Tantissimo si è scritto sulla strage di Portella della Ginestra, tante verità sono emerse dalle indagini e dai resoconti delle persone che ne hanno fatto parte, ma molti misteri e segreti sono rimasti irrisolti. Non scrivo per questo.
Voglio parlare della strage di Portella per non dimenticare quello che è successo, per rispetto di chi, innocente, ha perso la vita, e di quelle persone che hanno vissuto quel tragico momento rimasto scolpito nel loro ricordi e nei loro occhi, anche se ormai la maggior parte di loro non c’è più: mio padre, Pietro Schirò, è stato uno di questi, ferito a Portella della Ginestra il 1 maggio 1947.
Portella della Ginestra

Portella della Ginestra è una contrada di Piana degli Albanesi nella strada che conduce a San Giuseppe Jato e San Cipirello. Un pianoro a pochi km dal paese, posto alla confluenza dei monti Pizzuta e Kumeta. Una spianata incolta, piena di grossi massi, resa famosa dalle manifestazioni che ogni primo maggio raccoglievano le famiglie dei tre paesi, per celebrare la festa dei lavoratori. Una manifestazione che per molti aveva il carattere di una scampagnata, esattamente come avviene ancora oggi nella popolazione siciliana che ogni primo maggio organizza escursioni fuori porta per solenni abbuffate a base di carne arrostita alla brace.
A quei tempi, tuttavia, la popolazione uscita dalla guerra era davvero affamata! Altro che carne! che in pochissimi potevano permettersi: la maggior parte doveva accontentarsi di un cibo frugale, per lo più pane e poco altro. Alcuni neanche quello, tanto che i sindacalisti avevano organizzato una raccolta di cibo per provvedere a chi non aveva proprio nulla da mangiare.
Era un bel giovedì pieno di sole quel primo maggio. Intorno alle 10 del mattino più di 2000 uomini, donne e bambini dei tre paesi si riunirono a Portella della Ginestra e si accamparono a gruppi sparsi tra i sassi della radura. Muli e cavalli, liberati dai basti, pascolavano liberi e la banda musicale di Piana suonava marce trionfali. Alcuni, sbandierando bandiere tricolore e bandiere rosse col segno della falce e martello, si erano radunati sotto il “sasso di Barbato” per ascoltare l’oratore, un calzolaio di San Giuseppe Jato. Poi d’improvviso il finimondo…
Il racconto dei sopravvissuti alla strage di Portella della Ginestra
Il resoconto dell’evento lo ricordo come lo raccontava mio padre, condito dalle considerazioni che a quel tempo si facevano: che avevano sparato dal pizzo Pelavet alla base del monte Pizzuta; che era stato Giuliano e la sua banda a perpetrare l’eccidio; che forse non avrebbe voluto che ci fossero vittime, ma che doveva essere una intimidazione e per questo i colpi dovevano essere sparati al di sopra delle persone, come effettivamente era avvenuto per la prima raffica; che qualcuno della banda, invece, si era lasciata prendere la mano e avesse sparato alla folla e da lì la strage.
Insomma, voci di popolo che non hanno mai avuto alcuna conferma ufficiale.
Ma ricordo bene che nei suoi racconti, mio padre mai si soffermava sui dettagli cruenti a cui aveva assistito: solo che era stato colpito ad un piede dal proiettile e che la sensazione immediata era stata “come di una puntura d’ape” e poi il sangue che sgorgava dalla ferita. Basta. Niente d’altro.
Oggi, leggendo le testimonianze dei sopravvissuti e guardando le interviste che hanno rilasciato, compreso lui stesso, capisco il perché della sua reticenza.
Quello che ha vissuto quella povera gente è stato davvero straziante…
L’oratore aveva pronunciato poche frasi, riscuotendo gli applausi della folla, quando cominciò la sparatoria. La gente non capì subito cosa stesse accadendo, molti credettero che fossero fuochi d’artificio per la festa e guardavano in alto per vedere da dove provenivano i botti. La sparatoria continuò, con brevi intervalli tra una scarica e l’altra, i muli ed i cavalli cominciarono ad agitarsi e ad essere colpiti. E subito dopo, ecco cadere le prime persone colpite dai proiettili. Allora si capì che sparavano sulla folla e tutti cominciarono a sparpagliarsi in diverse direzioni per cercare riparo: caos, muli imbizzarriti, grida, paura, fuggi fuggi, sangue, feriti, morti, pianti disperati e persone che portavano in braccio parenti feriti o morti giù, fino verso il paese…
Persero la vita in quella mattina 11 persone tra cui donne e bambini, ma altri sarebbero morti in seguito, degli oltre 30 feriti che si contarono.
Chi ha voluto la strage di Portella della Ginestra? Esecutori e mandanti
Subito dopo la tragedia, la polizia e i carabinieri eseguirono un rastrellamento nei paesi coinvolti ed in quelli limitrofi, che portò al fermo di 175 persone, potenzialmente colpevoli. Alcuni vennero identificati da diversi testimoni, fino all’arresto di tutti i componenti dell’efferato eccidio che subiranno la pena dell’ergastolo nel processo celebrato a Viterbo tre anni dopo.
Giuliano e la sua banda furono i responsabili materiali, questo si seppe già dallo stesso pomeriggio. Il capobanda, Salvatore Giuliano non fu mai arrestato, ma ucciso da uno dei suoi, tra il 4 e il 5 luglio del 1950 mentre il processo era appena cominciato: aveva solo 28 anni!
Tuttavia la domanda cruciale è rimasta come una ferita aperta: chi furono i mandanti?
Non ci sarebbe stato un motivo plausibile perché Giuliano e la sua banda sparassero sulla folla inerme uccidendo poveri contadini, donne e perfino bambini. Quanta crudeltà hanno avuto questi scellerati a puntare le loro mitragliatrici e i loro fucili su persone innocenti… e ricaricare, mirare e sparare ancora e ancora… per diversi, lunghissimi minuti?!
Neppure la sua riconosciuta avversione al Comunismo giustificherebbe una azione tanto ignobile.
Qualcuno lo ha mandato, di questo tutti sono ormai certi. Molti erano già a conoscenza di quello che si stava consumando a Portella, prima ancora che accadesse. E seppur non ci sono nomi e cognomi, sono certe le responsabilità della politica siciliana e italiana, con l’appoggio di frange statunitensi; della mafia e dei latifondisti siciliani che vedevano come una minaccia la popolazione contadina che avanzava diritti sulla terra e si era unita nel “Blocco del Popolo”, ricevendo la maggioranza dei consensi alle elezioni regionali del 20 aprile di quell’anno.
Conclusione: per non dimenticare
Oggi a Portella della Ginestra un monumento Memoriale è stato eretto nel 1980 ad opera di Ettore de Concilis, per ricordare la strage ma senza concedere spazio alla retorica: solo dei grandi sassi con i nomi delle vittime, un percorso in pietra che segue la direzione degli spari e poi una serie di massi erratici nel luogo dove sarebbero cadute le persone uccise: Margherita Clesceri (37 anni), Giorgio Cusenza (42 anni), Giovanni Megna (18 anni), Francesco Vicari (22 anni), Vito Allotta (19 anni), Serafino Lascari (15 anni), Filippo Di Salvo (48 anni), Giuseppe Di Maggio (13 anni), Castrense Intravaia (29 anni), Giovanni Grifò (12 anni), Vincenzina La Fata (8 anni).
A tutti loro la nostra memoria, a mio padre, agli altri feriti e a tutti coloro che hanno subito perdite o solo assistito a questa assurda atrocità.

Saverio Schirò
Fonti per approfondire
- Portella della Ginestra 50 anni dopo (1947-1997), Atti del Convegno, Piana degli Albanesi, 28-30 aprile 1997, Caltanissetta, Salvatore Sciascia Editore, 1999
- Il progetto memoria promosso dallo SPI-CGL “La memoria della strage di Portella della Ginestra”
- Il rapporto sulla strage del 1947 nei rapporti di polizia in edscuola.com
- M. Callivà, Portella della Ginestra Primo maggio 1947, Nove sopravvissuti raccontano la strage, Navarra Editore Palermo 2017
- Wikipedia.org voce Strage di Portella della Ginestra
- Portella della Ginestra, Sangue sul primo maggio, Video su Rai cultura