L’Acquedotto monumentale di Ficarazzi

Grandiosa opera quattrocentesca considerata ancora oggi una vera e propria opera di grande ingegneria idraulica

Autore:

Categoria:

I beni architettonici siciliani sono costituiti da una molteplicità di manufatti di tipo civile, religioso, difensivo. Ma esistono alcune costruzioni storiche di tipo produttivo o industriale, ingiustamente definite “minori”, come quello, sconosciuto ai più, di cui vi parlerò in queste righe.
Dopo aver attraversato il centro abitato di Ficarazzi, nella strada litoranea che da Palermo conduce a Bagheria, si incontra il fiume Eleuterio. Se girate a destra, subito dopo il ponte del fiume, e dopo aver camminato per circa cinquecento metri, si può scorgere, a destra, anche se coperto da altre costruzioni e da vegetazione, un ponte di architettura maestosa con alti archi ogivali, che si adagia placidamente nella vallata dove scorre lento il  fiume, che sembra un tutt’uno con il paesaggio circostante.
Si tratta del quattrocentesco acquedotto di Ficarazzi, grandiosa e severa opera in muratura e blocchi di pietra da taglio considerata ancora oggi una vera e propria opera di grande ingegneria idraulica. L’imponente opera lascia meravigliati per il suo straordinario stato di conservazione  (nonostante la mancanza di mautenzione degli ultimi anni), tra l’altro ancora pienamente funzionante fino agli anni 60 del secolo scorso, per irrigare i limoneti e i frutteti che insistono nella vallata dell’Eleuterio (un territorio sorprendentemente pieno di fascino), culture che hanno soppiantato negli anni tutte le altre tipologie di coltivazioni.

La Storia

Dal XV al XVII secolo era fiorente in Sicilia la coltivazione della canna da zucchero e la sua trasformazione in prodotto raffinato, attività fortemente redditizia considerata di capitale importanza per l’economia dell’isola.
A partire dalla prima metà del XV secolo nuove coltivazioni di canna da zucchero, le cosiddette “cannamele“, nacquero in prossimità di corsi d’acqua, soprattutto nella Sicilia occidentale. Infatti per il processo lavorativo della canna da zucchero era indispensabile avere acqua in abbondanza e quindi per aumentarne la disponibilità si realizzarono nuove opere idrauliche, condutture, canali e acquedotti, per convogliare e trasportare l’acqua, considerata da sempre preziosa risorsa per l’agricoltura.
Il mercato dello zucchero, tra XV e XVII secolo, raggiunse un notevole sviluppo con un giro di affari piuttosto alto, tanto che spinse alcuni esponenti della maggiore nobiltà siciliana a diventare imprenditori del settore zuccheriero, che dava lavoro a migliaia di persone (tra cui i cosiddetti “maestri di zucchero” operai specializzati che percepivano salari elevatissimi).
Nel febbraio del 1441 tre illustri “cavalieri nobili et famosissimi”, nomi altisonanti della Palermo dell’epoca, Pietro Speciale (già pretore di Palermo), Aloisio del Campo (barone di Mussomeli), e Ubertino Imperatore, membro di una delle famiglie più potenti della città, acquisirono in enfiteusi da donna Eulalia Talamanca, vedova di Ubertino La Grua barone di Carini e Misilmeri, una vasta area agricola nel territorio di Ficarazzi, nell’agro bagherese, per  impiantare un “cannamelito” e un trappeto per la lavorazione della canna e la produzione di zucchero, prodotto richiestissimo a quell’epoca in tutta Europa.
Successivamente, nel 1443, i suddetti maggiorenti, dopo aver ottenuto dalla corona il diritto di censo sulle acque del fiume Eleuterio, affidarono all’ingegnere spagnolo Antonio de Zorura e al magister fabricatorum palermitano Nicolaus de Nucho i lavori per la realizzazione di un imponente ponte-acquedotto sul corso del fiume Eleuterio allo scopo di valorizzare al massimo le potenzialità del territorio.
L’acquedotto di Ficarazzi è una delle rare costruzioni (se non l’unica) di questo tipo che rimane ancora in Sicilia e, cosa importantissima, di tale opera esistono delle fonti documentali e storiche sufficientemente esaustive.
Sappiamo infatti che, il primo ottobre del 1443, vennero assunti un gran numero di maestranze, muratori, “muqqunì” (maestri d’acqua) e maestri lapicidi alle dipendenze dei due progettisti costruttori. L’opera era molto ambiziosa e la sua realizzazione presupponeva una collaborazione tra professionalità e competenze diverse.
Direttore del cantiere era Antonio de Zorura, tecnico di primaria importanza, uno dei più qualificati ingegneri idraulici operanti nell’isola, mentre il de Nucho, che svolgeva principalmente l’attività di carpentiere, era anche Capomastro del senato cittadino; da alcuni documenti notarili si evince che aveva già eseguito opere del genere e non si esclude che abbia affiancato il qualificato ingegnere catalano nella stesura del progetto dell’acquedotto.
Nel 1444 l’opera  poteva considerarsi compiuta ed essere ufficialmente inaugurata.

Per la costruzione dell’imponente opera idraulica i committenti impegnarono considerevoli capitali ma il risultato finale, sia dal punto di vista architettonico che per quel che riguardava la funzionalità, rispecchiava appieno le loro aspettative. Tra l’altro, visto il grande prestigio dei committenti, è lecito pensare che nella edificazione di tale opera, così grandiosa e pregnante di pregio architettonico, essi cercavano anche una sorta di autocelebrazione del loro status sociale.
Il ponte-acquedotto di Ficarazzi, nonostante la forma monumentale e la sua struttura possente, si caratterizza per la sua essenzialità composta ed eloquente.
Presenta 17 eleganti campate a sesto leggermente acuto che poggiano su pilastri a pianta quadrangolare. Nel pennacchio di due arcate del lato orientale del ponte campeggia lo stemma marmoreo con le armi della famiglia Campo, uno scudo bipartito con tre piccole aquile in basso sormontato da elmo e cimiero.
Questo manufatto, oltre che pregevole e straordinaria architettura, costituisce un’importante testimonianza di un tempo che fu e, secondo chi scrive, meriterebbe di essere più conosciuto, mostrato, valorizzato e soprattutto “salvaguardato”.
Nicola Stanzione

Ti è piaciuto? Condividilo con gli amici!

Rimani aggiornato su Telegram

Nicola Stanzione
Nicola Stanzione
Innamorato di Palermo ed esperto dei suoi palazzi storici, monumenti, usi, costumi e tradizioni

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ti potrebbe interessare anche...

Villino Florio all’Olivuzza

Tra il 1893 ed il 1898 i Florio, una delle dinastie imprenditoriali italiane più potenti dell'800, acquistarono nella contrada dell'Olivuzza, una vasta area verde...

Lo scandaloso mercato delle indulgenze di Palermo

Come i libri di storia ci insegnano, la vendita delle indulgenze è stata a lungo un'importante fonte di reddito per il Vaticano, che soprattutto...

Cosa vedere a Palermo? I luoghi più belli e caratteristici

Cosa vedere a Palermo: itinerari Artistico-culturali Palermo La Cattedrale Una delle prime tappe turistiche per chi ha deciso di visitare Palermo è la Cattedrale,  gioiello storico...

La chiesa di San Ciro a Palermo: storia di un monumento abbandonato

Se ti immetti in autostrada per Catania, chissà quante volte hai visto la chiesa di san Ciro e qualcuno probabilmente neppure ne conosce il...

Il ponte del diavolo e il castello di Calatrasi

Il castello di Calatrasi sorge sulla cima orientale del monte Maranfusa, vicino al paese di Roccamena.Era posto sopra un'altura che domina la vallata dove...

Il Palazzo Diana di Cefalà a Palermo

“Esistono luoghi che riescono a svelare il fascino segreto di un passato che a volte sembra oggi. Passeggiare per le antiche strade di Palermo,...