“Viva Santa Rusulia, Viva!”, questo il caloroso inno, con cui ogni anno i palermitani, nei giorni del 14 e 15 luglio, iniziano “u Fistino”, la festa in onore della Santa miracolosa. Nei giorni del Fistinu tutti i palermitani, senza alcuna distinzione, si ritrovano insieme tra le strade del centro storico in segno di ringraziamento, degustando i classici cibi di strada: “babbaluci cunsati” (le lumache condite) “’u muluni” (l’anguria ghiacciata), “’u scacciu” (calia e semenza), “’u purpu” (il polpo), che per tradizione ogni anno fanno da sovrani tra le varie specialità culinarie.
La statua di Rosalia dal 1625, viene portata in processione su di un carro trionfale che ad ogni festino viene decorato e arricchito, protagonista indiscusso di sempre nuove scenografiche manifestazioni.
Il carro, che percorre tutto il Cassaro, cioè l’attuale Corso Vittorio Emanuele, da Palazzo dei Normanni sino a Porta Felice, con due sole soste alla Cattedrale e ai Quattro Canti, inscena un itinerario ideale che dalla morte, cioè la peste, giunge con fatica alla vita, rappresentato dal maestoso spettacolo pirotecnico al quale assistono tutti i fedeli.
I famosi giochi d’artificio dedicati alla “Santuzza”, che si svolgono come epilogo della manifestazione, si “sparano” a mare, di fronte il Foro Italico, per l’acqua del mare è simbolo di fonte di vita della città. E mentre la città esulta chiassosa, il silente Monte Pellegrino, posto a guardiano di Palermo, aspetta settembre per festeggiare colei che, per anni, ha ospitato tra le sue rocce.
La festa o, per meglio dire, “u fistino”, infatti, non finisce qui. È consuetudine che, nella notte tra il 3 e il 4 di settembre, i devoti facciano ”l’acchianata”, cioè la salita a piedi o in ginocchio di Monte Pellegrino, per giungere al Santuario, dove si svolge la celebrazione liturgica. E tra un ex voto ed un cero offerto alla Santa, si ode ancora qualche anziano recitare:
“Santa cui diedero bel nome i fiori, o dolce vergine stirpe di re; tu, puro anelito dei nostri cuori, sei faro vigile di nostra fè.
O Rosa fulgida che in ciel s’india, o candido caro al Signor. Fiore freschissimo, o Rosalia: accogli i palpiti del nostro amor! Caverna gelida t’accolse orante e tutta dedita al tuo Signor: fra tanti ostacoli ci sia costante il tuo presidio e il tuo favor.
Tu che sui culmini del Pellegrino levavi all’aure il tuo fervor; fa’ che in ogni anima l’amor divino avvampi fervido, spenga il rancor.
Tu che sollecita della tua terra, peste malefica fugasti un dì, sempre difendici da fame e guerra, d’ogni contagio che ci colpì.
Tu che con l’anima in Dio rapita, sorella agli angeli fosti quaggiù: fa’ che, imitandoti in questa vita, giungiamo in patria, presso Gesù“.
Franca Lo Nardo
Tratto da: La Palermo delle donne di Claudia Fucarino