Storia e curiosità sulla Porta di Castro, una porta dimenticata

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Non doveva godere di grande interesse per i palermitani la porta di Castro, incastrata tra il bastione del Palazzo Reale e quello di Montalto. Era una bella porta dal punto di vista architettonico e tuttavia fu considerata sempre di scarsa importanza, tanto che presto fu trascurata e poi abbattuta quando l’espansione della città la rese ormai inutilizzata.
Eppure per costruirla era stato necessario abbattere addirittura una chiesa! 

Andiamo a conoscere la sua storia.

La storia di Porta di Castro

La Porta di Castro fu aperta il 1620 nelle antiche mura di fortificazione che cingevano la città di Palermo, quando, per via della minaccia turca, la cinta muraria preesistente era stata restaurata ed ampliata con la costruzione dei bastioni. 
Venne edificata all’estremità meridionale del Palazzo dei Normanni nei pressi di una porta secondaria, chiusa intorno al 1460, nota col nome di Porta del Palazzo.

Oggi è difficile immaginare la posizione esatta della porta di Castro, dal momento che gli stravolgimenti dei secoli successivi alla sua edificazione hanno cambiato profondamente i connotati urbanistici di questa parte della città. 

La Porta doveva aprirsi sulla linea immaginaria che collega la Porta Mazzara alla facciata sud del Palazzo Reale, dove oggi esiste una piazzetta. Nei suoi pressi vi era addossata la chiesa della Madonna dell’Itria che per la costruzione del varco fu necessario abbattere.

Naturalmente non prima che arrivasse il permesso dell’arcivescovo, Giannettino Doria, che lo concesse a patto che la chiesa distrutta venisse ricostruita poco più avanti. E così avvenne, la nuova chiesetta di Santa Maria dell’Itria, detta della Pinta, esiste ancora oggi, semiabbandonata, adiacente all’oratorio di San Mercurio.

Il nome di Porta di Castro si deve alla dedica che il Senato volle fare al viceré di Sicilia di quel periodo: Francisco Ruiz de Castro Andrade y Portugal, conte di Lemos.

Via Porta di Castro era il letto del fiume Kemonia

Palermo tra i due fiumi

Alcuni tristi eventi sono legati all’ubicazione di questa porta, infatti essa fu eretta laddove un tempo scorreva uno dei fiumi di Palermo, il fiume Kemonia, detto Cannizzaro o Maltempo. 
Il Kemonia ed il fiume Papireto, facevano da “corona” alla città di Palermo punica congiungendosi alla grossa insenatura della Cala costituendo una sorta di fossato naturale.
Quando la città si espanse durante la dominazione araba, i due fiumi si trovarono all’interno del nuovo complesso murario diventando un pericolo per la popolazione per via delle inondazioni stagionali che causavano problemi e ristagni paludosi malsani.

Per questo motivo, il fiume Papireto venne incanalato in un percorso sotterraneo, mentre il Kemonia, dopo il violento straripamento registrato il 27 settembre 1557 che causò innumerevoli danni e numerose vittime, fu deviato ed incanalato prima nel fiume Oreto.
Lungo il suo corso, ormai prosciugato, furono costruite le abitazioni dei soldati alemanni, guardie del corpo personali del viceré, per il qual motivo la strada venne denominata “dei Tedeschi” (l’odierna via Porta di castro nel quartiere dell’Albergheria). 

Alla fine di questa strada, adiacente al Palazzo dei Normanni, venne eretta la Porta di Castro che si apriva nel Piano di Santa Teresa (odierna piazza Indipendenza) a quel tempo occupata da giardini.

Ma il fiume, che con le piogge invernali assumeva un carattere torrentizio, nonostante la deviazione, più di una volta straripò arrecando danni ingenti alla popolazione. 
Come riferiscono le cronache del tempo, nel novembre del 1666, la piena trovò la porta di Castro sbarrata e, grazie ad “un miracolo di Santa Rosalia”, essa resistette alla furia dell’acqua limitando di conseguenza i danni e le vittime. 

Dopo quell’evento infausto, la porta venne riparata, ed il fiume venne interrato lungo le mura meridionali fino al mare. Ciò non impedì successive inondazioni che, quantunque in maniera limitata, continuarono ad arrecare danni al quartiere dell’Albergheria. Le cronache riportano quelle del 1692 e del 1777, ma anche più recenti, come l’ultima nel novembre del 2018!

Man mano che la città si sviluppava extra moenia verso il piano di Santa Teresa e lo stradone di Monreale, la porta di Castro perse ogni funzione e lentamente venne abbandonata a se stessa ed ormai in rovina abbattuta definitivamente nel 1879 per ridisegnare l’assetto urbanistico di quella parte della città.

Come era Porta di Castro? Descrizione 

Della Porta di Castro abbiamo la descrizione del Gaspare Palermo ed il disegno più che la riproduce quando doveva essere ancora in uso. Il progetto venne affidato a Mariano Smiriglio, pittore ed architetto del Senato che tante opere barocche aveva realizzato in città.  

La porta di Castro in un disegno del XVII secolo

La porta di Castro era alta 40 palmi e larga 20 (circa 10 m x 5m), dunque piuttosto imponente: stessa larghezza ma più alta della porta Sant’Agata ancora esistente (circa 7 m x 5 m). Presentava le caratteristiche barocche di altre porte della città.

Sopra l’arco a sesto lievemente ribassato, realizzato con pietre d’intaglio, si ergeva l’architrave con un doppio cornicione decorato con festoni e medaglie floreali, mentre alla base dei piedritti erano rappresentate delle figure antropomorfe.
Al centro del frontone principale un’aquila di marmo con le ali aperte, simbolo Palermitano, ma con lo stemma e le armi reali. Incorniciato a destra ed a sinistra da  due scudi, con le insegne del viceré Francesco di Castro in uno e l’aquila senatoria nell’altro.

Sui due fianchi erano presenti lapidi con iscrizioni: in una erano segnate l’anno dell’apertura ed i nomi del Pretore e dei Senatori in carica; nell’altra si ricordava che l’opera era stata realizzata sotto il regno di Filippo III ed il vice regno di Francesco di Castro, conte di Castro.
Secondo alcuni racconti di cronaca, all’interno di uno dei due stipiti doveva essere anche affrescata l’immagine di santa Rosalia, probabilmente realizzata arbitrariamente assecondando la devozione popolare.

Una volta abbattuta, di questa porta cittadina non è rimasto più alcun segno. Come riferisce il La Duca, alcune componenti architettoniche, benché di scarso valore, sarebbero state conservate nel Museo Nazionale (l’attuale museo archeologico regionale A. Salinas) ed in seguito accatastate nella sconsacrata chiesa di San Sebastiano nei pressi della Cala. 
Ma oramai non se ne hanno più notizie.

Saverio Schirò

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Saverio Schirò
Saverio Schiròhttps://gruppo3millennio.altervista.org/
Appassionato di Scienza, di Arte, di Teologia e di tutto ciò che è espressione della genialità umana.

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