Palazzo Ajutamicristo

Splendido edificio di architettura Gotico-Catalana voluto da Guglielmo Ajutamicristo, un abile e ricco mercante di origini pisane trapiantato in Sicilia. Oggi di proprietà della Regione destinata a spazio museale e sede della sovrintendenza ai beni culturali.

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Il Palazzo Ajutamicristo è uno splendido edificio di architettura Gotico-Catalana, con chiari influssi rinascimentali sito nell’odierna via Garibaldi, l’antica “ruga di Portae Thermarum”, una strada questa che un tempo era una delle più animate e vivaci della città, in quanto metteva in comunicazione il vecchio mercato della Fieravecchia, con l’antica Portae Thermarum, una delle più antiche porte urbiche della città.

La storia di Guglielmo Ajutamiscristo

Fu voluto da Guglielmo Ajutamicristo, un abile e ricco mercante di origini pisane trapiantato in Sicilia, che grazie alle notevoli ricchezze accumulate con l’esercizio della “mercatura” e ad una attività bancaria, non estranea a traffici e speculazioni, era elevato al titolo nobiliare per aver comprato le baronie di Calatafimi, Misilmeri e Favara.
L’Ajutamicristo era il più potente uomo d’affari di Palermo e il suo era il banco di fiducia di Re Ferdinando il cattolico per ogni operazione finanziaria che riguardava il regno di Sicilia e l’Italia, e ciò gli permetteva di tessere un ampio giro di relazioni con personaggi illustri e potenti. Nel banco Ajutamicristo, che aveva rapporti con diverse filiali del banco dei Medici, affluivano tutti gli introiti annuali delle finanze vicereali, nonché tutte le rendite, l’appannaggio e i donativi del regno destinati al Re.

Attorno al 1490 l’ambizioso banchiere volle “pietrificare” le sue notevoli fortune facendo edificare una sontuosa “Domus Magna” che doveva superare in magnificenza ed eleganza ogni altro palazzo della città e doveva inoltre sottolineare il prestigio, il potere economico e il ruolo sociale del suo committente. Per la realizzazione del suo grandioso progetto si rivolse ad uno degli architetti più dotati dell’epoca, il netino Matteo Carnalivari, già famoso per avere operato in diverse città del Regno.
Avvalendosi delle norme architettoniche ed urbanistiche dettate dalle “prammatiche Aragonesi”, che consentivano notevoli privilegi a favore di chi costruendo nuovi edifici dava eleganza e decoro alla città, l’Ajutamicristo acquistò alcune case terrane contingue all’area dell’erigenda dimora, dando così inizio ai lavori di scavo delle fondamenta del palazzo.

Palazzo Ajutamicristo Palermo

Ma prevedendo tempi lunghi per le operazioni preparatorie delle fondamenta, e per le difficoltà burocratiche che avrebbe dovuto affrontare, l’Ajutamicristo, temendo che la presenza in città del famoso architetto potesse attirare l’attenzione di altri signori, togliendo a lui l’esclusiva della sua opera, volle tenere lontano da Palermo il Carnalivari commissionandogli il restauro e l’ampliamento del suo castello di Misilmeri.

Stava per portare a termine questa impegnativa opera, quando un altro illustre personaggio palermitano, il ricco e potente Mastro Portulano del Regno, più volte Pretore della città, Francesco Abatellis, che al pari dell’Ajutamicristo ambiva a possedere una sua sontuosa dimora, magari ancora più bella e rappresentativa, si rivolse al famoso architetto per richiederne i suoi servizi. La presenza a Palermo del Carnalivari sembrò al gran Portulano un’occasione unica che colse al volo stipulando con l’architetto un contratto che lo obbligava all’edificazione del proprio palazzo. L’atto notarile prevedeva l’immediato inizio del lavori anche per evitare possibili interferenze, visto la precedente commissione dell’Ajutamicristo che avrebbe potuto far valere il suo diritto di priorità in qualsiasi momento.

La posizione dell’architetto appariva palesemente ambigua, non potendo servire due committenti contemporaneamente. Decise allora senza indugio di mettersi immediatamente al lavoro col suo drappello di intagliatori, marmorari e scalpellini portati con sé dalla sua città natale, sperando di riuscire a completare l’opera prima che l’Ajutamicristo reclamasse il suo diritto di prelazione già acquisito. Ma ciò che temeva puntualmente si verificò, infatti all’Ajutamicristo poco piaceva l’idea di arrivare secondo dopo l’Abatellis nella “firma” del famoso architetto, e così, affrettata la conclusione delle opere preparatorie alla costruzione del suo palazzo, reclamò l’opera del Carnalivari, che sebbene a malincuore visto l’impegno profuso per circa otto mesi nella costruzione del palazzo del Portulano, non poté rifiutarsi, passando a lavorare nel cantiere di palazzo Ajutamicristo. Chiaramente questo gesto guastò i rapporti tra il gran Portulano e l’architetto, che dopo un drammatico scontro ed un affrettato conteggio delle opere già realizzate, abbandonò per sempre il cantiere di palazzo Abatellis.

La costruzione del Palazzo Ajutamicristo

Il grande architetto lavorò a palazzo Ajutamicristo per tre anni, cercando di portare a debito compimento le grandiosi premesse della sontuosa dimora che doveva risultare di grandi dimensioni e dignità architettonica. La finezza delle architetture che il Carnalivari realizzò in questo palazzo, ma anche nel palazzo dell’Abatellis, sarebbero stati destinati a restare nella storia dell’architettura siciliana del ‘400, come originali opere di transizione. Infatti l’architetto proprio in questi due palazzi ridisegna e rielabora le forme Gotico-Catalane integrandole con un nuovo concetto di spazialità, tipicamente rinascimentale, vera novità nel linguaggio architettonico dell’epoca a Palermo.
Tuttavia il Carnalivari, per la sua improvvisa partenza da Palermo (probabilmente per avvenuti dissidi economici con il committente) riuscì a portare a termine soltanto una parte della costruzione, ma riesce comunque grazie alla sua spiccata sensibilità estetica a caratterizzare stilisticamente la fabbrica dandole una propria personalissima impronta.

Il proseguo dei lavori verrà affidato al capomastro delle fabbriche cittadine Niccolò Grisafi, architetto di notevoli capacità tecniche che già collaborava con il Carnalivari nelle opere murarie. Il Grisafi diede una diversa disposizione costruttiva e un altro pensiero stilistico alla costruzione del palazzo, anche se, molto probabilmente, subentrarono problemi di natura economica che indussero il committente a ridimensionare i suoi progetti.

Altri artisti prestarono la loro opera alla realizzazione della dimora, soprattutto nella parte decorativa, quella che più contribuiva a connotarla stilisticamente, come i maestri majorchini Juan Casada, Nicolò Di Galizia e Antioco De Cara, autori delle opere di intaglio lapideo che ornano l’esterno del palazzo.
La morte del committente, avvenuta nel 1501, non permise di portare a termine il progetto del palazzo, ed il cantiere rimase chiuso per diverso tempo. I lavori furono ripresi da Margherita Ajutamicristo che infine nel 1586 concesse il palazzo in enfiteusi (diritto di godimento su una proprietà altrui e di corrispondere periodicamente un canone) a Francesco Moncada Principe di Paternò, il più ricco feudatario del Regno, per un canone di 390 once annuali, concessione che ben presto si tramutò in proprietà.

L’architettura del Palazzo Ajutamicristo

I Moncada modificarono ed ampliarono la loro residenza adattandola alle proprie esigenze abitative, seguendo i gusti delle nuove correnti architettoniche, intervenendo tra l’altro, sulle originarie strutture che furono compromesse da infelici rimaneggiamenti. L’edificio era stato progettato dal Carnalivari con un nucleo centrale merlato alla ghibellina, e due corpi laterali, l’aspetto generale era decisamente medievaleggiante caratterizzato dall’uso della viva pietra, dagli archi ribassati con ghiere aggettanti e archi ogivali.
Nella facciata si aprivano tre ordini di affacci di diversa forma arrivati a noi completamente trasformati, nel piano nobile vi erano delle splendide monofore, poi sostituite da balconi sostenuti da robusti mensoloni in pietra di gusto barocco, di cui tuttavia rimane traccia evidente, anche delle originarie finestre del terzo piano, solamente una ci è giunta nella versione originaria.

Il portale in pietra intagliata, con grande arco ribassato dalle vibranti modanature, è certamente l’elemento più conosciuto della facciata, progettato dal Grisafi quando già in Carnalivari aveva lasciato la città.  E’ sormontato al centro da un rombo con i simboli araldici degli Ajutamicristo.
Ma la parte di maggior pregio, la più integra e meno degradata della superstite costruzione carnalivaresca, va ricercata nel portico interno a doppio loggiato sovrapposto, dove troviamo al primo ordine archi ribassati e ghiere aggettanti poggiati su piedritti, mentre al secondo, archi ogivali con pronunciate modanature concentriche che poggiano su colonnine di marmo recanti nei capitelli le armi di Guglielmo Ajutamicristo. Vi si accede da un andito dove a destra troviamo lo scalone seicentesco che costituisce l’accesso al piano nobile, e a sinistra un’edicola con simulacro marmoreo della Vergine.

Nella seconda metà del XVIII secolo, don Giovanni Aloisio Moncada, nono Principe di Paternò, diede incarico all’architetto Venanzio Marvuglia per una totale riconfigurazione dell’edificio, annettendo un nuovo corpo di fabbrica per la realizzazione di un grande salone da ballo. La decorazione degli interni fu affidata ai pittori Benedetto Cotardi e Giuseppe Crestadoro (allievo di Vito D’Anna) che affrescò il soffitto del grande salone d’onore, (realizzato da Andrea Gigante) con una pomposa allegoria raffigurante “la gloria del Principe virtuoso”. In quegli stessi anni don Aloisio ampliò lo splendido giardino che si trovava dietro il palazzo, una meravigliosa villa di delizie conosciuta come “la flora di Caltanissetta” (i Moncada erano anche Conti di Caltanissetta) che fatto eccezionale, in alcune ore della giornata, veniva aperto al pubblico perché potesse goderne. Alla fine del secolo XIX una parte del palazzo è stato venduto dai Moncada ai Calefati baroni di Canalotti, e l’altra alla famiglia Tasca, i quali fecero realizzare all’interno un ciclo di decorazioni in stile pompeiano.
I Tasca negli anni ottanta del secolo scorso cedettero la loro parte alla Regione Siciliana, mentre a tutt’oggi i Calefati continuano a risiedere nella loro proprietà, che ha conservato la bellezza di un tempo nelle interne decorazioni, negli arredamenti d’epoca e nei pavimenti a scene figurate che questa nobile famiglia conserva con grande cura.

Questa casa, per secoli considerata la più bella della città, nella sua secolare esistenza, ha ospitato illustri ospiti tra i quali la Regina Giovanna di Napoli, il Re di Tunisi Muley Hassan, l’Imperatore Carlo V e don Juan d’Austria, vincitore di Lepanto (battaglia a cui partecipò Marcantonio Calefati Capitano di Galea, antenato degli attuali proprietari). L’ala di proprietà della Regione attualmente destinata a spazio museale, diventerà presto sede della sovrintendenza ai beni culturali.

Nicola Stanzione

Per Informazioni sugli orari delle visite palazzo Ajutamacristo.it

PALAZZO AJUTAMICRISTO – Via G. Garibaldi, 23 Tel. e Fax: +39.091.6161894 – info@palazzoajutamicristo.it

Foto del www.palermodavedere.it

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Nicola Stanzione
Nicola Stanzione
Innamorato di Palermo ed esperto dei suoi palazzi storici, monumenti, usi, costumi e tradizioni

3 COMMENTI

  1. 40 euro a persona per vedere degli oggetti antichi e qualche decorazione murale mi sembra eccessivo. Questo il prezzo richiesto al telefono dalla proprietaria alla richiesta d’informazioni sul suo palazzo. Se ne può tranquillamente fare a meno: del palazzo e della sua “aristocrazia” fuori tempo massimo.

  2. Uno splendido palazzo storico portatore di un grande valore artistico, una dimora che avrebbe molte storie da raccontarci: storie che fanno parte della vita e della memoria della nostra città.

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