Anche se tipicamente siciliano, celebrato dalla letteratura e dall’arte, capostipite del noto cactus, il ficodindia o fico d’india, viene da molto lontano e non certo dall’India, come può sembrare.
Scoperto in Messico da Hernando Cortes, giunse in Europa solamente nella seconda metà del cinquecento attraverso gli spagnoli e dopo arrivò anche in Sicilia, introdotto dagli arabi, dove, per clima e arida terra, attecchì facilmente ed ebbe anche un buon successo.
Sul ficodindia si inventò anche una leggenda, menzionata da Giuseppe Pitrè, che dice: che lu pedi di ficudinnia era pianta velenosa, portata in Sicilia dai Turchi per distruggere i siciliani e che il buon Dio, che tanto ci ama, li avrebbe resi dolcissimi ed anche benefici; battezzato, in seguito, come “frutto della salute”.
Il succo di fichidindia con l’aggiunta di un po’ di zucchero è ottimo per combattere la tosse. Con i fiori secchi si fa un decotto che calma le coliche renali, ha pure un effetto benefico negli individui con alto tasso di colesterolo nel sangue e nei diabetici attenuandone l’ipoglicemia.
Le scorze e le pale servono a nutrire vacche e vitelli e il frutto che si conserva all’interno è davvero una delizia.
Possiamo trovarli di differenti colori a seconda della varietà: giallo-arancione nella varietà sulfarina, rosso porpora nella varietà sanguigna e bianco nella muscaredda
Fra i meriti dei Siciliani pare esserci l’invenzione del fico d’India scuzzulato (“bastandone”) nato, a quanto pare, da una lite fra confinanti di terreni.
Per nuocere ad un vicino, come diremmo noi “pi faricci nu sfreggiu”, un contadino recise i fiori sulle piante pensando che in questo modo non avrebbero fatto i frutti e invece la fruttificazione fu solo ritardata, i frutti crebbero ed anche più grossi e più succosi di quelli precedenti!
Nella tradizione culinaria siciliana il ficodindia viene utilizzato per ottenere sciroppi, marmellate, gelato, mostaccioli e la deliziosa mostarda, ottimo dolce da riposto che una nostra amica lettrice ci ha invitato a fare mandandoci la tradizionale ricetta.
Mostarda di fichi d’india
Preparazione
Pelare i fichi d’india, passare al setaccio i frutti; in un tegame cuocere 1 litro del nettare ottenuto con 50 gr di farina di semola e 100 gr di zucchero, lasciando addensare. Quando la crema si è rassodata versarla dentro delle formine, asciugatosi il composto, sformare e lasciare essiccare ancora al sole. I dolcetti verranno poi avvolti nella carta oleata e conservate dentro contenitori di latta per consumarli nei giorni freddi dell’inverno al posto della frutta
Questa è la variante con frutta secca più adatta alla conservazione, si potrà arricchire la crema a fine cottura aggiungendo: un pizzico di cannella, gr 50 di noci, gr 50 di mandorle abbrustolite, 2 cucchiai di buccia di arancia e 2 cucchiai di buccia di mandarini a pezzetti.
Ricetta di Nonna Fortunata
a cura di Carmela Briscuso