Con questo quadro vogliamo inaugurare una nuova rubrica. La volontà è quella di favorire la conoscenza artistica. Prospettare un nuovo modo di relazionarci con le opere pittoriche senza necessariamente essere dei grandi critici d’arte. Proponiamo così il rapporto con un opera nel suo modo più autentico e realistico invitando alla riflessione su ciò che un opera è in grado di causare in noi. Ogni opera indica in noi un sentimento diverso. Il nostro dialogo con le opere è diverso in base al nostro stato d’animo, al nostro carattere, alla nostra educazione. Inevitabilmente però qualcosa di oggettivo nei quadri esiste, e noi ripartiamo proprio da una chiave di lettura, da una tematica che può (ma anche no) essere trattata dal quadro, in questo senso ci limiteremo a prospettare una storia, voi raccontateci le vostra.
Night, del 1964 di J. Koch (1909-1978) pittore americano realista.
Due corpi nudi su un letto disfatto e sgualcito, evidentemente dopo aver fatto l’amore. La sessualità di una coppia.
Non vi sarà l’esegesi stilistica o il tentativo si sviscerare ogni piega psicologica del quadro e del suo autore, non è questo l’approccio a l’arte che vi voglio suggerire. Io vi chiedo cosa vedete voi. Che sensazione vi da quest’opera e più in generale la tematica che tratta, la sessualità di coppia oggi.
Io ci vedo un immensa tristezza, ci vedo il male dei nostri giorni. L’incapacità di mantenere dei legami stabili. Due corpi nudi cosi apparentemente vicini eppure cosi soli. L’uomo che legge distratto e la donna evidentemente insoddisfatta prova a dormire. La classica coppia divorata dalle abitudine, non credete?
Una quotidianità disarmante che riflette le nostre paure. Catturati in un rapporto dove si è ormai consumato tutto; la pur giovane coppia è ormai ad un passo dal separarsi, ha ormai provato tutto. Probabilmente lei non voleva neanche farlo quella notte; ha assecondato le voglie del compagno solo per non sentirsi rinfacciare che non lo fanno più spesso come una volta. La loro è una storia finita che in quei 40 secondi di libidine si è sola staccata dalla quotidiana finzione.
In modo così ancestrale quasi istintivo, hanno trovato una vitalità che per quanto effimere li ha riportati in vita, in un attimo di realtà. Ma dopo? Dopo non c’è niente, forse perfino un senso di colpa, lui pensa che potevo fare meglio e lei pensa che non doveva concedersi, che non se lo meritava, come se fosse una conferimento, come se a lei in fondo non fosse mai piaciuto.
I corpi sono vicini, si, ma lontani, il distacco tra loro ha preso una forma, è qualcosa di tangibile ed egoista come l’amore che diventa adulterio. Si magari tra loro c’è già qualcun altro, perché viviamo nell’epoca in cui le coppie durano poco, abbiamo relativamente da poco scoperto che se vuoi puoi cambiare, e nulla è per sempre; siamo solo lo specchio di contesti storici, e se mio nonno e mia nonna hanno avuto figli, è stato solo per un senso di dovere. Oggi non è più cosi, oggi siamo il risultato di prodotti sottoculturali che ci spingono a vivere nel modo più possibile aperto la nostra sessualità, che ci spingono a cambiare. Le finzioni che quotidianamente viviamo trovano una via di fuga nel nostro intimo, e il sentirsi violare da sconosciuti anche nel modo più brutale diviene comunque qualcosa di reale, diviene una via di fuga, e il dopo non può che essere il distacco, non può che essere un gigantesco senso di colpa, un vizio della volontà che si manifesta nella solitudini di due corpi in compagnia.
O forse no, forse il dopo non ci interessa tanto. Forse in questo quadro non c’è nulla di triste, i due si amano, non pensano a nessun altro, lei è semplicemente stanca e dorme mentre lui non ha sonno e legge il giornale. Forse il dopo non ha alcun valore, quello che conta è il prima e il profondo significato che può assumere. Quel prima fatto dal non negarsi piccoli e fugaci piaceri, anche se insignificanti, anche se estremamente compromettenti, non è tanto il piacere fisico da inseguire, non è la pura lussuria carnale ad essere il metro del nostro vissuto e delle nostre esperienze, ma l’emozione, è la passione che sta prima di quell’atto, l’inarrestabile volontà che sta dietro il bacio, l’innalzarsi della passione che conduce due sguardi a cercarsi e a trovarsi, il sorriso imbarazzato e sincero dopo essersi sfiorati le dita.
Il sesso? Beh, quello può essere la sola conseguenza di tutto quello, ed è quello, che vuol dire vivere. tutto quel prima è sentirsi vivi, un lottare contro quegli stessi prodotti sottoculturali imposti dalla globalizzazione dei sentimenti. Il dopo non è altro che tornare alla finzione del reale.
Voi cosa ci vedete?
Pietro Schirò
A me sembra assolutamente una coppia normalissima che dopo aver fatto l’amore si prendere un pò di spazio… Non è che si deve dormire per forza abbracciati… Ma poi l’autore è realista, ritrae quello che accade il 90% delle volte, solo che di solito ci rivestiamo.
Ottima scelta: il quadro è davvero intrigante e si offre a molteplici interpretazioni. Non è il caso di farne qui una critica ma semplicemente dire quello che evoca in ogni spettatore indipendentemente dalle intenzioni dell’artista. Se dovessi dire quello che ci vedo io userei solo una parola: insoddisfazione. Della coppia, del sesso, della vita. Il perché è tutta un’altra storia.
Sono d’accordo con la tua prima analisi anche a me da una sensazione di tristezza! di un rapporto consumato senza passione, vuoto e squallido, ormai i due stanno insieme per abitudine così come per abitudine fanno l’amore….non c’è più dialogo tra loro, non c’è più amore!