In epoca medioevale, con l’avvento dei normanni che espugnarono la dominazione araba, la Sicilia riscoprì la sua profonda identità cristiana. In quel periodo l’espressione più alta di vita religiosa era la vita solitaria e, per ritirarsi dal mondo, il romitaggio era la pratica più diffusa. Tale fu la scelta della giovane Rosalia Sinibaldi, di famiglia nobile discendente da Carlo Magno, che preferì le monache basiliane al matrimonio col conte Baldovino.
La contrada dell’Olivella mutua il suo nome da olim villa, in latino “un tempo una casa”, poiché ivi sorgeva la casa della famiglia Sinibaldi che diede i natali a Santa Rosalia. Era da sempre una zona vegetata da olivi e frequentata dai devoti della “Santuzza”, poiché vi era una chiesa che la ricordava ed un pozzo dove tuttora scorre l’acqua di uno dei fiumi sotterranei di Palermo.
All’Olivella la cittadinanza venerava Rosalia in ossequio all’antica memoria che lo riteneva il luogo di nascita della santa e, senza dubbio, di residenza dei genitori che avevano palazzo e giardino. In quest’area il Senato palermitano aveva edificato una chiesa in onore della santa concittadina Rosalia, costruita poco tempo dopo la sua morte in odore di santità, probabilmente nel 1160.
La pietà cristiana e l’affetto del popolo era da sempre sentito, sebbene la canonizzazione che promuoverà il culto pubblico sarà solo nel 1630, in seguito al miracolo di liberazione dalla peste nel 1625. L’antichità di quella chiesa viene autenticata dal Cascini (vita di S. Rosalia c.2 f.10), dall’Inveges (Palermo nobile f.347), da Aruvia (vita di S. Rosalia f.24), Tornamira (idea della vita di S. Rosalia), il Mancuso e altri autorevoli autori che attestano la documentata tradizione, di secoli precedente l’elezione della Santuzza a patrona della città.
L’antichissima chiesetta nel 1414 venne concessa, dall’arcivescovo monsignor Ubertino de Marinis, alla confraternita di Santa Caterina d’Alessandria. Nel 1593, eretta la confraternita in compagnia, conseguì l’autorizzazione di poter costruire una propria chiesa, cominciata l’anno seguente. Proprio quell’anno i padri dell’Oratorio di San Filippo Neri vennero ad accordi con loro onde ottenere l’attigua chiesetta di S. Rosalia. La cessione si stabilì con clausole che sancivano l’obbligo di erigere una cappella in onore di S. Rosalia nella chiesa dei padri filippini, onde celebrare solennemente la sua festa il 4 settembre. L’atto della concessione si vede rogato dal notaio Doroteo Landolina al 7 aprile 1594: “ecclesiam novam in coeptam seu loca et maragmata usque modo fatta in dicta ecclesia nova, confinante cum predicta ecclesia vetere dictae confraternitatis oratorium novum dictae societatis et cappellam nominata S. Rosaliae tantum et non nultra: ad opus et effectum inte continuandi et fabbricandi unam ecclesia sub situle et nomine S. Ignati; sub quo titulo et nomine omne futuro tempore nominari et titulari debit”; l’accordo fu confermato il 13 maggio 1599 da Mons. Don Diego de Aiedo, arcivescovo di Palermo.
Gli oratoriani della neonata Congregazione lasciarono allora la chiesa di San Pietro martire alla Cala e passarono ad abitare alcune stanze della stessa confraternita, loro concesse in uso, sempre in attesa di cominciare la fabbrica. Lo sviluppo del cantiere edile – avviato nel 1599 – muterà radicalmente la conformazione dell’intero isolato, sicché la chiesetta simbolicamente eretta in ricordo di Rosalia, venne inglobata e demolita dal complesso in via di costruzione. In luogo dell’antico tempietto della Santuzza sorgerà la sua cappella e, accanto, l’Oratorio di San Filippo Neri. Dopo l’inaugurazione del nuovo tempio intitolato a Sant’Ignazio di Antiochia (1622), vengono collocate sulla facciata nel 1651 le prime due grandi statue di stucco: una di Santa Rosalia e l’altra di San Filippo, poste in alto ai fianchi del finestrone centrale; solo nel 1752 si aggiungeranno Sant’Ignazio martire e San Francesco di Sales.

Nell’anno dunque 1598. comprarono i Padri dell’Oratorio da’ fratelli di Santa Caterina, che havea loro cortesemente concesso l’ospitio tutto lo spatio laterale ove era ancora una Chiesa dedicata alla Santa, e regia donzella Palermitana Rosalia con risoluzione di ergere in quello spatio il disegnato Tempio. (Giovanni Marciano, “Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio”, tomo II, capo XXIII, Napoli 1693, p. 398)
Nella chiesa di Sant’Ignazio M. all’Olivella, la cappella interna dedicata alla patrona di Palermo, fu originariamente la terza della navata destra (prospiciente al prezioso SS. Crocifisso); lo ius patronato fu concesso a Don Garardo Grassia il 7 gennaio 1635 (atto notarile Vincenzo d’Amato). Molto scarse ci risultano le informazioni sull’impostazione architettonica di questa prima cappella, che vedeva al centro un quadro della Santa in formato orizzontale, oggi esposto alla pinacoteca regionale di palazzo Abatellis. Onorando l’impegno di ufficiatura solenne, i padri dell’Oratorio non trascurarono di omaggiare la Santa con un busto reliquiario di legno contenente un suo osso, conservato nel tesoro e tutt’oggi esposto alla venerazione il 14 luglio e il 4 settembre, nella medesima cappella ove si suole celebrare la Messa. Tempo addietro quando la processione delle reliquie seguiva un percorso più ampio, faceva tappa anche alla chiesa dell’Olivella, con “pompe festive” che prevedevano talora il canto del vespro col capitolo metropolitano.

Alla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (1854), Santa Rosalia venne trasferita nella cappella accanto (già di San Mamiliano e poi di San Casimiro), dove si trova attualmente. Sulle pareti laterali sono dipinte due pitture monocromatiche dell’eremita in posa contemplativa, sotto le quali due vetrine contengono in quantità reliquie afferenti la famiglia Sinibaldi ed elementi dei luoghi da lei abitati. L’altare è intagliato in legno dorato con disegno prospettico e rilievi curvilinei. La santa è rappresentata nella tela di Filippo Randazzo, il “monocolo di Nicosia”. Rosalia è ai piedi della Vergine SS. che con gesto lieve è in atto di prendere una corona di rose, porta da un angelo per cingere il capo alla fanciulla, mentre la destra regge il Bambin Gesù benedicente.
Maestosa è la figura, quasi matronale negli ampi ed ondulati panneggi, ma dolce e gentile nelle parti scoperte. Due putti reggono una scritta con le parole: “Bucam eam in solitudine”. China e raccolta in un gesto di pia mansuetudine, sta S. Rosalia, indossante la veste pellegrina e cinta alle spalle del breve mantello. Alla sua destra piegato in ginocchio, sta un angelo il quale tiene il bastone e un teschio, simbolo della sua vita eremitica e contemplativa. Sullo sfondo un altro angiolo mostra la croce, per amore della quale, la vergine fanciulla alle splendide sale del regio maniere normanno preferì il mistico soggiorno delle selvagge solitudini.
In seguito all’inserimento del sito tra le tappe dell’Itinerarium Rosaliae in Palermo, nel 2017 i padri filippini dell’Olivella vollero porre all’ingresso dell’Oratorio, su un basamento di marmo con apposita targa, una statua di resina raffigurante la santa eremita. La statua venne svelata al termine di una Messa la sera del 10 ottobre, alla presenza delle confraternite devote, convenute per l’occasione. Il nuovo simbolo vuole essere di pubblico richiamo per la memoria dell’originaria dimora di cui non rimase traccia materiale.
Chi ripercorre oggi i luoghi di Santa Rosalia, all’Olivella può constatare coi propri occhi gli effetti che porta l’usura del tempo sulle testimonianze materiali e, pertanto, la necessità di restauro per la conservazione delle stesse.
Corrado Sedda d.O.