trattato come un prigioniero, sebbene il re nutrisse verso il siciliano un sentimento di rispetto e riconoscenza che gli impedì di formulare una condanna. Tuttavia lo scenario cambiò un anno più tardi quando, morto Pietro, gli successe il figlio Giacomo, il quale non nutriva la stessa simpatia verso Alaimo.
Dopo 3 anni di prigionia Alaimo fu imbarcato su una nave diretta in Sicilia dove però, alla luce di nuove presunte prove a suo carico, gli venne letta la sentenza di morte.
Nei pressi di Marettimo, concessogli un ultimo sguardo alla sua amata terra, Alaimo da Lentini fu avvolto in un lenzuolo e gettato vivo in mare legato ad una zavorra.
Di Macalda invece non si hanno molte notizie certe dopo la cattura. Si sa soltanto che trascorse una lunga prigionia nel castello di Messina, dove amava passare il tempo giocando abilmente a scacchi con l’emiro tunisino Margam ibn Sebir, anch’egli prigioniero. Questo fa di lei la prima scacchista siciliana conosciuta.
Sulla sua morte invece non vi sono certezze, alcuni documenti ne attestano la sopravvivenza almeno fino al 1308, ma le notizie in merito non sono del tutto attendibili.
Alla storia di Macalda, della quale va detto che conosciamo prevalentemente versioni a lei ostili scritte da autori suoi contemporanei, sono ispirate diverse opere letterarie, teatrali e musicali, nonché alcuni personaggi del Decameron di Boccaccio.
Una trama così certamente merita di essere conosciuta.
Fonti: M. Amari, La guerra del vespro siciliano o Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII, volume I, Tipografia Helvetica, 1845
Bartolommeo di Neocastro, Historia Sicula 1250-1293
Wikipedia.org – Macalda di Scaletta
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