Ti è mai caduta una moneta dalle mani per finire in un tombino? Peggio ancora se si tratta di una chiave o qualcosa di importante! Ebbene, quando questo accadeva ai ragazzi della Palermo di una volta, ecco l’esclamazione di disappunto: “minchia, n’ta morti fiuniu!” Cioè “è finita nella “Morte”.
Infatti, il tombino veniva comunemente chiamato “a morti” dai ragazzini, perché l’oggetto che vi cadeva dentro era spesso perduto; ma loro non sapevano che in siciliano antico, col termine “morti” si intendeva sia un “ricettacolo d’acqua e altre sozzure”, sia la “lastra forata che copre il bottino” (cioè il tombino), come ci spiegano i dizionari del 1800! Ecco svelato l’origine del termine!
Quello che appare curioso è che il termine “tombino” è più recente, ed effettivamente viene da “tomba” per via della forma a camera sotterranea del pozzetto, benché viene attribuito impropriamente al coperchio, che invece si chiama chiusino. Dunque, “tombino” e “morti” hanno una attinenza evidente al di là dell’incidente della perdita di qualcosa al suo interno.
Tuttavia, noi ragazzini di “quando a Palermo si giocava per strada”, nulla sapevamo di tutto questo e “a morti” era semplicemente quel luogo dove finivano malauguratamente i tappi di latta delle bottiglie o peggio ancora le preziose monete, giocando a “Spagnu” o “Accustari”.
Di questi e altri giochi “da marciapiede” ne ho parlato nell’articolo ma ecco di cosa si tratta.
“Accustari” e “Spagnu” due giochi di altri tempi
Si poteva giocare “Accustari” e a “Spagnu” anche solo in due, ma molto meglio se i partecipanti erano quattro o cinque. Si potevano utilizzare i tappi di latta delle bottiglie, soprattutto se tolti senza la fastidiosa piegatura al centro, oppure le monete da 10, 20, 50 o 100 lire.
Nel gioco chiamato “accustari”, cioè “avvicinarsi”, si lanciavano i tappi o i soldi con le mani, il più vicino possibile ad un muro o verso il marciapiede. Esisteva un tecnica speciale nel modo di mettere le dita, con un caratteristico “zicchettone” cioè una spinta bilanciata per lanciare il pezzo. Vinceva chi si avvicinava di più al muro o al bordo del marciapiede, senza che il pezzo cadesse giù.
Più complesso, e per i più grandi, era “u spagnu” perché si giocava solo per soldi e a quel tempo non è che ne circolassero molti! Infatti era un gioco tipico della domenica mattina.
Il termine “Spagnu” etimologicamente viene da “appagnu”, cioè spavento e in certe parti della Sicilia significa proprio questo. Ma, onestamente non so se il termine ha attinenza col gioco: ma questo è!
Come si giocava a “Spagnu”? Ogni giocatore doveva far rimbalzare una moneta su una parete, sopra un marciapiede di almeno un paio di metri. Quindi già il luogo doveva essere adeguato. Si faceva la conta, “spaiemu” in palermitano, e si stabiliva l’ordine dei partecipanti. Cominciava il primo battendo la moneta sul muro con una forza adeguata e questa rimbalzava ad una certa distanza dalla parete. Se la moneta cadeva troppo vicino, era già un guaio. Coloro che seguivano dovevano cercare di fare rimbalzare la loro moneta vicino a quelle già giocate: se potevano toccarle entrambe mettendoci sopra la scarpa, allora la moneta era guadagnata: dunque, chi aveva il piede più grande era avvantaggiato!
Lo “spagno” era il colpo da “maestro” o da “culoso” (fortunato a Palermo si dice “avere culo”!) che faceva arrivare la moneta nel bordo del marciapiede, esattamente nella parte limitata dal blocco in pietra. Chi faceva “spagnu” vinceva in un sol colpo le monete di tutti gli altri.
Ma qua c’entra il tombino, perché cercare di fare spagno, oppure “accustari” il più possibile al bordo del marciapiede era un colpo difficile quanto pericoloso, perché spesso sotto il marciapiede o pochi metri più là, c’era “a morti” pronto ad inghiottire il pezzo che vi finiva dentro, e se erano soldi: addio moneta!
Saverio Schirò
Antichi dizionari siciliano – italiano:
- Vincenzo Mortillaro ED, Nuovo dizionario Siciliano – Italiano, compilato da una società di persone di lettere, Tipografia del giornale letterario, Palermo 1838
- Giuseppe Biundi, Vocabolario manuale completo siciliano-italiano, stamperia Carini, Palermo 1851
- Antonio Traina, Nuovo Vocabolario siciliano- italiano, Giuseppe Pedone Lauriel Editore, Palermo 1868