Sebbene il suo culto sia molto sentito in diverse zone della Sicilia, la vera storia di San Calogero non è ben chiara.
Il motivo è semplice, nella Sicilia Bizantina, epoca in cui il santo sarebbe vissuto, il termine καλόγηρος (kalógēros), letteralmente bel vecchio, si usava per indicare i monaci in generale, soprattutto gli eremiti.
È dunque verosimile che le agiografie su San Calogero di Sicilia, siano in realtà frutto dell’unione delle storie di almeno quattro distinti monaci eremiti dell’epoca, se non addirittura di più.
Ad ogni modo andiamo a scoprire vita, morte e miracoli di questo santo amatissimo nella nostra terra.
“Le vite” di San Calogero di Sicilia
Come detto, quando si parla di San Calogero, si fa riferimento un una versione ufficiale che è stata ricostruita negli anni, attingendo a varie storie provenienti dai territori in cui il vecchio eremita avrebbe operato.
Innanzitutto va detto che, secondo la tradizione, il santo non era siciliano. Era nativo di Calcedonia, una colonia greca situata nell’attuale Turchia, oggi inglobata nel versante asiatico di Istanbul.
Nel corso dei secoli la sua provenienza sarebbe stata poi oggetto di un grossolano errore di trascrizione. Il termine greco Chalkhidonos, che significa “di Calcedonia”, è stato cambiato in Karchidonos, ovvero Cartaginese; per questo motivo San Calogero è spesso rappresentato con la pelle scura, in quanto africano.
Una prima versione della sua storia, lo vorrebbe nato addirittura nel primo secolo. Secondo questa ricostruzione il monaco, spinto dal desiderio di evangelizzazione, si sarebbe recato in pellegrinaggio a Roma, dove San Pietro in persona lo avrebbe incaricato di diffondere il cristianesimo in Sicilia, dapprima nell’isola di Lipari, poi nella zona di Sciacca, sul monte Kronio.
Una versione più popolare, lo vorrebbe invece vissuto tra il V e il VI secolo. Secondo quest’ultima il giovane Calogero (qualunque fosse il suo vero nome), sarebbe fuggito dalla sua terra per sfuggire alle persecuzioni del monofisismo, una dottrina cristiana in voga in quel periodo, per la quale i suoi sostenitori erano anche pronti ad uccidere.
Imbarcatosi insieme a due compagni, Gregorio e Demetrio, giunse in Sicilia, sbarcando a Lilibeo (nei pressi dell’odierna Marsala). Ma qui una brutta sorpresa attendeva gli esuli. A quanto pare anche il vescovo del luogo aveva abbracciato la dottrina monofisista e all’arrivo dei tre li fece mettere a morte. I due compagni furono uccisi, mentre Calogero riuscì in qualche modo a fuggire, iniziando a vivere nascosto tra grotte e necropoli.
Secondo altre fonti, i tre viaggiatori sarebbero invece caduti nelle mani dei vandali, anch’essi seguaci di una dottrina alternativa, l’arianesimo. Il risultato finale fu comunque lo stesso.
La peregrinazione del santo, lo portò a vivere per molti anni in eremitaggio in giro per la Sicilia, vivendo nelle caverne e recandosi di tanto in tanto nei villaggi per predicare e assistere gli ammalati.
La raccolta delle cronache sulla sua vita ne raccontano le gesta nelle isole Eolie, nei pressi di Termini Imerese (sulla montagna che oggi porta il suo nome), ed infine sul monte Kronio.
Qui avrebbe operato anche alcuni miracoli, tra cui la cacciata dei demoni da una sorgente da cui scaturiva acqua amara e imbevibile, trasformandola invece in limpida e fresca.
In più occasioni invece avrebbe guarito gli infermi grazie all’uso delle acque sulfuree, spesso presenti nelle zone da lui abitate.
Si racconta che in età avanzata, quando ormai era troppo debole per muoversi, una cerva lo andasse a trovare quotidianamente nella sua grotta, in modo che l’eremita potesse cibarsi con il suo latte.
Un giorno un cacciatore vide la cerva aggirarsi tra i boschi e la ferì con una freccia. Quest’ultima riuscì a trascinarsi fino alla grotta, andando a morire tra le braccia del santo. Quando il cacciatore la raggiunse, vide la scena e si pentì, riconoscendo anche il vecchio monaco lo aveva battezzato e che fino a qualche anno prima era solito scendere giù al villaggio.
Da quel giorno il cacciatore divenne suo discepolo e salì regolarmente a fargli visita, apprendendo anche i segreti delle proprietà curative delle acque e dei vapori termali. Infine, circa un mese più tardi, lo trovò morto nella grotta in cui abitava, aveva circa 95 anni.
Alla morte del santo, le sue spoglie furono seppellite nella stessa montagna in cui il monaco aveva abitato. Qualche secolo più tardi, intorno al 1500, il vescovo di Agrigento volle proteggere quei preziosi resti dalle invasioni saracene, celandoli in un luogo sicuro. Fu scelto un monastero sui Nebrodi, San Filippo di Fragalà a Frazzanò, in provincia di Messina.
Tutt’ora le reliquie di San Calogero, o almeno buona parte di esse, sono custodite nella chiesa madre di Frazzanò.
Storie e curiosità sul culto di San Calogero
A giudicare dalle tante sfaccettature e da alcune incongruenze storiche presenti in fonti diverse, gli studiosi concordano sul fatto che probabilmente l’agiografia di San Calogero sia in realtà il frutto della fusione di diverse testimonianze, su almeno quattro monaci eremiti vissuti in vari luoghi della Sicilia.
Il suo culto è sentitissimo sui Nebrodi e sulle Madonie (ad esempio è famosa la statua realizzata da frate Umile da Petralia), ma soprattutto in provincia di Agrigento.
A tal proposito è curiosa una credenza del luogo per il quale i san Calò (o Caloiru) venerati ad Agrigento, Naro, Sciacca e Licata, non siano lo stesso santo eremita, e che quindi ci si dovrebbe rivolgere a loro diversamente a seconda dei bisogni.
Nello specifico esiste un detto per cui “San Caloiru di Girgenti li grazii li fa pri nienti; – S. Caloiru di Naru, li fa sempri pri dinaru”. Quindi il San Calogero di Agrigento sarebbe solito elargire grazie gratuitamente, mentre quello di Naro si aspetterebbe un pagamento in cambio.
Un simpatico esempio di come religione e credenze popolari si mescolano nel tessuto della nostra società.
Fonti: A. Borrelli – San Calogero – Santiebeati.it
E. Giunta – Calogero, santo eremita – Santi e beati di Sicilia
Wikipedia.org – Calogero di Sicilia