La storia del Teatro Biondo di Palermo è strettamente legata a quella del taglio della via Roma, quella rivoluzionaria opera urbanistica della fine del 1800 che ha aperto e mai sanato tutta una serie di polemiche sulla opportunità della realizzazione, la modalità ed i risultati.
Il teatro stesso fu protagonista di polemiche e lamentele di numerosi detrattori: via Roma era stata concepita come un asse viario per collegare la Stazione Centrale in costruzione con i nuovi quartieri borghesi fuori le mura. Erano previste banche, negozi lussuosi, case medio-alto-borghesi e poi cafè-restaurant e chioschi liberty per il refrigerio dei “passeggiatori”, ma non un teatro. E invece…
La travagliata storia della costruzione del Teatro Biondo
La prima domanda da chiedersi è: perché degli avvocati che si occupavano di editoria dovevano volere un teatro di prosa? Soprattutto da realizzare completamente a proprie spese, senza alcun contributo dell’amministrazione pubblica.
Alla decisione di costruire un teatro deve avere certamente contribuito anche Margherita Comida, moglie di Andrea, il maggiore dei quattro fratelli Biondo. Margherita era un soprano leggero, grande appassionata del nuovo teatro europeo e amica di Donna Franca Florio (sposa di Ignazio Florio). E nella Palermo della belle epoque di fine secolo, erano proprio queste giovani donne aristocratiche ad essere al centro della vita mondana della città.
Così, quando nel 1898 fu completato il primo tronco della via Roma, i fratelli Biondo acquistarono uno dei lotti disponibili per costruire la propria abitazione. Poi, però, acquistarono altri due lotti contigui al primo con l’idea di costruire anche un teatro di prosa.
Il progetto che stravolgeva il piano urbanistico previsto fu accolto con pareri contrastanti: gli spazi erano ristretti, il contesto non adeguato, con la chiesa di sant’Antonio Abate quasi di fronte e il mercato della Vucciria separato solo da una balaustra.
Le resistenze furono superate grazie all’influenza della potente famiglia Florio e dell’amicizia con l’assessore ai lavori pubblici Ramirez, vecchio amico di famiglia. Non mancarono, tuttavia, le polemiche e le “velenose insinuazioni” di chi sostenne che i Biondo avessero ricevuto finanziamenti occulti, sconfinato in aree pubbliche, non ultimi quei tre gradini che ancora invadono il marciapiede in via Roma.
In ogni modo, nel 1899, affidati all’ingegnere municipale Nicolò Mineo, iniziarono i lavori per la costruzione del grande complesso ma le polemiche non cessarono. A lavori quasi completati, un’ingiunzione comunale contestava uno sconfinamento di 90cm sul parte retrostante e ne imponeva l’arretramento per tutta la lunghezza dell’edificio. Il contenzioso, che arrivò a rasentare il ridicolo per le verifiche tecniche che non combaciavano mai, furono risolte probabilmente con il pagamento di una penale e così, come previsto dal programma, il 15 ottobre del 1903, alle nove di sera veniva inaugurato il Teatro Biondo!
Furono allestite quattro serate, dal giovedì alla domenica, curate dalla compagnia dell’illustre Ermete Novelli, ai tempi una vera leggenda nel panorama teatrale italiano. Nella prima venne rappresentata la commedia teatrale “Papà Lebonnard” di Jean Aicard, con il teatro completo in ogni ordine di posto, anche grazie alla decisione dei proprietari di rendere disponibili un certo numero di biglietti “al modico prezzo di lire una” per permettere l’accesso anche a coloro che non avrebbe potuto permetterselo.
Così, dopo il teatro Massimo, tempio della Lirica e del balletto classico; il teatro Politeama per il varietà, le operette ed i circhi equestri; insieme al Bellini, il teatro Biondo, dedicato alla prosa, arricchì il panorama del divertimento “culturale” della Palermo di inizio Novecento.
Dall’entusiasmo alla crisi degli anni venti, fino alla “Fondazione Andrea Biondo”
Sulla scia dell’entusiasmo, i fratelli Biondo fecero costruire ulteriori fabbriche per gli spettacoli e le attività mondane a Palermo: come l’Eden Teatro Biondo di piazza Verdi (1912) ed il Kursaal Biondo di via Emerico Amari (1913-14).
Ma nel dopoguerra la crisi cominciò a farsi sentire.
Il costo dei biglietti non invogliava il pubblico, già provato dal conflitto mondiale, a spendere per questo genere di spettacoli, e di contro, il neonato cinematografo più economico e popolare, era considerato più moderno ed appetibile. Ed allora, per adeguarsi alla “modernità”, i locali dedicati al teatro furono adattati alle esigenze del cinema e l’insegna all’angolo della via Venezia diventò “Cinematografo Biondo”.
Alla morte di Margherita Biondo, nel 1966, il teatro venne donato alla città per disposizione testamentaria e due anni dopo venne creata la “Fondazione Andrea Biondo“, con l’intento di adeguarsi alla volontà di Margherita che immaginava un teatro che diventasse punto di riferimento per la vita culturale di Palermo, non rivolta ad un numero limitato di spettatori facoltosi, ma aperto a tutta la cittadinanza.
Erano i presupposti che avrebbero condotto il teatro Biondo a diventare uno dei teatri stabili d’Italia, con cartelloni di buon livello culturale, ma alla portata di una larga fascia di popolazione.
Il 31 dicembre 1986 nasce l’Associazione Teatro Biondo Stabile di Palermo, i cui soci fondatori erano la Fondazione Biondo insieme al Comune di Palermo, la Provincia e la Regione Sicilia.
L’architettura del Teatro Biondo
L’edificio piuttosto squadrato, prospetta in via Roma 258, con la sua facciata in stile ottocentesco con due ordini suddivisi da una leggera trabeazione. La parte inferiore è una teoria di aperture adibite ad ingressi di attività commerciali, mentre nella parte superiore si aprono grandi finestre ad arco a tutto sesto, ingentilite da colonnine laterali e da un cornicione con parapetti a traforo.
La parte centrale, dove è l’ingresso, sporge leggermente. In basso, due colonne in marmo lasciano libera l’apertura rettangolare, con i “famosi” tre gradini che debordano nel marciapiede. La parte superiore è sormontata da un grande timpano triangolare arricchito da una cornice decorata e su l’acroterio tre maschere greche. Le parti angolari ripetono la sporgenza, ma il timpano è semicircolare.
Gli interni sono stati più volte restaurati e non sempre felicemente.
Esistono due sale per il pubblico: la sala grande, e la sala Strehler, il Ridotto.
La sala grande è realizzata come la classica forma a “ferro di cavallo” con l’anfiteatro, due file di palchi ed un’ampia platea. I decori sono in stile liberty opera di Salvatore Gregorietti, realizzati con la collaborazione di altri artisti.
La sala Strehler in origine era una sorta di salone delle feste, dedicata a ricevere le personalità presenti in sala come un “dopo teatro”. Nel dopoguerra fu adattato a sala cinematografica minore, per poi diventare teatro Ridotto alla fine degli anni Settanta. Oggi accoglie il laboratorio di Recitazione ed un cartellone parallelo a quello del teatro Principale.
Il teatro Biondo oggi
Che dire? Sono trascorsi più di 120 anni ed il teatro Biondo è ancora là, aperto ed in attività, mentre tanti altri teatri cittadini hanno arrancato e chiuso i battenti. Un grande merito per chi lo ha fondato e per coloro che ancora ci credono. Speriamo che continui ad offrire un palinsesto di buone produzioni e soprattutto che i palermitani apprezzino sempre di più questa antica e meravigliosa forma d’arte.
Saverio Schirò
- Teatro Biondo informazioni:
- Via Roma 258
- Portineria tel. 091 7434369
- Botteghino
- da martedì a sabato h 9.00 -13.00 16.00 -19.00;
- domenica h 9.00 -12.00 16.00 -19.00.
- tel. 091 7434332 – 091 7434331
- botteghino1@teatrobiondo.it
Fonti
- A. Bertuglia, Il taglio di via Roma, Storia e prospettive, in ingpaonline.it
- R. La Duca, Quando il teatro Biondo rischiò di essere demolito, in La città passeggiata, terza serie, ed. L’Epos Palermo 2003
- R. Ragonese, The Cutting of via Roma, il taglio di via Roma, Sellerio Editore, Palermo 2006
- E. Sessa, Il rettifilo di via Roma, in G. Pirrone, Palermo, una capitale, dal Settecento al Liberty, Electa Milano 1989
- treatrobiondo.it
- Immagini Teatro Biondo in wikipedia.org