Villa Filippina a Palermo

Nato come luogo di svago per i congregati e giovani dell’oratorio dei filippini, la Villa fu uno dei primi giardini pubblici della città.

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Fornita la costruzione dell’Oratorio, mancava ai Congregati un luogo proprio di ricreo per le ore vespertine. Per cui eran costretti andarne or in uno, or in altro punto delle circostanti campagne. La qual cosa facea pena a quel pio e buon fratello dell’Oratorio, ch’ei fu il P. Angelo Maria Serio. Ond’ei, a provvederli di luogo acconcio e proprio, die’ opera alla costruzione della Villa, destinandovi il suo ricco patrimonio. (p. Antonio Palomes, “Ricordo dell’Oratorio di San Filippo Neri”, 1894)

Storia delle origini della villa Filippina

Il busto di padre Angelo M. Serio della Congregazione di San Filippo Neri

Villa Filippina fu realizzata a Palermo tra il 1755 ed il 1757 per volere di padre Angelo M. Serio della Congregazione di San Filippo Neri, il quale investì tutte le proprie sostanze, lasciando poi il bene in eredità al preposito (come prefetto dell’Oratorio Secolare).
Dal 1767 il busto marmoreo di Angelo Serio in dimensione naturale, scolpito da Ignazio Marabitti, è ancora ben visibile nel medaglione all’ingresso della villa; la parte esterna del portale presenta invece nel fastigio l’effigie in stucco della Madonna della Vallicella, emblema dell’Oratorio romano.

Il terreno su cui sorge la villa (piano di Sant’Oliva), come testimoniato da un atto risalente al 6 gennaio del 1737, fu ceduto dal convento dei Fatebenefratelli a tal Giuseppe Romano. Seguirono altri proprietari, ma è nel 1755 che venne concesso da Giuseppe Vallone, appartenente all’Oratorio di San Filippo Neri, ad Angelo Serio, religioso della stessa Congregazione, per la costruzione di una villa nominata “filippina”.  Il 2 marzo si avviano i lavori, come si evince da un atto notarile redatto il 16 luglio 1755 dal notaio Onofrio Sardofontana, in presenza dei padri Serio e Modica.

Dalla periferia al centro della città di Palermo: una profezia

All’epoca l’area, attigua a Porta Carini, risultava poco fuori della città. Nella seconda metà del ‘700 a Palermo iniziava a svilupparsi il supporto viario per l’espansione della città verso settentrione. L’urbanizzazione sviluppatasi nel secolo successivo, parve realizzare la visione profetizzata da San Filippo Neri, quando predilesse il rione dell’Olivella – per fondare l’Oratorio a Palermo – poiché non sarebbe stato «più fine ma centro» della città.

La curiosità storica che si rinviene consta del fatto che il cantiere dovette arrestarsi dopo pochi mesi dall’inizio, per le rimostranze presentate all’autorità civile e religiosa dai frati minimi (parrocchia San Francesco di Paola) e le benedettine (monastero dell’Immacolata Concezione al Capo), i quali obbiettavano che la costruzione di nuove fabbriche ledeva i loro interessi. Il contenzioso si risolse con l’intervento del senatore Alessandro Vanni, principe di San Vincenzo, grazie a una convenzione che precisava di comune accordo le volumetrie dell’opera, le dimensioni del perimetro, la riduzione del prospetto frontale a un semplice cancello.

La fabbrica di questo delizioso luogo di ricreo fu cominciata nel 1755 e compiuto nel 1757. È un vasto recinto quadrato di metri centoquarantaquattro, su centoquarantanove di larghezza, girato, da tre parti, da archi a volta, poggianti su pilastri di pietra e formanti, sopra, una grande terrazza scoverta, lunga quattrocentotrenta metri su cinque di larghezza. A ciascun arco – nella parete interna, ai lati di mezzogiorno e di ponente – risponde un affresco; di guisa che ve ne hanno ben quarantotto, di bellissima invenzione, dipinti, la più parte, da Antonio Manno, ed altri dal cavaliere Vito d’Anna, e rappresentanti i miracoli operati da Nostro Signore Gesù Cristo nella sua vita. (Ibidem)

Un luogo di svago per i congregati a primo giardino pubblico di Palermo

Nacque come luogo di svago per i congregati e giovani dell’oratorio. I religiosi gestirono per qualche decade una scuola materna ed elementare, svolsero il catechismo per bambini e adulti, oltre a diverse attività ludiche e ricreative come il teatro, il campo di bocce e di calcio, giochi ed intrattenimenti liberi. Nel ‘900 la consulta dell’Oratorio Secolare che coadiuvava i padri, apriva quotidianamente il parco al pubblico. Nei locali venivano ospitati anche esterni, ad esempio il “guardaroba dei poveri”, biblioteca (da Don Gioacchino Bibbia), una tipografia, “giovani esploratori”, Azione Cattolica, diversi gruppi dell’oratorio.

Ingresso della Villa Filippina

Fu uno dei primi giardini pubblici della città, in quanto spazio verde accessibile, ampio e quadrangolare, circondato da 24 portici sui tre lati lunghi 140 metri, sopra i quali vi è una terrazza da passeggio. La fontana in pietra di Billiemi al centro della villa, è in fase di restauro dopo che la caduta di un ramo ha danneggiato le statue, opera di Gioacchino Vitagliano, inaugurata il 25 maggio 1759. Sono stati oggetto di restauro (ad opera della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Palermo) anche gli affreschi sulla vita di Cristo realizzati nel XVIII. Il 7 Ottobre del 1758 Vito D’Anna venne chiamato da p. Angelo Serio, per la decorazione ad affresco del porticato di Villa Filippina, continuata nel 1769-71 dal discepolo Antonio Manno, che sostituì D’Anna alla sua morte. Ciò che rimane oggi degli episodi della vita di Cristo “Ultima Cena”, “Lavanda dei piedi”, “Ultima Pasqua”, “Tributo di Cesare”, “Gesù e Zaccheo”, “Potete bere il calice che io sto per bere”, comprova la mano dei due pittori e qualche esecutore minore. Questo ciclo di affreschi ebbe una funzione educativa e pedagogica, affinché attraverso l’illustrazione degli episodi più importanti narrati nei Vangeli, i giovani potessero conoscere e interiorizzare. Sul lato opposto all’ingresso si trova la cappella di San Filippo Neri contenente tre affreschi che riproducono alcune scene della vita del santo (S. Filippo bambino con i bambini nel darsi al gioco; S. Filippo che ristora i pellegrini durante la visita alle sette chiese; S. Filippo che va in estasi durante la celebrazione della SS. Eucarestia dinanzi l’immagine della Madonna della Vallicella).

Nel centro vi ha una fontana, in mezzo alla quale s’erge la statua in marmo di San Filippo Neri con San Francesco di Sales, simboleggiato da un giovanetto chierico, cui il Neri pose la destra sul capo, e ai quattro angoli vi sorgono le statue di San Felice Cappuccino, Santo Ignazio di Lojola, San Camillo de Lellis e San Carlo Borromeo, amici al nostro Santo, che sono opera dello scultore Viagliano. (Ibidem)

Cinema, teatro, spazio espositivo: la storia moderna

Nella prima metà del Novecento nel giardino della Villa furono costruiti un cinematografo, un piccolo teatro e successivamente anche un’arena. Nei primi anni Ottanta la cooperativa Nuovo Cinema, che già dirigeva l’unico cinema d’essai di Palermo, si occupò di restaurare le due strutture e propose una ricca programmazione estiva di film. Quando il cinema chiuse definitivamente l’arena continuò la sperimentazione cinematografica, passando in gestione al Teatro Biondo. Negli anni ’80 e ’90 l’attività cinematografica e teatrale dell’arena di Villa Filippina fu davvero intensa ed ebbe tra i suoi più assidui frequentatori lo stesso magistrato Giovanni Falcone.

Al giorno d’oggi le società che gestiscono la struttura non hanno mai tradito la mission originaria che vede nel settore no-profit la vocazione di Villa filippina.

Corrado Sedda d.O.

Fonte di riferimento: Ciro D’Arpa, Architettura e arte religiosa a Palermo: il complesso degli oratoriani all’Olivella, Ed. Caracol, Palermo 2012

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Corrado Sedda
Corrado Sedda
Religioso della Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri con sede nella chiesa di Sant'Ignazio all'Olivella

3 COMMENTI

  1. Anch’io, come voi, sono stato un alunno delle elementari. Ricordo bene le bacchettate e anche la custode che ci vendeva tutto ciò che occorreva per la scrittura. Indimenticabile la sua leccata alla matita copiativa per scrivere i ns. vari debitucci da pagare l’indomani. Sono stato pure al cinema sotto per vedere il film ” Dagli Appennini alle Ande ” che fece lacrimare tutti noi bimbi. La mia maestra si chiamava Argento. Ci sarebbe tanto da scrivere ma preferisco chiudere qui questo mio dolce ricordo.

  2. Non viene ricordato che Villa Filippina è stata anche sede di un asilo e di una scuola elementare retta dai Padri Filippini . Io stesso sono stato allievo della scuola alla fine degli anni ’40 e nei primi anni ’50 del secolo scorso . Rettore era allora il severo padre “Quo Vadis” le cui bacchettate sulle mani ( se non perfettamente pulite) e le aspersioni sulle dita di tintura di iodio ( per evitare che ci mangiassimo le unghie ) ancora me le ricordo . Nella parte della villa, a sinistra di chi entra, era impiantato un giardino coloniale ricco di piante esotiche , tra le quali mi ricordo di un albero del pane ,e nel quale ,quando possibile, il maestro ci faceva fare ricreazione .In primavera tutta la bordura del giardino si riempiva di viole profumatissime .Dopo svariati anni ci sono un giorno tornato :il giardino coloniale era sparito , al suo posto c’era un campo di calcio .Mentre assistevo alla partita una pallonata colpì uno degli affreschi ,forse parzialmente staccato , mandandolo in frantumi . Da quel giorno non ci sono più tornato .

    • ……infatti, manca un capitolo alla storia. Quello dell’ uso degli spazi della grande corte a campi sportivi. In gioventù frequentavo l’ oratorio di S. Francesco di Paola e quindi ebbi l’ocasione di vedere tante partite di calcio (Campionato Diocesano), durante le quali succedeva proprio quello che tu hai descritto. Lo sbiciolamento degli intonaci a fresco, per le pallonate. E la ‘cosa’ si protrasse per diversi anni. Per cui temo proprio che delle opere del D’ Anna e del Manno non sia rimasto più niente. La foto di copertina ce lo documenta esaurientemente (Ahimè !!). Giuseppe Ferrara

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